«Dardanidi grandi, stirpe dell’alto sangue di dei,
si compie con mesi esatti il giro d’un anno
da quando coprimmo di terra le reliquie e le ossa
del divino padre, e consacrammo luttuose are».
Con queste parole Enea, nel testo virgiliano qui tradotto da Luca Canali, esorta i troiani a gareggiare in onore di suo padre Anchise a un anno dalla morte. Quel padre che tutti ricordiamo sulla spalle dell’eroe alla partenza da Troia, a fianco del piccolo Ascanio. Tre generazioni per dare origine a una nuova città che conservi le tradizioni di Troia. Il vecchio Anchise però trova la morte durante il viaggio, proprio nel trapanese, dove ora, nel V canto, la flotta troiana è costretta a sbarcare sotto la minaccia di livide nubi che avvolgono il cielo. Nel canto successivo, narrato a Fiesole una settimana fa da Dario Vergassola e David Riondino, Enea scenderà agli Inferi e lì ritroverà il padre. Ma per adesso, è ancora tempo di onorarlo «lietamente» mostrando il valore dei giovani teucri. La gara delle navi, la corsa, il pugilato, il tiro con l’arco. Lo svolgimento dei giochi è descritto nei minimi particolari da Virgilio, come una battaglia della guerra che li ha costretti ad abbandonare la loro patria.
Paolo Rossi è l’aedo d’eccezione che dà voce all’antica radiocronaca – a fine serata, con l’aiuto di un baldo pubblico, tramutata in telecronaca. Il comico friulano sceglie di leggere un brano, non l’intero canto, soffermandosi sulla regata e sulla gara di pugilato. Si riserva così il tempo necessario a cullare lo spettatore, accompagnandolo dentro l’opera senza quasi che se ne accorga: l’introduzione, le diverse digressioni, il bizzarro finale – se ancora si può accostare l’aggettivo a Paolo Rossi – si intrecciano e si accavallano col poema virgiliano. Il teatro d’improvvisazione, la comicità, per così dire, diffusa, Entello e Aceste, la maga Circe, perfino i piccioni. Come è vero che nei classici troviamo tutto e il contrario di tutto, è altrettanto innegabile che Paolo Rossi rielabori a modo suo anche questa peculiarità senza troppa fatica.
Il suo è sicuramente uno dei più riusciti tra gli esperimenti teatrali che Sergio Maifredi ha presentato in questi tre anni a Fiesole. Il testo virgiliano, pur ridotto, è lasciato immutato, trasportato attraverso parentesi e divagazioni nell’attualità di un mondo che non ha imparato abbastanza da Virgilio e compagni. Non ha imparato a chiamare guerra la guerra, vestendola di attributi ogni volta più ridicoli. Non ha imparato a portare con sé la saggezza del vecchio e l’innocenza del fanciullo. E non ha imparato a ridere anche delle tragedie, unendo al rispetto un po’ di sana demistificazione. Un cantore contemporaneo è chiamato a questo: rielaborare l’insegnamento dei grandi in forme e parole nuove, calate sul presente. Quelle di Paolo Rossi, un po’ farfugliate e un po’ lasciate a metà, un po’ roboanti e un po’ ingentilite da un accento straniero, si piegano alle nostre necessità di pubblico e al suo estro di istrione.
Caldamente consigliato ai minori di 18 anni.
Per info: www.estatefiesolana.it