La giornata di domenica 21 luglio in quel di Sansepolcro si apre nel segno di Energia Solare, la nuova sezione del Kilowatt Festival dedicata a spettacoli di teatro contemporaneo realizzati senza alcun impatto ambientale. Simone Amendola e Valerio Malorni, cineasta e drammaturgo il primo, attore e autore il secondo, portano in scena un’anteprima della residenza creativa Mare Culturale Urbano con Eravamo. Nell’intimo chiostro di Palazzo delle Laudi un monologo intenso, breve ma pregno di quella linfa unica che si trova nei lavori della coppia. Come Nessuno può tenere Baby in un angolo, visto in scena due anni fa proprio sui palchi del Kilowatt Festival, anche Eravamo possiede tutte le carte in regola per diventare un altro spettacolo possente a livello drammaturgico e interpretato da un Valerio Malorni che si conferma un performer di classe. Poche sedie attorno ad una tastiera e un microfono, Malorni percorre le fila degli spettatori per scegliere chi debba riempire quelle sedie, raccontando loro la sua storia, o facendo diventare essi stessi i protagonisti del gruppo sgangherato di cui faceva parte. Eravamo indaga un periodo di transizione obbligato nella vita di tutti, quello in cui perdendo le certezze e l’appartenenza al gruppo degli amici dei vent’anni ci si ritrova a dover far i conti con la propria individualità, avviando quel delicato processo di costruzione dell’identità in cui si entra a far parte del gruppo degli adulti, molto meno “fico”, molto più complesso e stratificato. Dopo lo spettacolo un breve incontro con la compagnia e l’intervento del direttore del festival Luca Ricci per presentare Il Teatro nel diluvio, prima raccolta dei testi teatrali di Simone Amendola.
Appuntamento con la danza internazionale a seguire con due giovani e brillanti artisti olandesi. Shailesh Bahoran firma le due coreografie presentate al Kilowatt, REDO, da lui stesso interpretata e Heritage, danzata da Redouan Ait Chitt, famoso breakdancer con peculiari anomalie corporee. Entrambe le creazioni, in modo diverso, realizzano quadri scenici in cui il corpo è padrone e mezzo per dipingere, senza quasi nessun apporto scenografico, situazioni di lotta e superamento dei propri limiti in un crescendo di partecipazione emotiva sia da parte dei danzatori che da parte degli spettatori. In REDO Bahoran restituisce un universo coreografico influenzato da elementi di butoh, incentrando il suo lavoro performativo sul perpetuo ed eterno cambiamento dell’esistenza. In Heritage invece, Redouan Ait Chitt porta in scena la propria disabilità, evidenziandone i contorni e i limiti dapprima attraverso fasci di luce, poi eseguendo una coreografia che urla al mondo la sua voglia di superare le barriere fisiche per trovare un senso altro realizzato fattivamente facendo esplodere la luce delle numerose lampadine appese al cielo del palcoscenico. Due performance fortemente coinvolgenti e stimolanti, che riflettono urgenze creative, artistiche e umane di rilievo.
In seconda serata, all’Auditorium di Santa Chiara arriva la prima nazionale di Angst – il dramma perfetto della compagnia Scarlattine/Teatro della Caduta. Denso di riferimenti e citazioni cinematografiche, lo spettacolo gioca su più livelli incrociando teatro contemporaneo, videoproiezioni, tappeti musicali e giochi di luce e ombre. Ed è proprio nell’ombra della “gabbia” asimmetrica avvolta da pareti bianche dalle quali si intravedono sagome e visioni, che si svolge il dramma di una donna la cui sciatta e malinconica vita viene rivissuta a spizzichi e bocconi, in una spirale che la conduce, forse, alla salvezza finale. Ingarbugliata in vicende familiari e apparentemente estranea alle interazioni umane, la donna interpretata da una non sempre convincente Giulietta Debernardi si trova a fare i conti con la propria interiorità. Nato dalla collaborazione della stessa attrice con Diego Dioguardi, lo spettacolo contiene in sé una potenza evocativa e visionaria che purtroppo però si ferma solo ad un livello base, in una messa in scena a tratti ripetitiva e troppo infarcita di citazioni e mezzi di realizzazione che non permettono allo spettatore di immergersi appieno nella vicenda narrata.
Chiude la domenica del Kilowatt Festival nel Chiostro di Santa Chiara pieno all’inverosimile per l’occasione il nuovo lavoro della pluripremiata coreografa e danzatrice Silvia Gribaudi. Ispirato alle sculture mitologiche di Antonio Canova, in Graces la coreografa porta in scena su un palco vuoto e bianco i corpi scultorei seppur diversissimi tra loro dei tre danzatori Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rappazzo mettendosi in gioco in prima persona, quarto membro di un gruppo coeso e irriverente. Su un piano di realizzazione scenica a metà fra teatro e danza, maschile e femminile si incontrano generando corto circuiti mescolando reale e irreale, astratto e concreto, dimensioni spaziotemporali specifiche e indefinite. Le tre Grazie del Canova prendono vita in modalità del tutto originali nei corpi dei danzatori incarnando la prosperità, la gioia e lo splendore. Il lavoro di ricerca della Gribaudi sulla bellezza e sulla dimensione performativa del corpo mostrato in tutte le sue imperfezioni trasformate in valori aggiunti vede in Graces un magnifico risultato, divertente perché vero, anzi esilarante perché umanamente impeccabile.