Ultimi giorni di luglio, ultimi spettacoli anche per la stagione estiva di Fiesole. Quasi alla fine del viaggio narrato, declamato, cantato sulla roccia antica che domina Firenze, arriva un viandante, un altro viaggiatore, dice di essere un calzolaio. Anche lui, quasi alla meta. Lo chalet Olimpo, dimora sfarzosa di capricciose divinità. È affaticato, stanchi i piedi quanto la testa. Cade a terra, blocca la fila. Allo chalet Olimpo, capirai, in tanti vogliono salirci. Lui cade, in lacrime. Lo interroga stizzito un altro avventore, più giovane, sfrontato. Chi sei? Perché ti sei fermato? Perché piangi? Conosci Ulisse, narrami le sue avventure. In cambio ti darò capre e capretti grassi. Inizia così il racconto di Ulisse, celato nei panni del proprio calzolaio. Circe, Calipso, Nausicaa. I buoi del Sole, l’otre di Eolo, Polifemo. Le storie in fondo le sappiamo, sono quelle che si leggono di più sui banchi di scuola. Non è su queste che si soffermano Marco Paolini e Francesco Niccolini quando leggono l’Odissea. Sono loro gli autori dello spettacolo, presente all’interno dell’Estate Fiesolana in collaborazione con il Teatro Puccini di Firenze, per la regia di Gabriele Vacis. Loro scrivono, certo, ma soprattutto leggono. Leggono un’opera di cui non si contano più le rappresentazioni, le visioni e revisioni, l’inchiostro versato, la voce finita. Ma l’Odissea è come Omero descrive il suo protagonista nel primo verso del proemio: πολύτροπον, aggettivo tradotto come multiforme, che ha la sua radice nel verbo che significa volgersi. Dirigersi verso qualcosa, non soltanto fisicamente ma anche col pensiero, con l’ingegno. Lettura è ricerca, morbosa curiosità. Come l’eroe e il poema, anche Il calzolaio di Ulisse si dirige e si volge verso i più disparati luoghi del vivere umano, che si incontrano e si scontrano con quelli del divino. L’Odissea in musica di Paolini coglie prima di tutto un aspetto di frequente passato in cavalleria: è Ulisse stesso a narrare le sue avventure, ospite nella reggia di Alcinoo. E non si tratta soltanto di una struttura narrativa, ma di un taglio preciso che Omero – o chiunque si celi dietro questo nome – dà al suo nóstos. Un non-filtro che aggiunge all’eroicità quasi divina dell’ingannatore per eccellenza una componente marcatamente umana, di mortale che porta sulle spalle e nel cuore il peso della guerra, della violenza, della tentazione e della coscienza.
Sul palco insieme a Paolini l’iperbolica Saba Anglana, la giovane promessa hermetica Vittorio Cerroni, il giudizioso Telemaco Elia Tapognani, l’immancabile tono beffardo di Lorenzo Monguzzi e l’Atena dark dalla bionda chioma Elisabetta Bosio. Un concerto di voci, rumori, strumenti, lingue e dialetti, che da Troia arriva a Itaca passando per Pozzallo e Lampedusa, l’Africa e la Brianza, non disdegnando una visita a Ray Charles, Jim Morrison, Topolino. È ironico, tragico, fedele, dissacrante, insomma un portento multiforme. Non è pura mitologia e non è cultura pop. Il calzolaio di Ulisse non è un’Odissea parafrasata, tradotta o tradita. È un canto, lo è sempre stato. Come gli dèi, più degli dèi, sopravvive al tempo, suggestionandolo piuttosto che esserne dominato. E come gli dèi, nel tempo, muta forma restando lo stesso.
Per info: www.estatefiesolana.it