Superare le proprie paure, accettare il dolore, combattere attivamente lo stress e riscoprirsi persone nuove. Questi solo alcuni tra gli obiettivi dell’esilarante e ironicamente dissacrante Walking Thérapie prodotto da Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi per l’Estate Fiorentina 2019 e Open City 2019.
È il 2015, ad Avignone Off Giancarlo Mordini e Angelo Savelli assistono ad uno spettacolo di tre stravaganti teatranti belgi: Nicolas Buysse, Fabrice Murgia e Fabio Zenoni. Lo spettacolo li colpisce a tal punto da volerne creare una versione tutta italiana, nello specifico fiorentina. Per il secondo anno torna così Walking Thérapie a Firenze in una doppia versione: dall’08 al 12 luglio la “psico-camminata urbana” (così viene definita) ha avuto luogo sulla tranvia che arriva a Scandicci, riscuotendo grande successo. Novità di quest’anno è invece la versione “centro storico”, ossia un percorso per cinquanta spettatori fra le strade della magnifica città che accoglie, ora incredula ora entusiasta, i due mattatori Luca Avagliano e Gregory Eve che “portano” in giro i partecipanti, o meglio, i pazienti di un training molto particolare per la conquista della felicità interiore.
Tutto questo mi viene raccontato con grande passione dallo stesso direttore artistico del Teatro di Rifredi al mio arrivo a Firenze, passando proprio dalla fermata dell’omonimo tram sul quale pochi giorni fa si è concluso il “primo atto” del progetto. Giancarlo Mordini mi spiega che il trio belga a suo tempo accolse con molto piacere l’idea di collaborare con il Teatro di Rifredi per una versione italiana dello spettacolo, e gli stessi performer furono sia scelti che formati appositamente per la performance dai creatori del format. Walking Thérapie (l’originale) è tornato in scena dal 13 al 21 luglio ad Avignone proprio in concomitanza con il progetto in scena a Firenze.
Ma cos’è realmente Walking Thérapie? Di certo non uno spettacolo tradizionalmente inteso, né semplicemente un esempio di teatro partecipativo di cui il duo Cuocolo/Bosetti è forse il principale esponente italiano in questo momento. Walking Thérapie è sicuramente un’esperienza: intrinsecamente liberatoria, potenzialmente imprevedibile. All’inizio del percorso, al quale ci suggeriscono di arrivare con scarpe comode e una bottiglietta d’acqua, ci vengono consegnati uno sgabello retrattile e delle cuffie. Veniamo indirizzati al punto d’incontro dove ci accolgono i due performer facendoci passare dal “ponticello dell’empatia”, invitandoci a ripetere dopo di loro slogan e movimenti codificati per amalgamare il gruppo. Le cuffie dalle quali ascoltiamo comandi e parole dei performer isolano dal resto del mondo: la città è una calda coperta nella quale immergerci ma anche un territorio mai esplorato prima d’ora in questi termini, nelle orecchie nient’altro che le indicazioni delle due strampalate guide a cui siamo affidati, potremmo dire “mente e corpo”. Luca Avagliano e Gregory Eve sono opposti eppure complementari: continuamente sopra le righe l’uno, serio e pacato l’altro. Il paziente in via di riabilitazione e il guru che cerca di trasportare nel magico mondo dell’accettazione del dolore altri pazienti, ossia noi spettatori. Presto però vengono a galla inquietudini e paure, nella tragica (per certi versi) presa di coscienza che la felicità non esiste.
Fra gag e fughe improvvisate i due ci conducono attraverso tre step fra le strade di Firenze che, brulicante di turisti incuriositi e avventori di locali che ci riprendono con lo smartphone, diventa il palcoscenico della vita reale. E nella vita reale può succedere di tutto, così come durante la “psico-camminata urbana” in cui per esempio si forma un enorme girotondo in Piazza della Signoria cantando Canzone triste di Ivan Graziani, ci si siede nei pressi dei salotti di Piazza Strozzi mentre il performer/paziente intervista la gente che passeggia sulle proprie paure, si ride di gusto per le situazioni comiche create dal duo e ci si trova subito dopo a riflettere sulla storia di un uomo dell’Italia di oggi che perde il lavoro, viene lasciato dalla moglie e non riesce più a vedere il figlio che cresce così con un altro uomo.
Il cambio di rotta di Walking Thérapie porta ad interrogarsi oltre la risata, a riflettere sui nostri tempi così immensamente vuoti di figure trainanti pensieri positivamente critici, potenti, stimolanti per la vita di tutti i giorni, da rifugiarsi nella prima guida che si presenta a noi con tanti paroloni inglesi di psicologia spicciola che sotto sotto tradiscono la loro assoluta inutilità. In un presente storico in cui il cosiddetto burnout, o stress da lavoro, è riconosciuto ufficialmente come malattia, l’oretta di Walking Thérapie passata in compagnia di altre persone a sorridere dei problemi e delle paure fa sinceramente bene all’anima e allo spirito.