Sette sono gli anni di carcere che rischiano i quattro soci di un’azienda hi-tech di successo, per una serie di reati finanziari.
Convocati dall’amministratore delegato Marcello, tra una birra e un tiro a biliardo (scenografia di Francesco Ghisu) devono elaborare una strategia che riduca al minimo il danno per il futuro dell’attività.
Se uno solo si sacrifica effettuando il bonifico che lo incastrerà agli occhi della Guardia di Finanzia che l’indomani effettuerà le verifiche, si eviterà il fallimento e la gogna per tutti. In fondo, 7 anni passano presto …
Ma, come fare a decidere chi sarà il capro espiatorio? Tirando a sorte? Oppure designando colui che svolge una funzione meno nevralgica? Oppure, sacrificando l’unica donna poiché il carcere femminile è meno pericoloso per l’incolumità fisica?
Non riuscendo a trovare l’accordo per fissare un criterio, i quattro convocano un mediatore.
Sereno e sorridente, Giuseppe fungerà da facilitatore, facendo emergere i conflitti e le animosità nascoste nelle pieghe di un’ipocrita amicizia. Invitandoli a scegliere un pezzo degli scacchi che li rappresenti e con cui si identificano, ne provoca le mosse fino allo scacco matto.
Lucido e competente, Marcello si ritiene il pilastro dell’azienda e della famiglia, cui non può far mancare la sua presenza e indica l’estroverso ed estemporaneo responsabile commerciale Carlo come colui cui si può rinunciare, capace solo di portare a pranzo i clienti. Carlo però ne svela la meschinità umana per la lunga relazione con Veronica, che ha iniziato ad alterare i movimenti contabili seguita in breve da tutti gli altri e che, in questo frangente, ricatta Marcello minacciando di rivelare alla moglie la loro relazione. Il quarto socio, Luigi, è psicologicamente vulnerabile e facilmente condizionabile ma è il genio tecnologico dell’attività che, senza di lui, crollerebbe.
Torre bianca, torre nera, alfiere bianco, cavallo nero si muovono sulla scacchiera, ciascuno attaccando e difendendosi.
La soluzione arriverà da sé, risolutiva e burlesca.
Giorgio Marchesi è il composto e perbenista Marcello, Massimiliano Vado lo sbruffone e dirompente Carlo, Serena Iansiti la tenace Veronica responsabile della contabilità, Pierpaolo De Mejo il dimesso responsabile delle tecnologie Luigi. Angelo Iannace svolge in sordina la funzione di mediatore.
Diretto da Francesco Frangipane, lo spettacolo cattura l’interesse per l’analisi dei caratteri e la tensione dell’impianto, pur con qualche cedimento di ritmo. Scrive nelle note di regia: “Gli interrogativi mi permettono di indagare ancora una volta come nei miei precedenti lavori, sulla psiche dell’essere umano. Sui quattro soci, amici, amanti, vittime/ carnefici di questo gioco al massacro ma anche sul mediatore, la figura naïf venuta dall’esterno e che li deve aiutare a decidere chi andrà in carcere, che se da un lato è la voce dello spettatore dall’altro è colui che aiuterà lo spettatore stesso a trovare le risposte a quei perversi interrogativi. L’epilogo beffardo è l’occasione per rendere ancora più tragica la condizione dei protagonisti e per permetterci di proiettarci oltre la situazione stessa, oltre l’immaginabile, lì dove neanche il testo arriva e dove invece deciderà di arrivare lo spettatore”.
L’adattamento teatrale è tratto dal film di Roger Gual trasmesso da Netflix, su soggetto e sceneggiatura di José Cabeza e Julia Fontana, con la traduzione di Enrico Janniello.