Giovedì 26 Settembre, Teatro alla Scala
L. v. Beethoven | Sinfonia n.4, op. 60
G. Mahler | Sinfonia n.4 “Das himmlische Leben”
Direttore | Riccardo Chailly
Soprano | Christiane Karg
Filarmonica della Scala
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“Una smilza fanciulla greca in mezzo a due giganti nordici”
Le abilità critiche di Schumann sono rinomate e infatti descriveva così chiaramente la quarta sinfonia di Beethoven, paragonando la terza e la quinta a due titani.
Non ascoltò mai le sinfonie di Mahler (che ironia del destino scrisse proprio una sinfonia Titano) e quindi rimarrà nel “mondo dei se” come sarebbe riuscito a descrivere di un ipotetico abbinamento fra la quarta di Beethoven e la quarta di Mahler.
Abituata com’è da più di due secoli a quei due colossi, la Quarta un po’ di muscoli se li è fatti e infatti da questo confronto la sinfonia di Beethoven ne esce in salute. Regge, per carità sobbalza pericolosamente di fronte all’architettura mahleriana ma regge.
Il concerto inaugurale della stagione 2019-20, primo appuntamento pensato da Riccardo Chailly per l’esecuzione dell’integrale beethoveniana per i 250 anni dalla nascita del compositore si intreccia con il progetto dell’integrale mahleriana che in questi anni ha colorato la programmazione in Scala.
Un’abbinata particolare ma che fa finalmente tornare Beethoven protagonista (combo di cui avevo parlato quasi profeticamente a inizio anno https://www.teatrionline.com/2019/01/il-martello-di-mahler/ ) anche alla luce di scelte agogiche più fedeli all’originale, visti i progressi della musicologia in questo senso. Ad esempio nella scelta di tempi più beethoveniani, resi annacquati negli anni dalla cosiddetta tradizione di scuola tedesca.
Non è la prima volta che Riccardo Chailly affronta l’opus di Beethoven (quest’anno verranno affrontati anche alcuni concerti e ouverture) ma nove anni dopo l’impegno olandese, ora a capo di una orchestra italiana, l’avventura è quanto mai ardita, anche per gli stessi orchestrali abituati ad una tradizione che non hanno avuto timore a lasciare da parte per seguire il loro direttore musicale.
Una sinergia e una dedizione che hanno dato ottimi frutti e in cui la pulsione ritmica e il continuo cambio umorale, tipico di questa sinfonia, sono stati perfettamente evidenziati.
Come il più canonico degli scontri fra Davide e Golia a uscirne ridimensionato è il gigante.
Nessun demerito in particolare, né nella direzione di Chailly, sempre molto preciso nel rispetto delle indicazioni di partitura, né da parte dell’orchestra o del primo violino Laura Marzadori (splendida e consistente interpretazione nel secondo movimento un tono sopra) né infine dal soprano Christiane Karg, elegantemente e teatralmente entrata a metà sinfonia per il suo intervento liederistico, delicata e angelica la sua interpretazione.
Quello che è sembrato mancare, per alcuni tratti, è stata quella tensione, quella coesione sentita in Beethoven. Una comunione di intenti volta ad un obiettivo comune. Una prova comunque in crescendo, suggellata dall’ottima interpretazione dell’ultimo movimento.
Applausi sentiti e religiosamente dopo l’ultima anima dell’ultima nota suonata.