Uno dei più grandi crucci della contemporanea moderna è la circuitazione dei brani.
Le esecuzioni di commissioni o prime nazionali sono gemme preziose per la programmazione di qualsivoglia cartellone sia per il mecenatismo culturale, leva della musica da secoli, sia per il ritorno economico in termini di punteggi ministeriali.
Ciò che spesso rimane di questi brani, però, è quella singola esecuzione (due per i più fortunati) e qualche sporadica ripresa spesso coincidente con programmi con un particolare filo conduttore o un ensemble in cui coincidono gli strumenti.
Vedere un’opera sopravvivere per 8 anni alla prima, con numerose rappresentazioni e avvenimento ancora più raro con diversi allestimenti in giro per il mondo è qualcosa di raro ed è per questo che Quartett di Luca Francesconi è un must see di qualunque cartellone, in questo caso del Teatro alla Scala e del 28° Festival Milano Musica dedicato proprio a Francesconi.
La musica di Francesconi è difficilmente catalogabile e se si potesse riassumere con una parola probabilmente sarebbe totale. Cambi di stile, registri e virtuosismi, due orchestre una in sala e una in cassa, un coro non in scena ma in eco, suoni registrati. La pluridimensionalità che ne scaturisce cattura costantemente il pubblico che fra lo spaesato e l’interessato guarda al palco e alla buca in cerca di risposte.
Sul palco però un libretto estremamente crudo ed erotico, a tratti quasi sacrilego e violentemente sessuale, che non ha impedito ad un buon numero di presenti di lasciare la sala con ampio anticipo sulla fine dell’opera. Una emorragia di pubblico probabilmente scontata ma che stupisce perché dimostra ancora l’attualità scandalosa del libretto ricavato dall’omonima pièce teatrale di Heiner Müller.
Come per la prima assoluta del 2011, l’allestimento è curato da Àlex Ollé (La Fura dels Baus), un tipo di regia che ha fatto scuola per la sua semplicità ma allo stesso tempo estrema per l’aderenza e agevolazione dell’opera stessa. Esteticamente bello anche per la geometrica scenografia sospesa di Alfons Flores, una cornice entro cui si svolge la vita dei protagonisti ma anche gabbia in cui sfogare le loro pulsioni.
Funzionale la dimensione video di Franc Aleu a supporto e a completamento della scena con il mondo del non detto e le possibili realtà collegate all’azione scenica.
La direzione del giovane Maxime Pascal è estremamente dettagliata e precisa, qualità assolutamente necessario per la presenza della seconda orchestra e del coro in una sala differente ma non scontata.
Si crea così un continuo alternarsi di forti momenti musicali, più taglienti e gravi quelli in sala, più metafisici quelli trasmessi dal lavoro sonoro dell’IRCAM.
Un combattimento intestino fra le volontà e i desideri dei personaggi rispecchiato anche nelle masse sonore.
Apprezzabile anche la grande aderenza al palcoscenico dove i due protagonisti, il mezzosoprano Allison Cook (Marquise de Merteuil) e il baritono Robin Adams (Vicomte de Valmont) sono stati magnetici.
I due personaggi costretti per buona parte dell’opera a impersonare altri due ruoli di sesso opposto, impressionano non solo per la ottima articolazione del testo (inglese) ma anche per la pregnante recitazione in cui dall’ammiccante flirt al raptus di rabbia coprono l’intero spettro della sessualità in scena.
Intensi applausi per i protagonisti per la indiscussa difficoltà dell’esecuzione e per la loro ottima prova.
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Giovedì 17 ottobre, Teatro alla Scala, Milano
Quartett
Opera in tredici scene
Musica e libretto | Luca Francesconi
Direttore | Maxime Pascla
Maestro del Coro | Bruno Casoni
Regia | Alex Ollé (La fura dels Baus)
Scene | Alfons Flores
Costumi | Lluc Castells
Video | Franc Aleu
Luci | Marco Filibeck
CORO e ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA
Personaggi
Marquise de Marteuil | Allison Cook
Vicomte de Valmont | Robin Adams