di Juan Carlos Rubio
traduzione Giorgia Maria D’Isa in collaborazione con Pino Tierno
regia Fabrizio Falco
scene e costumi Eleonora Rossi
luci Vincenzo Bonaffini
musiche e suono Angelo Vitaliano
con Laura Marinoni e Fabrizio Falco
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
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Fabrizio Falco e Laura Marinoni, dopo il successo di Fedra (prodotto da ERT nel 2015), tornano insieme in scena con Arizona, testo di Juan Carlos Rubio, prolifico drammaturgo spagnolo, sceneggiatore e regista di teatro e cinema. Una storia più che mai attuale, che punta i riflettori sui conflitti al confine tra USA e Messico, specchio e misura della violenza dilagante nel mondo occidentale.
George e Margaret sono una stramba coppia americana, lei con il mito di Julie Andrews, lui calato nel suo rassicurante machismo. I due si trasferiscono nel deserto dell’Arizona perché fanno parte del progetto ‘Minute Man’, una milizia civile creata a partire dal 2004 negli stati Uniti con il compito di difendere i confini dai pericolosi vicini del Sud e rendicontare gli ingressi illegali dei migranti.
Un progetto equivoco i cui dettagli sono poco chiari – come affermano gli stessi personaggi – sul quale non è permesso asserire nulla né dubitare. Un rigido e ossessivo schema di regole governa la vita quotidiana di George e Margaret e si rispecchia nel loro matrimonio, pieno di follie e nevrosi, bizzarre passioni e falsità.
Dalla cinica ironia dei dialoghi, intrisi di patriottismo americano e bigottismo, traspare una tematica ben più ampia, che va oltre i confini dell’Arizona e che giunge fino a noi: la paura costante della diversità, il terrore dell’invasione dello straniero. «Loro vengono a rubare tutto ciò che è nostro… A toglierci la casa… Il lavoro… Ad assassinare i nostri figli e a violentare le nostre figlie», afferma George. «Questa nazione ha innalzato le sue fondamenta su una base di solidarietà».
Un umorismo surreale e grottesco serpeggia in tutto il testo. Le parole qui sono un fattore d’incomprensione, ma anche di abuso di potere, praticato a partire dall’interno della coppia. Una durezza verbale che produce distanza e isolamento in una situazione di costante sospetto.
Il mondo esterno, che lo spettatore non vede mai, si presenta solo attraverso una radio, dalla quale fuoriescono melodie di musical americani e notizie preoccupanti che sembrano scivolare addosso ai personaggi. È un contesto apparentemente rassicurante, quasi da sceneggiato a colori, che si sgretola pian piano quando Margaret comincia a porsi troppe domande: la commedia si trasforma così in una tragedia cruenta.
Il testo di Juan Carlos Rubio, scritto nel 2005 si rivela profetico. Dodici anni dopo, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di costruire un muro che separa il suo paese dal Messico. In Europa e nel mondo il rigurgito di intolleranza per le differenze e la tragedia dei migranti rendono Arizona un racconto attuale, che tuttavia non sfocia nella cronaca, muovendosi con grande equilibrio sia in una dimensione realistica che nella finzione distopica. Un testo che ci interroga e ci lascia riflettere sul nostro conformismo, le nostre responsabilità, le nostre fobie e le nostre miserie.
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Note di regia di Fabrizio Falco
Sin dalla prima lettura, il testo Arizona di Juan Carlos Rubio espone riferimenti chiari al teatro dell’assurdo e al teatro musicale. Tuttavia, il realismo è il faro guida della mia idea di regia. Pur nel rispetto assoluto dello sviluppo narrativo, il carattere apertamente teatrale, nei suoi spigoli più esteriori, viene smussato, con l’intenzione di dare maggiore risalto alle dinamiche di relazione così ben delineate. Ho cercato di non dare niente per scontato, guardando i protagonisti George e Margaret come persone e non come personaggi. Ciò permette di creare maggiore empatia negli spettatori, coinvolgendoli nel destino, nelle scelte, nelle vite delle figure in scena.
La mia convinzione è che proprio il filtro della teatralità debba essere gradualmente abbattuto, in funzione di un linguaggio più diretto e più vicino all’esperienza di noi tutti. Nel momento in cui i conflitti che vediamo in scena appaiono affini ai nostri, il palcoscenico si trasforma in uno specchio della realtà, nel quale riconoscersi.
Una storia aspra di dipendenza reciproca, di un rapporto coniugale patologico frutto di una società malata, impaurita e intollerante. Basta guardarsi intorno per accorgersi quanto tutto questo sia vicino a noi.
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Juan Carlos Rubio
Diplomato alla Real Escuela Dramática di Madrid, la prima vocazione artistica di Juan Carlos Rubio è per la recitazione: terminati gli studi, prende infatti parte a numerosi allestimenti e a fiction televisive. Dal 1992 alterna l’attività di attore a quella di autore di serie tv.
Nel 1997 scrive la sua prima opera teatrale, Esta noche no estoy para nadie. Seguono poi testi di grande successo El bosque es mío, Las heridas del viento, Humo (Premio SGAE 2005), Arizona, i cui allestimenti vedono lunghe tournée in Spagna. I suoi lavori messi in scena in Perù, Cile, Stati Uniti.
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TEATRO ELFO PUCCINI, sala Fassbinder, corso Buenos Aires 33, Milano – Mar/sab 21:00, dom 16:30 – Durata: 1 ora e 10 minuti – Prezzi: intero € 33 / martedì posto unico € 22 / rid. giovani e anziani €17,50 / – Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – www.elfo.org
Tournée 2019/2020
3 dicembre 2019, Auditorium Rita Levi Montalcini – Mirandola