Dopo diversi anni di assenza dal Teatro Comunale di Ferrara, Carolyn Carlson ha deciso di rivedere uno spettacolo del 2012, Synchronicity, ispirato originariamente a Carl Jung, in prima italiana per il pubblico ferrarese.
Lo spettacolo inizia con un prologo, un assolo danzato da Carlson stessa, pensato come omaggio alla città estense che l’ha più volte invitata a presentare il proprio lavoro sul palcoscenico del Comunale.
Già a partire da questo assolo, infatti, è possibile avere un assaggio dell’impronta poetica con cui la coreografa firma la propria creazione. Davanti a una bianca porta, di nero vestita, e sotto le note del sassofonista jazz Guillaume Perret, Carolyn Carlson intreccia braccia e mani in una partitura di gesti che a tutti gli effetti lascia intravedere un pensiero poetico orientato alla trasformazione, a una storia modificata da eventi su cui il pubblico sta per affacciarsi.
All’uscita della coreografa, la scena si illumina fiocamente, e svela la presenza di porte mobili, sinonimo forse di incontri, entrate e uscite, e una grande finestra in alto, che mostra per tutta la durata dello spettacolo una serie di video che si mostrano senza tempo, perché rappresentano azioni, storie, e immagini che in slow-motion accompagnano il movimento che si svolge in scena. Infatti, i sei danzatori appaiono, si incontrano, si scontrano, si incrociano, si prendono e si lasciano, portando in scena un mondo di punti di contatto, tramite i quali le storie che li caratterizzano emergono in un’atmosfera volutamente onirica.
Come in un sogno, infatti, diversi tipi di suoni, testi e brani musicali – in un arco che va da Purcell a Bruce Springsteen passando per Bob Dylan – si susseguono senza sosta, in un costante viavai di luci, suoni, metafore, che trasfigurano la scena come si trasfigurano le intenzioni degli interpreti che la abitano.
Onirica è anche la linea metaforica con cui vengono utilizzati gli elementi di scena: due ruote entrano in scena fugaci per poi scomparire definitivamente, una grigia bacinella ritorna ciclicamente, un grande barile metallico funge quasi da lavatoio, grandi tavoli e sedie diventano protagonisti della scena, e porte fluttuanti celano e svelano il moto e la presenza dei danzatori. Essi abitano le storie di cui sono protagonisti, che variano velocemente come testimoniano i numerosi cambi di costumi, anche molto diversi tra loro seppure in una netta separazione dei ruoli uomo/donna, che segue una convenzione legata alla storia del teatrodanza e che spesso si riflette sulle scelte coreografiche.
Gli eventi danzati dai protagonisti si compiono sull’onda di un movimento che possiede la firma gestuale di Carlson e si presenta come un flusso energico, organico e pulito di sequenze eseguite in un’alternanza di unisoni, assoli, trii e duetti che con humour o drammaticità mostrano la precisione e la grazia di questi sei danzatori storici della compagnia. Si seguono infatti duetti sensuali o divertenti, corse ed incroci, assoli drammatici, trii combattivi, immersi in questo mondo di visioni e metafore accompagnate dalla proiezione video, dalle musiche e dagli elementi di scena.
Al termine del solo drammatico che conclude lo spettacolo, che conduce a oltrepassare l’ultima delle porte, la simpatia e la complicità di Carolyn Carlson e dei suoi danzatori si fa vedere negli inchini finali, nella posa giocosa su uno dei tavoli usati in scena, o negli incroci vorticosi sul palcoscenico, i crossroads, che fanno girare la testa e che tanto hanno significato per lo spettacolo stesso, nel bene e nel male delle storie di cui essi sono certamente i testimoni.
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Coreografia, ideazione video Carolyn Carlson
In collaborazione con i danzatori Juha Marsalo, Céline Maufroid, Riccardo Meneghini,
Isida Micani, Yutaka Nakata, Sara Orselli
Musica John Adams, Ry Cooder, Bon Iver, Tom Waits, Laurie Anderson, Alela Diane, Jean Sibelius, Clint Mansell, Bob Dylan, Gavin Bryars, Bruce Springsteen, Henry Purcell
Assistente alla coreografia Henri Mayet
Design luci Rémi Nicolas
Consulente musicale e effetti sonori Nicolas de Zorzi
Costumi Elise Dulac
In collaborazione con Emmanuelle Geoffroy, Colette Perray, Léa Drouault, Cécile Pineau
Pittura della scenografia Cédric Carré
Collaboratore alla scenografia Jank
Montaggio video Baptiste Evrard
Collaborazione film 2012 Olivier Madar, Vecteur M, Juliette Louste, Zahra Poonawala, Le Fresnoy, Studio National des Arts Contemporains
Direzione tecnica in tournée Guillaume Bonneau, Jank Dage, Rémi Malcou
Ringraziamenti Fanny Alton, Fifi