Le tinte zuccherose in perfetto stile Walt Disney contrastano con una rappresentazione della realtà dove regnano crudeltà e prevaricazione fra i rapporti umani: questa la fantasiosa e originale rilettura de La Cenerentola di Rossini, giocoso-operetta morale con la regia di Emma Dante tornata in scena con grande successo, ma solo per poche repliche (dall’8 al 13 giugno) al Teatro dell’Opera di Roma.
L’allestimento del teatro capitolino che risale al 2016 aveva segnato non solo il debutto romano dev’acclamata regista palermitana, ma era stato realizzato in occasione del Rossini a Roma 200 anni, progetto che l’Opera aveva dedicato al pesarese in occasione del bicentenario del Barbiere di Siviglia e del debutto del Teatro Argentina nel febbraio del 1816: un allestimento senza dubbio affascinante che continua a richiamare il pubblico, complice anche la bravura dei due nuovi cast internazionali, che si sono alternati nelle recite.
Certo, Emma Dante ci mette il suo zampino e colloca la storia di Cenerentola, che si basa sul libretto di Jacopo Ferretti (tratto da quello francese di Etienne per la Cendrillion di Isouard e ricavato dalla fiaba di Perrault) personalizzando la storia, un po’ come aveva fatto lo stesso Rossini che si era divertito anche a trasformare la matrigna nell’arrogante patrigno Don Magnifico, qui Fabio Capitanucci (si alterna con Carlo Lepore), ottimo per la voce e per l’interpretazione, nel ruolo dell’arrogante, ma squattrinato padrone di casa che tenta in ogni modo di accasare le figlie.
Intorno a lui, il divertente paggio Dandini, con la voce chiara di Filippo Fontana (che si è alternato con Vito Priante) e Don Ramiro, il principe di azzurro vestito con l’elegante interpretazione di Michele Angelini (in alternanza con l’esperto Maxim Mironov).
Dramma giocoso dove la bontà trionfa, con il perdono finale di Cenerentola, bellissimo il timbro e l’ampiezza della russa Vasilisa Berzhanskaya (che si alterna con Teresa Iervolino), pronta a dimenticare le angherie subìte dalle sorellastre, Tisbe e Clorinda, racchie e sgraziate, interpretate dalle due bravissime Sara Rocchi (già Flora nella Traviata di Valentino-Coppola e La vedova allegra con la regia di Michieletto) e Rafaela Albuquerque (sarà anche Zerlina in Don Giovanni con la regia di Vick), talenti da “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma, la Cenerentola secondo Emma Dante diventa una favola nera.
Una favola nera dopo l’ironia serpeggia come sottotesto, ma dove resta evidente soprattutto la volontà della regista di mostrare la violenza anche domestica e familiare dei rapporti umani addirittura. Inevitabile che un’inquietudine sottile arrivi a pervadere la scena di continuo seppur mascherata da mondo fiabesco colorato e leggero che guarda dichiaratamente al Pop Surrealism americano (con i costumi di di Vanessa Sannico, le scene di Carmine Maringola illuminate da Cristina Zucaro).
La Dante controlla bene la scena affollata spesso da bambole meccaniche con tanto di carica a molla, replicanti-automi di Cenerentola che la circondano andando a raddoppiare l’azione una fiaba all’insegna della violenza che tende a prevaricare la proverbiale leggerezza rossiniana.
Sul podio (e al fortepiano) del Teatro dell’Opera di Roma, il maestro Stefano Montanari, anima rock (anche nel look) che mantiene una direzione tutto sommato moderata senza lasciarsi travolgere da una nota dopo l’altra all’insegna della vivacità frenetica di Rossini. Dal 18 al 26 giugno torna in scena la Tosca di Puccini, nello storico allestimento del 1900 con la regia di Alessandro Talevi. Info su operaroma.it.