La luna simbolo di vita, di ancestrali energie, di rigenerazione, luce ed esoterismo è stata elogiata e raccontata dalla coreografa e danzatrice Francesca La Cava con uno spettacolo che la ambisce, la desidera e la conquista, dal titolo Voglio la luna. Presentato in anteprima al Festival di danza contemporanea Corpografie, lo scorso venerdì 13 settembre, il nuovo progetto coreografico è stato realizzato con il Gruppo E-Motion in occasione dei cinquant’anni dell’allunaggio e appartiene alla Trilogia dell’abitare (2018-2020) di cui Francesca La Cava ne firma la regia e la coreografia. Compagna di scena la danzatrice Stefania Bucci per un duo affiatato e ben rodato che ha condotto lo spettatore tra i simboli, i significati e gli innumerevoli risvolti mitopoietici che questo corpo celeste ha rappresentato per l’esistenza dell’uomo. Dal cinema alla musica pop rock, dalla letteratura alle arti visive le due danzatrici in scena compiono un viaggio nel tempo di questi ultimi cinquant’anni legando i tanti volti della luna tra citazioni, omaggi, inviti e desideri che ogni artista vi ha dedicato.
La danza in questo lavoro abbandona ogni sorta di virtuosismo fine a se stesso, ed ogni vano esercizio di stile per divenire una partitura fisica di gesti, movimenti e intrecci di corpi atti a snocciolare gli aspetti cinestetici e simbolici della luna. Dalla sfida gravitazionale, quando insieme le due artiste provano a superare i limiti della verticalità e della gravità sperimentando appoggi “off balance” di assi – ora sulla testa, sulla spalla, sul bacino, fino a quando insieme si eclissano allineandosi l’una sull’altra in un gioco di ribaltamenti, cadute e sparizioni. E ancora, una danza sferica e circolare per alludere alla pienezza, al volume e alla luce lunare che illumina le notti, alternando il tutto a sessioni dalla qualità spezzata e frastagliata per ricordare la sua immagine stagliata nel cielo stellato a forma di piccolo spicchio.
Non mancano oggetti e abiti particolari usati opportunamente per citare con stile, rievocare, suggerire il simbolo primordiale della luna, la sua ciclicità, le maree, la simbiosi con la fertilità della terra e le sue fasi. Ma soprattutto, il suo essere meta irraggiungibile, sogno o desiderio, spazio interno ed esterno, ambìto come luogo libero, incondizionato e creativo. Da qui la costruzione di una scala con la sovrapposizione di ossa, usata simbolicamente come mezzo di ascesa materiale e spirituale, fino alla vestizione di una astronauta che progressivamente sembra rimpicciolire alle escursioni ellittiche e spiraliformi compiute sulla scena.
A sublimare con spessore ed intensità l’intera durata della pièce è il live di Agnieszka E. Oszańca al violoncello, con musiche di J.S. Bach, H.F.I. Biber e il mirabile video mapping di Salvatore Insana che ha trasformato lo Spazio Matta in diversi quadri fino a immergere lo spettatore, avvolto e sospeso, nello spazio cosmico e gravitazione della luna.
Con una strana e piacevole sensazione di leggerezza ci avviamo all’uscita dove il bagliore caldo e rassicurante di una luna piena di accoglie ed illumina le nostre strade.
Di seguito e nell’ordine le due speciali spettatrici Simonetta D’Intino e Maristella Mezzapesa del gruppo di Dansomanie hanno colto le personali suggestioni dello spettacolo e le riportano in queste poetiche righe.
Voglio la luna è una performance caratterizzata da una danza scarna ed essenziale, priva di inutili fronzoli il cui movimento tende a sottolineare l’influenza costante della luna sulla natura e sulla donna in particolare. È uno spettacolo che trae spunto dall’inesauribile fonte letteraria di Clarissa Pinkola Estés Donne che corrono coi lupi, ricco e colmo di rimandi, visioni e teorie sull’inestricabile triade composta da donna – luna – natura. La pièce di Francesca La Cava coglie l’essenza di tutto questo.
Citando il testo suddetto: Darwin sosteneva che “l’uomo, come le belve e persino gli uccelli, è soggetto a quella misteriosa legge per la quale certi processi normali quali la gravidanza, la crescita delle piante, la maturazione dei frutti, il decorso delle malattie, dipendono dai periodi lunari.” E ancora anche la psiche e l’anima delle donne hanno i loro cicli e le loro stagioni di attività e solitudine, di fretta e di stasi, di coinvolgimento e allontanamento, di ricerca e riposo, di creazione e incubazione, di partecipazione e ritorno al posto dell’anima. Un tempo vivevamo con questi cicli e queste stagioni anno dopo anno, e loro vivevano in noi. Ci placavano, ci facevano danzare, ci riscuotevano, ci rassicuravano, ci insegnavano a essere creature.”
Voglio la luna bussa silenzioso alla porta dell’anima di ogni spettatore riecheggiando la possibilità dell’uomo di poter arrivare a conquistare anche lo spazio, in una danza che narra il legame speciale dello stesso con il nostro satellite. Così lo spettacolo cita Le cosmicomiche di Italo Calvino, “c’era la luna proprio sopra: e la città mi parve fragile, sospesa come una ragnatela, con tutti i suoi vetrini tintinnanti, i suoi filiformi ricami di luce, sotto quell’escrescenza che gonfiava il cielo”.
Da qui ci troviamo in una nuova dimensione, sferica, perfetta, eterna, emozionale e vitale basata sul principio di consonanza ciclica della donna e della luna, rivelatore del legame femminile con il divino. Lo spettacolo racconta, in un susseguirsi di corpi in moto orbitazionale ed esploratori delle diverse fasi lunari, ora di una luna simile ad un cerchietto piatto e lontano che costringe con lo sguardo all’insù per scorgerne il primo spicchio, ora ancora plenilunio così vicina agli occhi d’una luce color burro. Ci appare così selvaggia da spingere ad ululare o ad avvicinarcisi equipaggiati di una scala e farci un balzo come una capriola lieve nell’aria, ora ancora luna in intimità, da contemplare, come in un sogno.
Voglio la luna è una linea concava, tutta al femminile, è nido, culla, braccia materne, è compagna fedele, è continua trasformazione. È seno, utero, grembo, mano, è il bacino dei mari, dei laghi, dei fiumi, l’incavo del cuore e la volta del cielo ed è molto altro ancora.