Campogrande Le Sette Mogli di Barbablu
Ravel La Valse
Ravel Boléro
Voce recitante Ottavia Piccolo
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Patrick Fournillier
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“Ossessione” è il titolo scelto da laVerdi per descrivere il programma che venerdì 18 ottobre 2019 (ore 20.00) e domenica 20 ottobre (ore 16.00) mette in scena due conosciutissimi capolavori del francese Maurice Ravel, ispirati ai ritmi e ai colori trascinanti della danza e il melologo Le sette mogli di Barbablù, del compositore contemporaneo Nicola Campogrande, presentato in prima assoluta. A dirigere l’Orchestra sinfonica di Milano per questo programma decisamente intrigante, torna il suo Direttore Principale ospite, il francese Patrick Fournillier. Con il melologo Le sette mogli di Barbablù, composto nel 2018, Nicola Campogrande invece racconta l’ossessione di Barbablù e delle sue sette mogli prigioniere nei sotterranei del suo castello, basandosi sul celebre racconto di Anatole France e alla sua ironica riscrittura della storia in cui, rovesciando i ruoli, cerca di dare una lettura più profonda dei rapporti tra uomo e donna. Nicola Campogrande ha trasformato quel testo in un melodramma per attrice e orchestra, intorno alla voce di Ottavia Piccolo, attrice che non ha bisogno di presentazioni. “Quando mi sono imbattuto nel testo di Anatole France, – racconta Campogrande – dopo aver valutato e scartato alcune altre ipotesi, ho gioito: aveva il brio, l’intelligenza, il ritmo, l’irriverenza che cercavo. E dunque ho preso a leggerlo e rileggerlo, sempre con la matita in mano, tagliandolo progressivamente sempre di più – sarebbe stato impensabile usarlo tutto per un melologo della durata di quello che avevo in mente. Volevo arrivare a una ragionevole essenzialità, per lasciare alla musica la possibilità di esplorare le derivazioni, le allusioni alle quali facevo cenno. Il Barbablù di Anatole France è un uomo sfortunato, co-protagonista di un racconto sarcastico dove le figure femminili sono molto più complesse rispetto alle “povere ragazze” della tradizione. E io ho cercato di mantenere un tono leggero, ironico, che mi è servito per proseguire, insieme a lui, una riflessione su un tema drammatico come quello della violenza sulle donne in modo forse meno primitivo rispetto a quello diffusosi in questi anni.” Il melologo di Campogrande, composto su commissione della Università Iulm, sarà eseguito all’Auditorium di largo Mahler in prima assoluta.
La danza come mezzo per reagire alla pesantezza ritmica della tradizione sinfonica classico-romantica è protagonista della seconda parte del concerto, con la musica di Maurice Ravel, compositore francese del Primo Novecento. La Valse celebra le atmosfere leggere tipiche del grande valzer viennese, con la sua musica sfolgorante e vorticosa ma nella parte finale fa intravedere quelle “Nubi tempestose” della prima guerra mondiale che aveva lasciato un segno indelebile in quel mondo sfavillante. L’altro brano di Ravel in programma è il celebre Boléro, ispirato alla omonima danza tradizionale con un ritmo peculiare spesso scandito dalle nacchere e composto per la ballerina Ida Rubinstein. Con il suo ritmo ossessionante, frenetico e sensuale, nel tempo si è affermato come uno dei grandi classici del Novecento ed è stato utilizzato nel cinema, in teatro e nella danza moderna.
Nelle due date del concerto sarà ospite in Auditorium la Fondazione Ivo de Carneri onlus, nata nel 1994 per ricordare la figura dell’insigne ricercatore e professore di Parassitologia prematuramente scomparso nel 1993. La Fondazione Ivo de Carneri da 25 anni è impegnata nella lotta e nello studio delle malattie infettive e parassitarie e nella promozione di progetti per il miglioramento della salute e lo sviluppo economico delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. In occasione del concerto, la Fondazione Ivo de Carneri raccoglierà fondi per portare a termine – nell’isola di Pemba, (Arcipelago di Zanzibar, Tanzania), dove la Fondazione opera – la costruzione di un pozzo per dare acqua sicura a 300 famiglie del villaggio di Mtamba (a sudest di Chake-Chake, capoluogo di Pemba) e continuare i corsi di formazione del personale sanitario locale in ecografia.
