Ideato, scritto, diretto e interpretato da: Alessandro Riccio
Musiche di: Wolfgang Amadeus Mozart
Adattamento per dieci strumenti di: Francesco Oliveto
Con la partecipazione dell’ensemble di Archi e Fiati dell’Orchestra della Toscana
Atto unico
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Ripetere l’irripetibile.
In questo concetto kierkegaardiano si ha l’anello di congiunzione tra Alessandro Riccio e il “Don Giovanni” di Mozart, nonché la spinta che muove entrambi nel loro “mestiere”. Sono due esteti, colgono l’attimo, considerando ogni istante eccezionale, vivendo la vita come fosse un’opera d’arte, ammirando la bellezza come un qualcosa di superiore e fuggendo la ripetizione.
Seduzione è la parola chiave: così come Don Giovanni considera le donne (senza alcuna eccezione) la cosa più importante della sua vita e conquistarle con arguzia e stratagemmi è da sempre il suo maggior piacere, allo stesso modo Alessandro Riccio considera qualunque tipo di palcoscenico come lo spazio fondamentale per far respirare tutte le parti di sé, per essere qualcos’altro di incredibile rispetto a se stesso, godendo nello stupirsi e soprattutto nello stupire il pubblico.
Accompagnato dall’ensemble di Archi e Fiati dell’Orchestra della Toscana, in una torrida serata dell’Estate Fiesolana, Riccio illustra, insegna, contestualizza, parafrasa, descrive la voglia insaziabile di vita di Don Giovanni, interpretando a suo modo il “recitar cantando” che caratterizza l’opera lirica.
Questa, in particolar modo, composta nel 1787 su commissione dell’Imperatore Giuseppe II, è un dramma giocoso (come si legge nel titolo originale: “Il dissoluto punito, ovvero Don Giovanni, dramma giocoso in 2 atti”) percorso comunque da una tensione tragica, dal momento che si apre con un’omicidio e si conclude con la morte del protagonista. Un’opera che, nascendo nell’Austria invasa dallo Sturm und Drang e dai movimenti artistici preromantici, non poteva non tendere agli ideali di libertà come fondamentale esperienza dell’individuo, alla visione dell’uomo solo, in lotta contro l’ordine precostituito, contro le leggi della morale a cui tutti gli altri sottostanno mentre lui mantiene celato il suo vero “io”, la sua interiorità, preferendo morire piuttosto che rinnegare la libertà assoluta su cui ha fondato la proprio vita.
La storia è piena di ambiguità, nulla è ciò che sembra, ed i personaggi, così diversi e così pieni di spunti di riflessione, ci vengono snocciolati uno ad uno da un Alessandro Riccio che (s)vestendosi e truccandosi in scena, cantando, mutando voce, corpo, costume, trucco, personalità, ne svela i segreti, i desideri, i timori, i sentimenti; insegna al pubblico ciò che si cela dietro la prima occhiata, apre lo scrigno della loro psiche, trasformandosi in psicologo, in letterato, in maestro di vita. Coloro che ruotano intorno al protagonista conducono la loro vita soccombendo alla morale, ma in realtà provano molta invidia per la vitalità e la creatività di Don Giovanni, per il suo non rispetto di nessuna regola: Leporello, ad esempio, è bloccato dai suoi scrupoli di coscienza e dalla sua stupidità, ma vorrebbe essere come il suo padrone; per Donna Anna, Don Giovanni incarna una libertà che lei vorrebbe disperatamente, ma che rimane celata nel suo animo; Donna Elvira, fiera e piena di ardore, è la rappresentazione dell’amore fedele, riesce a vedere dietro la cortina di scelleratezza e indifferenza ostentata che don Giovanni usa come armatura e lo ama profondamente, nonostante il di lui continuo rifiuto.
Tutta la rappresentazione perciò non è solo uno spettacolo divertente ed irriverente “alla Riccio”, ma una vera e propria lezione didattico-educativa, intellettualmente stimolante, che dimostra una maestria ed una padronanza dell’ambiente scenico di cui pochi possono permettersi di vantarsi.
Il funambolismo multisfaccettato di Alessandro Riccio vince ancora, alla grande.
Per informazioni: www.estatefiesolana.it