Esecuzione monumentale per un’opera monumentale
Quattro ore di musica: una delizia per gli spettatori, un lavoro mastodontico per gli artisti.
Recita del 17 agosto 2019
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I grandi occhi del re occupano il fondale, a volte si avvicinano, a volte il viso si apre per mostrare l’interno di una stanza con disegni infantili sulle pareti, una stilizzatissima figura femminile con un pugnale insanguinato in mano, ritta accanto alla figura stilizzatissima di un uomo con la corona in testa, disteso a terra esanime. Sul lato sinistro in posizione elevata un disegno a forma di raggiera o ragnatela nasconde una porta, davanti alla quale una figura femminile biancovestita (Azema) resta in piedi per molto tempo, in basso sul lato destro c’è una culla azzurra con un bambino che dorme, ogni tanto un gigantesco orsacchiotto celeste e bianco compare al centro del palcoscenico o da dietro una parete.
In una scena successiva si vede un grande occhio vuoto, dentro il quale sfila una processione di donne biondo platino in abito nero con neonati in braccio e il palcoscenico è attraversato di corsa da un bimbo col peluche. In un’altra scena compare un viso, attraversato da una scia di sangue.
Il trono di Semiramide è un balconcino in ferro che attraversa un grande faccia.
Nell’appartamento della regina troviamo un salotto moderno con divano chiaro sul quale Semiramide e Assur amoreggiano.
Il regista Graham Vick analizza il trauma psicologico di un bambino che la madre stessa voleva eliminare insieme al padre e cresciuto senza i genitori. Semiramide, la regina assiro babilonese, che il librettista Gaetano Rossi presenta avida di potere e di sesso, era moglie del leggendario re Nino che fondò Ninive, e amante di Assur col quale progettò di uccidere suo marito Nino e suo figlio Ninia.
Un dramma anche attuale, secondo Vick, che vede nella regina un tipo di donna arrivista, disposta a farsi strada in un mondo di uomini a qualunque costo, anche abbandonando figlio e marito. Quindi Stuart Nunn come scenografo realizza scene atemporali, visionarie, popolate di simboli e ricordi infantili, e come costumista abiti moderni per padre, madre, figlio, amante, coro e tipici costumi d’epoca per gli altri. Le giuste luci di Giuseppe Di Iorio hanno un ruolo di rilievo.
La regia è per lo più statica, i personaggi cantano spesso ai lati, il coro (in frac nero o a dorso nudo i maschi, in nero e bianco con cappellini o con capelli platinati le femmine) è quasi sempre presente anche in funzione scenografica, schierato fermo a ridosso del fondale, o introdotto per sezioni divise, le masse si muovono compostamente, ma i quadri sono vari e molto articolati e rappresentativi, non manca una scena di rito musulmano; il padre e il bambino sono i principali protagonisti nella scenografia.
I coristi e alcuni personaggi hanno le facce dipinte con righe colorate come gli zulù (sono i colori delle bandiere di vari stati), Oroe e i Magi sono inquietanti conciati come Lazzaro uscito dal sepolcro o come lebbrosi o come fachiri, sfilano in processione seminudi (calzamaglia color nudo) con lunghissime barbe e lunghe acconciature rasta.
Idreno, re degli Indiani, indossa sontuosi e preziosi abiti da maragià ed ha la faccia a 3 colori; la principessa Azema ha uno scintillante abito bianco; Assur in redingote nera con fiore all’occhiello porta occhiali neri, nella scena finale della follia, Assur si presenta discinto, scarmigliato e con la pistola in mano; capelli biondi corti per Semiramide, in tailleur pantalone nero, camicia bianca, scarpe décolleté con tacchi alti, tipico abbigliamento della donna manager in carriera; Arsace ha capelli lunghi scuri, un aderente tailleur pantalone nero lucido con strisce damascate; l’ombra di Nino si materializza e l’uomo in abito celeste, con la faccia sporca di celeste e di rosso, entra appoggiandosi ad un bastone celeste. Molti particolari, rilevati dalle foto, non si vedono dalla grande e lunga platea.