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Venerdì 18 ottobre 2019, ore 20.00
Domenica 20 ottobre 2019, ore 16.00
Auditorium di Milano, largo Mahler
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Conferenza
Il concerto di venerdì 18 ottobre sarà preceduto alle ore 18.00 da una conversazione di Nicola Campogrande con Marco Benetti nel foyer della balconata dell’Auditorium. Ingresso libero.
Biglietti: euro 36.00/15.00; Info e prenotazioni: Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, largo Mahler; orari apertura: mar/dom, ore 10.00/ 19.00. Tel. 02.83389401/2/3, www.laverdi.org www.vivaticket.it.
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Programma
Nicola Campogrande (Torino, 1969) Le Sette mogli di Barbablù
(Note di Laura Brignoli )
(…) Attento alle questioni attuali che scuotono emotivamente la società, Campogrande ha scelto di comporre il suo melologo a partire dal racconto capace di stagliare il complesso rapporto fra il maschile e il femminile su uno sfondo leggendario: la favola di Barbablù è stata oggetto di numerosissime riscritture e rimediazioni, di cui forse le più interessanti sono quelle indirizzate a un pubblico adulto. Il M° Campogrande si è avvalso di una delle riletture più originali, quella di Anatole France che sovrasta con sguardo ironico l’agire delle sette mogli del protagonista per rivelarne gli intenti. L’operazione di France nelle Sette mogli di Barbablù è audace: si tratta di rileggere completamente la storia non tanto per decolpevolizzare l’aggressore leggendario, quanto per fornire un’interpretazione della realtà meno monoliticamente ripiegata sull’univocità del rapporto fra la vittima femminile e il carnefice maschile. Cosa c’è dietro l’immagine orchesca di questo individuo dalla barba troppo scura? Per provare a smontare il mito, France ne costruisce uno di segno opposto, che funziona benissimo e che mostra come Barbablù fosse l’esatto contrario di ciò che la leggenda ha costruito. L’incipit che dichiara, anzi ostenta la veridicità della storia è ovviamente un ammiccamento alla sagacia del lettore, invitato non certo a credere acriticamente, ma a superare ogni interpretazione manichea, a non trascurare i dettagli, a illuminare le ombre e andare oltre le apparenze. L’audacia di Campogrande è forse ancora maggiore, se consideriamo il mutato contesto socioculturale nel quale viene ripreso il testo di France: la voce di Campogrande emerge da un vociare confuso che tende a creare mostri ignorando contesti e vissuti. La sua musica avrà allora assolto il suo compito se saprà turbare l’ascoltatore, se lo indurrà a porsi domande che spesso non hanno risposta. Per capire, fin da ora, il complesso meccanismo che lega un testo alla musica gli abbiamo posto una serie di domande, che trascriviamo con le risposte da lui amabilmente fornite. (…) (Laura Brignoli)
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Maurice Ravel (1875 – 1937) La valse
La danza permea l’opera di molti musicisti dei primi del Novecento, sia come reazione alla pesantezza ritmica della tradizione sinfonica classico-romantica che per “merito” di Sergej Djagilev geniale impresario dei Ballets russes, che è stato una fonte vulcanica di proposte, di suggerimenti e di stimoli per i compositori dei primi trent’anni del ventesimo secolo.
Ravel scrisse la musica sfolgorante e vorticosa de La Valse durante l’inverno 1919-1920, nel villaggio di Lapras, in Ardèche, dove si era stabilito a casa d’un amico per riprendersi dall’abbattimento fisico e morale in cui era caduto dopo la guerra e la morte della madre. Prima della guerra Ravel aveva cominciato a lavorare a un poema sinfonico intitolato Wien, in onore della città di Vienna e del valzer, suo simbolo. Ma Ravel accantonò il progetto per poi riprenderlo con occhi diversi solamente al termine della guerra.
La Valse avrebbe dovuto essere l’apoteosi delle atmosfere leggere tipiche del grande valzer viennese, ma la guerra aveva lasciato un segno indelebile sul sogno di quel mondo sfavillante portato al successo da Johann Strauss jr. La popolare danza austrica viene qui colta dapprima al suo apice, e poi trascinata attraverso le peripezie della storia sino a un finale catastrofico, come spiega lo stesso Ravel : “Nubi tempestose lasciano intravedere, a sprazzi, delle coppie che danzano il valzer: quando lentamente si diradano, si distingue un’immensa sala popolata da un folla volteggiante. La scena s’illumina progressivamente, finché, raggiunto il fortissimo, si accendono i grandi lampadari. La scena si svolge alla corte imperiale, verso il 1855”.
