A Lucca, Terzopiano arte contemporanea presenta fino al 26 gennaio 2020 la mostra dal titolo Every letter is a love letter. Questa si propone come una rassegna transgenerazionale declinate al femminile e dedicata alla visual poetry che pone al centro la scrittura intima.
La mostra si apre con il lavoro di una delle principali esponenti della scena verbo-visuale italiana: Anna Oberto (Ajaccio, Italia, 1934), che ha incentrato la sua ricerca artistica e letteraria sul linguaggio e sulla scrittura. Già nel Manifesto Femminista Anaculturale, redatto nel dicembre 1971, Anna Oberto si poneva la questione della scrittura femminile – non tanto quella letteraria ma quella del privato: “Liberiamo il linguaggio e libereremo la donna!” insieme alla possibilità di sperimentare una scrittura abitata dal «femminile».
Non si tratta solo di visual poetry ma di un atto di discorso che contesta la grammatica e l’alfabeto, il linguaggio si fa situato e femminilizzato e interrompe il “monologo della cultura patriarcale”. Nelle sue tavole e collage la scrittura è rigorosamente a mano, calligrafica, usata per ridare corpo alla parola.
E su quel dare corpo alla parola si inserisce la pratica artistica di Clarissa Falco (Genova, Italia, 1995). La giovane artista presenta una produzione di lavori che si articola a partire dall’idea di corpo. Corpi come “macchine desideranti’, oltre la distinzione tra soggetto e oggetto, privati delle proprie sembianze per diventare ingranaggi o parti meccaniche.
“Ovunque sono macchine, per niente metaforicamente: macchine di macchine, coi loro accoppiamenti, colle loro connessioni. Una macchina-organo è innestata su una macchina-sorgente: l’una emette un flusso, che l’altra interrompe. Il seno è una macchina che produce latte, e la bocca una macchina accoppiata a quella” (Deleuze e Guattari, Anti Edipo, 1972)
Falco sceglie il corpo femminile che viene traslato in elementi industriali creando una nuova grammatica sull’idea di forza legata al desiderio e alla femminilità.
La stessa soggettività femminile che si ritrova nei tessuti andini proposti da Marcela Moraga (San Fernando, Cile, 1975), un mezzo importante per trasmettere e preservare i tratti essenziali della vita di una società. La tradizione della tessitura è, infatti, al centro di tutta la comunità andina. I tessuti sono la superficie su cui le donne trasferiscono i dati relativi alla loro economia locale, ad incidenti storici ed ai valori estetici. L’artista cilena interviene su diversi tessuti usando feltro e ricami per illustrare un’altra storia, quella sui processi di estrazione dei minerali nella catena montuosa andina, causa della contaminazione e della siccità delle acque e dei conseguenti problemi sociali ed economici che colpiscono gli indigeni andini. Per la prima volta, viene presentata la serie completa, arricchita di due nuovi lavori realizzati in Toscana.