Il M° Michele Mariotti, il più osannato della serata, dirige la splendida Orchestra Sinfonica della RAI con gesto preciso, giusta direzione dello sguardo verso le differenti sezioni per gli attacchi, concreta partecipazione teatrale cantando lui stesso. La raffinata e minuziosa precisione della conduzione e la competenza e sensibilità dei professori d’orchestra permettono un ricamo musicale d’alto pregio. Con la Sinfonia, fortunatamente a sipario chiuso, e le coinvolgenti introduzioni orchestrali, ci immerge nel mondo magico di Rossini, la voce scoperta di alcuni strumenti mostra la bravura dei nostri musicisti.
Il duetto madre/figlio “Ebbene… a te: ferisci” coi pizzicati dei violini è sbalzatissimo e in crescendo con l’orchestra che ricama sotto le voci. La musica frizza sotto il duettino madre/figlio, seduti su seggiole con gambe accavallate “Serbami ognor sì fido”.
La morbidezza è la cifra stilistica dell’orchestra che si lancia anche in strappi accentuati. La maledizione di Nino con lampi, tuoni e strappi orchestrali è apocalittica.
Per un’opera così mastodontica servono interpreti di grande calibro e fortunatamente qui tutti cantano bene ed hanno buone doti vocali, voci poderose, possenti, estese anche nella coloratura di forza e a volte violente nell’emissione. Assur e Arsace talvolta crescono nei finali.
L’importante ruolo di Oroe capo dei Magi ha la bella voce scura di spessore e i lunghissimi fiati del basso Carlo Cigni, trasformato in una sorta di zombi.
Idreno è accompagnato da musica brillante. Il tenore Antonino Siragusa è perfetto per questo ruolo acutissimo. La voce è chiara e tagliente, spara sovracuti siderali sostenuti, l’intonazione è perfetta, i salti equilibrati, la voce aspra è usata con maestria e diventa più gradevole con l’uso di belle mezze voci in tessitura acuta nell’aria del II atto sc. VI “La speranza più soave”, arricchita da due sovracuti al fulmicotone.
Assur si presenta con la bella vocalità del baritono Nahuel Di Pierro che canta con morbidezza ed esegue bene le ondulazioni, esegue correttamente le agilità e il canto di sbalzo, grazie ad una voce duttile ed estesa, di bel colore, ma non molto possente, nonostante appoggi gravi cospicui. Nella struggente aria “Deh…ti ferma…ti placa…perdona…” è morbidissimo, svettante e con buoni affondi gravi ed esegue propriamente il canto sbalzato della cabaletta “Quei numi furenti” col ritmo brillante dell’orchestra.
Semiramide è il soprano di coloratura Salome Jicia.
L’interpretazione magistrale della cavatina “Bel raggio lusinghier” è un autorevole biglietto di presentazione: soprano di coloratura con vocalità possente, agilissima e duttile con belle mezze voci e acuti laceranti, strabilianti sovracuti, belle arcate e magistrali puntature acute. È una grande voce.
Nel lungo e patetico duetto Semiramide/Assur del II atto sc. III “Assur, i cenni miei…Se la vita ancor t’è cara” i due amanti ricordano il delitto di Nino in posizioni erotiche sul divano e sul tappeto del salotto. Entrambi esperti belcantisti, si esprimono con un canto morbido sopra una musica incalzante.
Bella voce, estesa e duttile è quella del mezzosoprano armeno en travesti Narduhi Abrahamyan nel ruolo di Arsace/Ninia, che ha una linea di canto morbida, ma qualche suono stretto e gravi aperti, brava nella coloratura, ha anche una dizione discreta.
Mitrane è Alessandro Luciano un tenore di poco spessore.
Canta bene il soprano leggero Martiniana Antonie nel ruolo di Azema.
Sergey Artamonov è l’ombra di Nino con buona vocalità scura.
Nino che annuncia “Arsace regnerai” sembra il Commendatore, la musica, il canto, l’atmosfera ci riportano alla scena finale del Don Giovanni, quando il Commendatore chiede il pentimento di Don Giovanni, e il concertato finale atto I ci ricorda il canto d’insieme che chiude l’opera di Mozart.
Il canto d’insieme produce un bell’amalgama sonoro e con la complicità dell’orchestra è travolgente.
Il Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato dal M° Giovanni Farina, canta magnificamene, piegando la possenza della voce alla morbidezza del canto.
La scenografia non disturba l’ascolto, ma non favorisce la comprensione della vicenda, per di più i sopratitoli pallidi e poco contrastati sono di difficile lettura.
Spettacolo magnifico e di alto livello.