Anche nella nascita della Valse ci fu lo zampino di Diaghilev, che però, quando ricevette la partitura, la rifiutò proprio a causa di quelle “nubi tempestose”. Fu poi la ballerina e coreografa Ida Rubinstein a metterla in scena, il 20 novembre 1928, all’Opera di Parigi, con un’accoglienza entusiastica, a distanza di 8 anni dalla prima esecuzione che aveva avuto luogo in forma di concerto il 12 dicembre 1920, con l’Orchestra Lamoureux di Parigi diretta da Camille Chevillard.
Da allora la Valse ha conosciuto una grande popolarità per il suo potere di accontentare simultaneamente tutti i tipi d’ascoltatore, che possono scoprirvi le infinite e preziose meraviglie timbriche e armoniche della raffinata tavolozza di Ravel o lasciarsi semplicemente andare al suo effetto trascinante.
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Maurice Ravel Boléro
All’origine di Boléro di Maurice Ravel c’è la richiesta al compositore, nel 1927, da parte di Ida Rubinstein, di una partitura per un breve balletto di ambientazione spagnola. Personaggio centrale nella vita teatrale parigina dei primi decenni del secolo, Ida Rubinstein si era imposta come artista di grande fascino all’interno della celebre compagnia dei Ballets russes, diretta da Sergej Djagilev dalla quale si era poi presto staccata fondando una propria compagnia. Nonostante mancasse, come ballerina, di una tecnica veramente solida e fosse afflitta, come attrice, da un forte accento russo, la sua avvenenza e il suo carisma stimolarono la creatività di molti compositori (Debussy, Stravinskij, Honegger, Sauguet), letterati (D’Annunzio, Gide, Valery) e coreografi (Fokine, Massine, Bronislava Nijinska). In un primo momento il progetto di Ravel era quello di orchestrare alcune pagine pianistiche tratte da Iberia, celebre raccolta pianistica di Albeniz, compositore protagonista della rinascita musicale spagnola, scomparso nel 1909. Ma il progetto risultò impossibile, poiché i diritti per la trasformazione in balletto di Iberia erano già stati ceduti ad altri dagli eredi. Di qui la scelta del compositore di ripiegare sull’orchestrazione di una propria melodia di carattere spagnolo, forse annotata durante un viaggio nella regione dei Pirenei. Ravel si richiama a questo fiorentissimo filone della musica francese. Nelle lettere scritte nel corso della stesura Ravel si riferisce al brano chiamandolo Fandango; ma il titolo definitivo fu poi Boléro. Il Bolero, come danza caratteristica, rientrava perfettamente in un fiorente filone della musica francese dell’epoca, quella dell’esotismo ispanico della Francia ottocentesca, sviluppato soprattutto a fine secolo con molte numerose stilizzazioni.
La prima esecuzione avvenne, il 22 novembre 1928, all’Opera di Parigi, con la direzione di Walther Straram e la coreografia di Bronislava Nijinska; la stessa Rubinstein era protagonista, nei panni di una ballerina gitana danzante sopra un tavolo, mentre, intorno a lei, altri gitani venivano progressivamente coinvolti nel vortice della danza. Fu Ravel a dirigere poi la sua partitura in forma di concerto, l’11 gennaio 1930 ai Concerts Lamoureux. In entrambi i casi un grande successo arrise alla composizione; ma Boléro era destinato a traguardi imprevedibili. Numerosissime le versioni coreografiche che si sono succedute, tra cui quelle di Aurelio Milloss, Serge Lifar, Filar Lopez e Maurice Béjart. Ma la melodia di Boléro si diffuse molto oltre i confini degli ambienti della danza e della musica colta; innumerevoli sono state le trascrizioni di vario tipo e per tutti gli strumenti, le trasposizioni nell’ambito della musica jazz (il Jacques Loussier Trio, fra gli altri), gli impieghi come colonna sonora cinematografica (Boléro di Claude Lélouche, il più celebre).
La piccola commissione per la ballerina, nata in fretta come soluzione di ripiego, da parte di un autore che non la tenne mai in eccessiva considerazione, nel tempo si è affermata così come uno dei grandi classici del Novecento.
