uno spettacolo di e con Davide Gasparro
drammaturgia Paola Ornati e Davide Gasparro
scenografia Flavio Pezzotti | costumi Eleonora Rossi
luci e tecnica Mattia De Pace | suono Elena Rivoltini | regista assistente Jacopo Sorbini
management e distribuzione Theatron 2.0
produzione BezoarT
in collaborazione con Fondazione Paolo Grassi – La voce della cultura
con il supporto di Amuranza e Festival della Valle d’Itria
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Paolo è un progetto della compagnia BezoarT sulla figura di Paolo Grassi nell’anno del centenario della nascita (1919 – 1981). Non uno spettacolo documentale, non uno spettacolo didascalico: piuttosto una fotografia di uno straordinario uomo prima ancora che un memorabile lavoratore dello spettacolo, Paolo, appunto, prima ancora che Grassi. Nella volontà di riflettere su questa figura, la drammaturgia pone in primo piano aspetti che la avvicinano a noi persone di oggi: abbiamo voluto cogliere un denominatore comune al suo operato, cercando di farne materia universale per parlare a tutti, soprattutto coloro che non lo conoscono.
Come si fa a essere punto di riferimento della vita culturale di un paese per cinquant’anni? Come si fa a gestire il potere che viene dato da una posizione di prestigio, bilanciando privilegi e vincoli cui questo potere è sottoposto? Come si fa a essere infaticabili lettori attenti del proprio presente sempre in cerca di nuove soluzioni? In sostanza: perché è così importante fare bene il proprio mestiere?
Davide Gasparro, regista e attore in scena, coadiuvato dal lavoro di analisi e drammaturgia di Paola Ornati, mette insieme le voci, le testimonianze e i fatti, per comporre, dal nostro presente, il racconto della straordinaria avventura di vita di un uomo prima ancora che di un operatore culturale, per mettere in primo piano la forza, la potenza e l’attualità del suo messaggio e del suo insegnamento, attraverso le parole. Davide Gasparro si è messo “a disposizione” delle parole di Grassi e, come una sorta di officiante di un rito laico, ha prestato il suo corpo per testarne ancora la validità. Più che offrire una rappresentazione, lo spettacolo misura minuto dopo minuto la distanza da quelle idee, ora più attuali, ora più inquadrate temporalmente, cerca passo dopo passo di colmare il quarantennio che ci separa dalla morte di Grassi. Certo, a parlare è comunque Paolo, ma ripulito da ogni intento mimetico.
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NOTE DI REGIA
di Davide Gasparro e Paola Ornati
Conoscere Paolo Grassi è relativamente facile: c’è molta bibliografia pubblicata e negli anni molte sono state le iniziative volte a far conoscere l’operato e il pensiero di questo straordinario lavoratore dello spettacolo. Fondatore del Piccolo Teatro assieme a Strehler, sovrintendente della Scala, presidente RAI, uomo di editoria, ma anche regista, cronista teatrale e molto altro, Grassi è stato uomo di cultura a trecentosessanta gradi e per raccontare tutta la sua esperienza di vita e lavoro non basterebbe un singolo spettacolo. Quando abbiamo cominciato a pensare al nostro lavoro su di lui ci siamo posti subito un interrogativo: cosa raccontare di Grassi? Cosa scegliere tra le molteplici attività, i molteplici interessi? Un aspetto è stato subito chiaro: non potevamo raccontare tutto, una selezione andava operata.
Questa premessa di metodo ha orientato anche la scelta del materiale. Nella selva di informazioni, aneddoti, testimonianze, abbiamo selezionato solo ciò che proveniva dalla viva voce di Grassi: lettere, interviste, registrazioni audiovisive, tutto quel materiale, insomma, di cui potevamo avere certezza fosse stato detto o scritto da lui, senza filtri. Questo non per scarsa fiducia nelle testimonianze indirette, ma perché volevamo puntare quanto più all’essenza del suo pensiero.
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Abbiamo optato per la struttura del monologo, un flusso di coscienza che potesse ripercorrere alcune tappe fondamentali della vicenda biografica di Grassi, raccontate da un punto di vista particolare come quello della solitudine.
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Come portare in teatro tutto questo? Non volevamo proporre una imitazione, cercando magari un attore che riportasse sulla scena Paolo Grassi. Quello che ci interessava era mettere in primo piano la forza, la potenza e l’attualità del suo messaggio e del suo insegnamento, attraverso le parole. Dunque, perché non far interpretare quelle parole a un ragazzo, un giovane cronologicamente e esperienzialmente lontano da quella figura che stavamo cercando di evocare?
A sostegno della scelta di valorizzare a tutti i costi le parole, la parola chiave della messinscena è frugalità: uno spazio neutro, che ricorda un ufficio, che contiene solo gli elementi essenziali per far procedere la storia. Il suono è evocato, mai presente in maniera prepotente, come se fosse ricordato.
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Lo spettacolo è anche la storia di una forte amicizia, ovviamente: Paolo e Giorgio, Grassi e Strehler. […]
Due amici e due persone speciali, che hanno attraversato la vita e il teatro cementando il loro legame, seppur conoscendo alti e bassi. Come dice lo stesso Grassi, il loro «è stato un sodalizio difficile, talvolta difficilissimo, alle volte mi ha trovato sprovvisto di strumenti di comprensione, però è certamente un patrimonio affascinante, un patrimonio grandissimo che, vissuto giorno per giorno, può anche avermi talvolta logorato ma si è ritrovato nella sua globalità, da parte mia nei suoi confronti e penso da parte sua nei miei, enormemente cresciuto».
Legata a questa amicizia è anche la figura di Nina Vinchi, braccio destro, confidente, consigliera e poi moglie.
È inoltre presente Francesca, unica figlia di Grassi. Grazie alla sua disponibilità e alla fiducia che ha voluto dare al progetto abbiamo potuto accedere a molti aspetti che non conoscevamo della vita del suo straordinario padre.
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