Il film vincitore della sezione Orizzonti a Venezia 75, designato Film della Critica. Per Variety «Un cuore umanista batte forte in Manta Ray, il promettente debutto del regista e sceneggiatore thailandese Phuttiphong Aroonpheng…» Esce con il patrocinio di Amnesty International per aver raccontato il genocidio dei Rohingya.
Il film ha il patrocinio di Amnesty International Italia in difesa dei Rohingya, una delle minoranze più perseguitate al mondo: il 25 agosto 2019 è ricorso il secondo anniversario dell’avvio delle operazioni militari dell’esercito di Myanmar nello stato di Rakhine, che costrinsero oltre 740.000 uomini, donne e bambini Rohingya a lasciare le loro città e i loro villaggi e a rifugiarsi in Bangladesh. La campagna militare fu caratterizzata da atrocità tali che le nazioni unite hanno parlato di crimini contro l’umanità e di possibile genocidio con l’uccisione di almeno 10.000 uomini, donne e bambini.
La storia di Manta Ray comincia in una foresta vicino a un villaggio costiero: un giovane pescatore dal biondo capello ossigenato (Wanlop Rungkamjad) s’imbatte in un uomo ferito e privo di sensi (Aphisit Hama: fashion stylist e DJ è il suo primo ruolo al cinema) e decide di prestare immediatamente soccorso, portandolo al sicuro in casa propria. Lo sconosciuto però non proferisce parola, forse è muto oppure troppo scosso dal proprio viaggio per riprendere a parlare. Il pescatore decide quindi di assegnargli il nome di una pop star thailandese, Thongchai. Da lì a poco s’instaura un forte legame tra i due, fino a quando una mattina il pescatore scomparirà in mare (ma è una vera scomparsa? O solo il preludio di un ritorno inaspettato?). Thongchai lentamente, e quasi inesorabilmente, si ritroverà a prendere il suo posto, abitando nella sua casa, vivendo del suo lavoro e convivendo con la sua ex moglie (Rasmee Wayrana: è il primo ruolo al cinema di quest’amata cantante thailandese).