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Biografie
Nicola Campogrande compositore
Nicola Campogrande (Torino, 1969) è considerato uno dei compositori più interessanti della giovane generazione italiana. Nella sua musica, che dal 2017 è pubblicata in esclusiva dalla Breitkopf & Härtel, la critica e il pubblico riconoscono freschezza ed espressività, spesso messe al servizio di lavori con una forte componente spettacolare. Oltre ai molti lavori destinati al teatro musicale, scrive prevalentemente musica cameristica e sinfonica ma ha anche composto pagine per il cinema, per grandi mostre, per la televisione, per la radio, per il teatro. Tra i suoi interpreti, oltre a numerose orchestre, ci sono Roberto Abbado, Mario Brunello, Gauthier Capuçon, Massimo Quarta, Emanuele Arciuli, Lilya Zilberstein, Sonia Bergamasco, Jean-Bernard Pommier e molti altri musicisti che hanno in repertorio suoi lavori e li presentano regolarmente in stagioni concertistiche di tutto il mondo.
La sua musica si può ascoltare grazie a 30 cd monografici e collettivi. Tra i suoi lavori sinfonici di maggior successo vanno citati il “Concerto per pubblico e orchestra”, “R (Un ritratto per pianoforte e orchestra)”, le ventiquattro “Expo Variations”, “Urban gardens”, per pianoforte e orchestra. Tra quelli cameristici “150 decibel”, per violoncello e pianoforte, “Nudo”, per pianoforte, i “Preludi a getto d’inchiostro”, per chitarra. Diplomatosi ai conservatori di Milano e di Parigi, dal 1998 conduce trasmissioni culturali su Rai Radio3. Per la tv conduce la trasmissione settimanale “Contrappunti” sul canale Classica HD (Sky). Collabora con le pagine culturali del Corriere della Sera e ha pubblicato “Occhio alle orecchie. Come ascoltare musica classica e vivere felici” (Ponte alle Grazie, 6 edizioni) e “Cento brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita” (BUR Rizzoli). In passato ha diretto per quindici anni il mensile Sistema Musica ed è stato critico musicale di Repubblica e del supplemento Musica!, de L’Indice dei libri del mese, di Piano Time.
E’ direttore artistico del festival MITO SettembreMusica. E’ stato membro della commissione artistica internazionale di Europa Cantate, per undici anni, direttore artistico dell’Orchestra Filarmonica di Torino. Insegna alla Scuola Holden di Tecniche della narrazione.
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Ottavia Piccolo, attrice
Ottavia Piccolo (Bolzano, 1949) è attrice di teatro, cinema e televisione. Fa il suo esordio a 11 anni in Anna dei miracoli, regia di Luigi Squarzina, accanto ad Anna Proclemer. In seguito lavora con i più grandi registi teatrali italiani, da Visconti a Strehler, da Ronconi a Lavia, da Cobelli a De Lullo, a Castri. Ancora Visconti è il primo a dirigerla per il grande schermo, nel Gattopardo; e anche qui la carriera della Piccolo è segnata da maestri d’eccellenza: Mauro Bolognini e Claude Sautet, Pierre Granier-Deferre e Pietro Germi, Ettore Scola e Luigi Magni… In televisione Ottavia Piccolo è presente dapprima con la prosa e gli sceneggiati nelle stagioni del bianco e nero, poi in fiction di grande popolarità sia in Italia sia in Francia, dove è apprezzata dai tempi (1970) del suo Palmarès a Cannes, ottenuto con Metello. Il suo impegno in teatro non ha conosciuto soste e negli ultimi anni, che hanno visto una sua intensa collaborazione col drammaturgo Stefano Massini, ha portato in tournée, di quest’ultimo, Donna non rieducabile, un memorandum su Anna Politkovskaja diretto da Silvano Piccardi. Sempre di Massini, Processo a Dio (regia di Sergio Fantoni), 7 minuti (regia di Alessandro Gassmann; anche al cinema, con regia di Michele Placido), Enigma (regia di Silvano Piccardi) e Occident Express con l’Orchestra Multietnica di Arezzo.
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Patrick Fournillier, direttore.
