Estate è tempo di riscoperte in Scala.
Se per la scorsa stagione era stato recuperato “Il Pirata” di Bellini, quest’anno si è pensato di togliere un po’ di polvere su “I Masnadieri” di Verdi, dopo più di quarant’anni dall’ultima comparsata (un giovane Riccardo Chailly sul podio nella stagione del Bicentenario).
Ma perché questa assenza?
Il libretto di Andrea Maffei, letterato sì ma librettista no, è il principale inciampo di un’opera che funziona ma non è considerata fra le più riuscite. Certo riuscire a condensare Schiller in una durata che non portasse il pubblico ad un suicidio di massa non era impresa semplice ma la velocità di alcuni punti di svolta e la poca tridimensionalità dei personaggi non si può imputare solo a questo.
Quindi fra antagonisti poco cattivi e amate addirittura fin troppo ingenue e pudiche e nonostante qualche punta di infamia toccata come un tentato stupro, è l’opera in sé a non decollare.
Conscio di questo pericolo, il regista David McVicar decide di amplificare la staticità e di non inserire sovrastrutture, riducendo l’intera vicenda ad una scena unica attorno a cui interagiscono tutti i personaggi delle scene.
Una scena, creazione di Charles Edwards che richiama l’iconografia delle sale d’accademia militare, che subisce dei mutamenti (in particolare ha un decadimento progressivo di atto in atto in una simbiosi con il protagonista) e nonostante le scorribande armate e gli incendi dei Masnadieri, rimane lì, presente e monolitica.
Oltre ad essa, il regista ricorre ad un altra “fondamenta”, questa volta dal punto di vista teatrale, ponendo una comparsa a testimone, passivo e attivo, dell’intera vicenda (Schiller stesso? Forse).
Unici motori in scena sono la masnada di figuranti, coreografia di Jo Meredith scalmanata, leggermente sopra le righe ma quindi coerente con l’idea di masnadieri, e l’ottima lettura di Michele Mariotti, sempre puntuale, costantemente vigile al palco e al coro e ciò nonostante pronto a levigare o irrigidire l’interpretazione in buca.
L’opera intera è ben sorretta dal cast, a partire dai due protagonisti, Lisette Oropesa, al debutto scaligero, pienamente superato data la naturale espressività e lo spessore dato al personaggio di Amalia, e Fabio Sartori, più a suo agio fra i fraseggi e gli acuti che fra il flusso continuo di masnadieri piroettanti.
Da giudicare in ruoli un poco più approfonditi e non solo messi ad uso di avere un antagonista, Massimo Cavalletti (Francesco). Il personaggio è deficitario già da libretto e il poco spazio in scena non agevola la prova del baritono che quindi sfocia nell’incolore.
Chi invece non è piegato dalla poca presenza scenica (anche perché concentrata tutta nel finale) è Michele Pertusi (Massimiliano) la cui eloquenza regge la scena per tutti.
Buona la prova dei comprimari (l’Armioni di Francesco Pittari fra tutti) mentre il coro, pur seguito ad arte, non è sembrato al meglio delle proprie capacità.
Alla fine grandi applausi dal pubblico per una recita che catturava l’attenzione del pubblico per il tempo necessario.
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Venerdì 28 giugno, Teatro alla Scala, Milano
I Masnadieri
Opera tragica in quattro atti
Musica | Giuseppe Verdi
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Direttore | Michele Mariotti
Regia | David McVicar
Scene | Charles Edwards
Costumi | Brigitte Reiffenstuel
Luci | Adam Silverman
Movimenti coreografici | Jo Meredith
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CORO e ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del coro | Bruno Casoni
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Personaggi
Amalia | Lisette Oropesa
Massimiliano | Michele Pertusi
Carlo | Fabio Sartori
Francesco | Massimo Cavalletti
Arminio | Francesco Pittari
Moser | Alessandro Spina
Rolla | Matteo Desole