Magia onirica che conduce alla verità, alla responsabilità, alla pacificazione e all’addio, metafora di quello tacito di Shakespeare al teatro dopo questa commedia scritta nel 1610.
Il sogno di Prospero ha il suo epicentro in una biblioteca, luogo del sapere e dell’illusione, della parola e della conoscenza.
In una piccola isola del Mediterraneo il duca di Milano vive insieme alla figlia Miranda, qui relegato dal perfido fratello Antonio che lo ha deposto con la complicità del Re di Napoli Alonso. In questo rifugio ha imparato dai libri i segreti delle arti magiche, alle quali ha fatto ricorso per liberare lo spirito dell’aria Ariel, imprigionato in un albero dal sortilegio della strega africana Sicorace, il cui deforme figlio Calibano, unico mortale presente nel luogo, circuisce la giovinetta Miranda per ripopolare l’isola insieme a lei.
Mentre Antonio e Alonso tornano in nave da Cartagine, Prospero con l’aiuto del servo Ariel scatena una violenta tempesta che fa naufragare sulla costa i nemici, funzionali al suo progetto. Al defluire dei flutti si appalesa la biblioteca dalla cupa atmosfera grigio-azzurrognola, sovrastata da immagini cangianti di artisti successivi al Bardo, quali i surrealisti Bacon, Magritte e Dalí.
In questo contesto atemporale, i naufraghi entrano in scena su un tapis roulant, ignari l’uno della sorte degli altri, indossando abiti che spaziano dal ‘600 ai giorni nostri (giacca e cravatta o abiti alla francese in velluto e broccato e parrucche abboccolate) e reggono leggii recanti libri di cui leggono brani e strappano le pagine. Imponenti e magniloquenti, ma condannati a scorrere col movimento del nastro assecondando il gioco mentale della regia allucinatoria e illusionistica di Prospero, che squassa il suo antro incantato dove convergono il tempo e la storia, la giustizia e la magnanimità (scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta).
L’iperreale disegno luci di Gigi Saccomandi distorce scaffali e finestre e le installazioni video di Alessandro Papa fanno apparire figure animate dentro le cornici, che riprendono la forma originaria quando il mago placa la sua collera mentre la leggera figura di Ariel circonda il suo padrone di premure, incarnandone il doppio con una maschera che ne riproduce le fattezze, e il selvaggio Calibano (dalle identiche sembianze) esprime una recondita sensibilità elogiando la bellezza della sua terra.
Simbologie e allegorie attraversano tutta la rappresentazione. Le azioni umane basse e volgari sono tramutate dalla magia su un livello di percezione dove l’arroganza, la protervia e la corruzione non attecchiscono e la vita quotidiana è governata da miraggi e malie. Il potere della fantasia dotta e della lungimiranza visionaria di Prospero catapulta i suoi antagonisti in un tempo astratto e immobile che attraversa tutte le epoche e attinge al Novecento, gli ubriaconi Trinculo e Stefano si apostrofano in vernacolo napoletano (omaggio del regista alla versione del 1984 di Eduardo), Ferdinando e Miranda giovani e innamorati giocano a tennis e Giunone sugella questo amore sotto le raffigurazioni oniriche di Marc Chagall, giungendo dalla platea nelle sembianze sinuose di Marilyn Monroe.
Quando tutto è compiuto Prospero pronuncia un vibrante discorso di riconciliazione, scioglie gli incantesimi e invoca gli spettatori “che la vostra indulgenza mi liberi dalla mia poesia”.
In questa personale e sorprendente rivisitazione, il regista Luca De Fusco esaspera la permanente atemporalità inserendo nei dialoghi citazioni di altre opere dello stesso Shakespeare, in un gioco di rimandi e intrecci.
Incombe imponente la presenza di Eros Pagni dalla recitazione poderosa e vibrante e una vocalità dalle cangianti modulazioni. Gaia Aprea è strabiliante nella doppia versione dell’alter ego del mago, la dolce e ubbidiente Ariel e il sordido e riottoso Calibano, con i tratti somatici di Pagni e diversificati dalla postura e dall’intonazione, il bene e il male scaturiti dalla mente di Prospero. Sontuosa l’interpretazione corale di Alessandro Balletta (Francisco), Silvia Biancaluna (Miranda), Paolo Cresta (Sebastiano), Gennaro Di Biase (Stefano), Gianluca Musiu (Ferdinando), Alessandra Pacifico Griffini (Giunone), Alfonso Postiglione (Trinculo), Carlo Sciaccaluga (Alonso), Francesco Scolaro (Adriano), Paolo Serra (Antonio) Enzo Turrin (Gonzalo), accompagnati dalle musiche originali di Ran Bagno.
Dichiara il regista: “Dopo aver pensato questo personaggio di grande cultura, di grande capacità̀ immaginativa e che mi figuro da sempre immerso nei suoi libri, mi sono reso conto che il mio Prospero altri non era che mio padre, Renato De Fusco, emerito storico dell’architettura che, dal chiuso della sua biblioteca, ha raccontato, in decine di opere, edifici in gran parte dei quali non è mai stato, ma che ha avuto la capacità visionaria d’immaginare. È per questo che gli dedico questa mia regia in occasione dei suoi novant’anni”.