Direttore assistente dell’Orchestre National de Lille, diventa successivamente direttore musicale della Sinfonietta de Picardie. Dal 1988 è stato direttore musicale dell’Opéra di Saint-Étienne e dal 1990 cofondatore della Biennale Massenet, di cui è stato direttore musicale fino al 2006, contribuendo alla riscoperta di numerose opere del compositore, tra cui Amadis (cd), Esclarmonde (cd), Thérèse, Cléopâtre (cd), Grisélidis (cd), Panurge, Roma, Hérodiade (dvd), Thaïs, Cendrillon, il balletto La cigale e l’oratorio La Vierge (cd). All’Opéra di Saint-Etienne ha diretto opere del grande repertorio italiano e francese come Un ballo in maschera, Otello, Rigoletto, La Traviata, Il barbiere di Siviglia, Norma, Carmen, Les Dialogues des Carmélites. Dal 1996 al 2001 è stato direttore musicale dell’Orchestra sinfonica Arturo Toscanini di Parma, con cui ha diretto tutto il grande repertorio sinfonico. Ha partecipato alla creazione del Festival Verdi per il Centenario della morte del compositore (2001). È regolarmente invitato a dirigere le più importanti orchestre internazionali e quelle dei Teatri più prestigiosi, quali l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la Deutsche Oper di Berlino, la Bayerische Staatsoper, l’Orchestre national de Belgique, la BBC Symphony Orchestra, l’Orchestre de la Suisse Romande, l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, l’Orchestra dell’Opera di Los Angeles, il Concertgebouw di Amsterdam, il Metropolitan di New York, laVerdi di Milano. Nel 1989 viene scelto per dirigere il concerto di gala per la riapertura dell’Opéra Comique di Parigi con l’Orchestra dell’Opera Nazionale parigina. Nel 1991, Riccardo Muti lo invita a dirigere La Muette de Portici di Auber al Festival di Ravenna. Dirigerà poi Manon alla Staatsoper di Berlino e all’Opéra di Nizza, Medea al Festival di Martina Franca, Lakmé al Concertgebouw di Amsterdam, La Sonnambula e La Bohème all’Opera di Roma, l’Orchestra Nazionale cinese a Pechino. Nel 2009 dirige Cyrano de Bergerac a Valencia (dvd) e al Théâtre du Châtelet con Plácido Domingo; seguono Carmen all’Arena di Verona, Tosca al Teatro La Fenice, e nel 2010 Le Nozze di Figaro e Hamlet all’Opera di Washington, Les Contes d’Hoffmann al Metropolitan New York e all’Opera di San Francisco. Nel 2011 dirige Carmen con laVerdi di Milano per la stagione inaugurale della nuova Royal Opera di Muscat in Oman, nel 2014 L’Étoile di Chabrier all’Opera Nazionale olandese ad Amsterdam. E poi Don Giovanni, La Damnation de Faust e Carmen alla SemperOper di Dresda; Iphigénie en Tauride, Turandot e Thaïs a Valencia; Hamlet e Louise all’Opera du Rhin a Strasburgo; La Traviata a Ravenna; Lucia di Lammermoor e Carmen a Stoccarda; Rigoletto al Teatro Regio di Torino; Rigoletto, La Traviata, Don Quichotte e Carmen al Teatro Regio di Torino; Thaïs all’Opera di Los Angeles di nuovo con P. Domingo (DVD), Manon Lescaut a Varsavia e a Dresda; Aida ad Amsterdam e Mannheim; Carmen, Werther e Don Pasquale all’Opera di Oslo… Molto interessato alle creazioni di autori contemporanei, ha diretto opere di André Jolivet, Henri Dutilleux, François-Bernard Mâche, Luciano Berio, Quatre-Vingt-Treize di Antoine Duhamel per il bicentenario della Rivoluzione francese. Debutta alla Scala nel 1994 con il balletto L’Histoire de Manon. Successivamente dirige Il rosso e il nero con le musiche di Berlioz (1995), Faust di Gounod (1997), Ondine di Hans-Werner Henze (2000), Cyrano di Bergerac di Alfano (2008) e Giselle nella tournée scaligera a Parigi nel gennaio-febbraio 2015 e poi in Scala. Nel 2016, dirige Concerti con la Filarmonica di Bogotà, con l’Orchestra del San Carlo di Napoli, con la Filarmonica di Varsavia, con laVerdi di Milano; a registrato un cd di Musica Francese con L’Orchestra National di Russia a Moscova; ha diretto Thaïs al Festival di Salisburgo con Placido Domingo ed a Helsinki, Rigoletto a Bogotà, prima di tornare alla Scala per Giselle e Romeo & Giulietta. Tra i suoi prossimi progetti: Carmen a Helsinki ed Hamburgo, Thaïs al Gran Teatreidel Liceu a Barcellona; Concerti con la London Symphony, il Concertgebouw d’Amsterdam, la StaatsKapelle di Dresden, la Philadelphia, laVerdi di Milano; Manon a San Francisco e a Bilbao, Pelleas & Mélisande a Varsavia, Il Trovatore ad Helsinki.