Due eventi teatrali al di là dei generi, fra musica, azioni sceniche e suggestioni: dopo il successo della stagione estiva alle Terme di Caracalla, il sipario del Costanzi torna ad alzarsi all’insegna del teatro musicale contemporaneo con il dittico Work in progress di Alexander Calder e Waiting for the Sybil di William Kentridge, in scena dal 10 al 15 settembre (per un totale di sei recite) a Roma.
Un programma ardito e ambizioso quello che unisce Work in progress dell’artista statunitense padre dei mobiles, in una creazione immaginata per il Costanzi nel 1968 in pieno fervore artistico e Waiting for the Sibyl, nuova creazione assoluta dell’artista sudafricano Kentridge: due opere di teatro musicale a confronto, ma anche un incontro unico fra la genialità di due artisti del moderno e del contemporaneo, fra immagini, musica, ma soprattutto movimento.
“In questi anni abbiamo sempre avuto il desiderio di riaprire il sipario sul capolavoro unico e assoluto di Calder – spiega Carlo Fuortes, sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma – un’operazione non semplice. Nel ripensare a una messa in scena per uno spettacolo più omogeneo abbiamo pensato di dare carta bianca a un artista fuori dal teatro d’opera, ma che creasse un nuovo lavoro ispirandosi proprio a Calder”. E il progetto è stato proposto a William Kentridge, artista sudafricano molto legato a Roma che ha ideato Waiting for the Sibyl.
“L’allargamento dei confini artistici del teatro musicale è forse uno dei tratti più originali dei nostri tempi. E fin dalla nascita il Costanzi persegue questo obiettivo – continua Fuortes presentando il dittico – e l’idea è proprio della di continuare a cercare di proseguire con questa questa sfida, guardando all’arte per ampliare le vedute del teatro tradizionale”.
Al debutto nel 1968, Work in progress, evento di 19 minuti, voluto dall’allora direttore artistico del Costanzi Massimo Bogianckino, andato in scena l’11 marzo 1968 fu inserito in un inedito trittico sul Novecento insieme a Torneo notturno di Gian Francesco Malipiero e Allez-hop di Luciano Berio. La sequenza di suggestioni e immagini che l’artista statunitense, inventore dei mobiles ideò nel corso della sua permanenza a Roma lavorando anche sulle scene verrà riproposta di nuovo con le immagini teatrali coordinate da Giovanni Carandente e presentate da Filippo Crivelli su musiche elettroniche selezionate da Niccolò Castiglioni, Aldo Clementi, Bruno Maderna.
“Sono sempre stato un incosciente nelle mie avventure teatrali e lo sono stato anche con i mobiles. Calder era un uomo di candore candore che si entusiasmava e accettava consigli – ricorda Crivelli – Abbiamo creato per lui una sorta di sogno di Calder fra movimento dell’aria e colori, ma in teatro ci siamo resi conto della difficoltà di conciliare i tableax vivants in movimento e la musica: erano necessari dei rigoroso segnali di minutaggio che ho dato io con la mia voce e che sono stati registrati su nastro. Sono diventato involontariamente l’ultimo testimone di questo spettacolo molto sorvegliato dalla Fondazione e adesso abbiamo la possibilità di riproporlo”.
D’altra parte il nome stesso di Work in progress suggerisce che ci si trova davanti a un’opera sostanzialmente astratta di cui sarà possibile riscoprirne il fascino a distanza di tanti anni.
“Avrei potuto chiamarlo La mia vita in diciannove minuti” era stato il commento di Calder a proposito della messinscena di uno spettacolo dal titolo già molto “compromettente”, un lavoro in corso senza soggetto concreto che offre sorprese spaziando fra natura, sole e la luna, il mare, i fiori o gli arabeschi colorati.
A completare la serata romana, una novità assoluta voluta dal teatro romano è Waiting for the Sibyl di Kentridge che torna a Roma dopo la strepitosa Lulu di Berg del 2017.
“Quando mi è arrivato l’invito del teatro di riprendere Calder, la domanda è stata: come riproporre Calder senza farne una copia pallida? Ho pensato che la carta, i frammenti di carta con cui mi esprimo da sempre, fossero l’elemento giusto per aprire il dialogo con Calder – spiega Kentridge che lavora sui fogli volanti in movimento per evocare l’immagine della celeberrima Sibilla Cumana, la sacerdotessa che trascriveva i suoi vaticini sulle foglie di quercia – In questo caso avevo in mente i movimenti delle opere e dei mobiles di Calder che non sono fissate, ma che sono un movimento. Volevo ricreare proprio l’idea di movimento nel momento in cui comincia ad avere un vero e proprio senso”.
Il volo delle foglie per Kentridge diventa del tutto simile allora al roteare delle sculture di Calder in un’opera originale e innovativa che riflette non solo sull’imprevedibilità del caso, ma anche sull’impossibilità di poter conoscere il proprio destino, fra le suggestioni della Sibilla Cumana, le suggestioni della Sibilla del Paradiso di Dante che raccoglieva le tutte le pagine della conoscenza e della sapienza del mondo: ma la carta in Kentridge si disperde e si disintegra come in un grande testo costruito come un collage con proiezioni e dipinti.
“L’idea era di realizzare uno spettacolo con musiche registrate come con Calder e ho invitato due compositori, il pianista Kyle Shepherd e Nhlanhla Mahlangu che lavora molto sulla voce, nel progetto per registrare le musiche e metterle insieme – prosegue Kentridge – Ma poi abbiamo capito che sarebbe stata necessaria la presenza dei cantanti e delle ballerine sul palco perché la musica sarebbe stato il momento centrale”. E se l’argomento viene solo suggerito, viene costruito via via attraverso o brevi scene interrotte dalle cadute di sipario con frasi ed enigmi proiettati sullo schermo come metaforiche ombre. Dopo la prima di martedì 10 settembre (alle ore 20.30), il dittico Calder/Kentridge verrà replicato mercoledì 11, giovedì 12 e venerdì 13 alle ore 21, sabato 14 e domenica 15 (alle ore 18), prezzo unico 25 euro, biglietti in vendita presso la biglietteria e il sito del Teatro dell’Opera e on line su ticketone.it, info su operaroma.it.