Sulla carta, I giganti della montagna di Luigi Pirandello, diretto e interpretato da Gabriele Lavia ha tutti i numeri per sembrare un musical di portata mastodontica, con le musiche suggestive – ma affatto “ballabili” – di Antonio Di Pofi, i costumi di Andrea Viotti e le coreografie di Adriana Borriello; dal vivo dà piuttosto l’impressione di un colossal, una produzione che comunque non può trovare appellativo più adeguato di “mastodontica”.
La scenografia imponente, disegnata da Alessandro Camera, si specchia nelle architetture neoclassiche del Teatro Carignano di Torino: la platea e il palco si fondono nelle continue incursioni dei personaggi della finzione tra gli spalti della realtà. La folla amalgamata sul palcoscenico fa le veci di un pubblico ulteriore, accogliendo una compagnia di attori viandanti: l’incontro e il confronto tra un Teatro “Stabile” – quello degli abitanti di Villa Scalogna capitanati dal Mago Cotrone (Lavia) – e un Teatro vagabondo con una diversa idea della scena.
Per gusto del paradosso, Pirandello inserisce tra le fondamenta di un Teatro diroccato l’idea che l’arte attoriale possa e debba essere uno stile di vita, una causa, un percorso personale e collettivo di salvezza, opponendola alla convinzione degli attori-senza-dimora che la scena debba essere dominata dalla rigidità di un copione (sintesi e summa del Teatro italiano, che da Goldoni in avanti riflette sul concetto di un Teatro dell’Arte che spesso sfocia in quello del Teatro per l’Arte in se stessa: la produzione e i contributi per I giganti della montagna, non a caso, attraversano l’intera penisola).
Lavia porta in scena il Pirandello più ermetico, interpretandolo come un carnevale psicanalitico e individuandone la forte idea che il Teatro, la scena e la performance altro non siano he la manifestazione collettiva delle facoltà infinitesimali date dal confronto delle coscienze individuali: la contrapposizione di realtà e finzione diventa quindi contrasto netto tra ragione e follia, pensiero e sogno, morte e vita. Le facoltà di una “coscienza collettiva” teatrale possono esprimersi solo nella coralità della rappresentazione teatrale, curando quell’«anima sola con se stessa» cui accenna Lavia dopo appena una stagione dal suo struggente solo de I ragazzi che si amano.
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I giganti della montagna
di Luigi Pirandello
con Gabriele Lavia
e con Federica Di Martino, Clemente Pernarella, Giovanna Guida, Mauro Mandolini, Lorenzo Terenzi, Gianni De Lellis, Federico Le Pera, Luca Massaro, Nellina Laganà, Ludovica Apollonj Ghetti, Michele Demaria, Simone Toni, Marìka Pugliatti, Beatrice Ceccherini, Luca Pedron, Laura Pinato, Francesco Grossi, Davide Diamanti, Debora Rita Iannotta, Sara Pallini, Roberta Catanese, Eleonora Tiberia
regia Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Antonio Di Pofi
luci Michelangelo Vitullo
maschere Elena Bianchini
coreografie Adriana Borriello
produzione Fondazione Teatro della Toscana in coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Biondo di Palermo
con il contributo di Regione Sicilia e con il sostegno di ATCL – Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio, Comune di Montalto di Castro, Comune di Viterbo