Da venerdì 6 a domenica 8 dicembre all’OFF/OFF Theatre di Via Giulia va in scena la pièce dedicata all’artista pugliese Pino Pascali. A cinquant’anni dalla sua prematura scomparsa la vita di Pascali è ricordata dalle tre serate a lui dedicate, con la messa in scena dello spettacolo “L’uomo che cammina nudo”. Sulla scena il giovane attore Mauro Racanati, diretto da Clarita Di Giovanni e Francesco Suriano, che hanno adattato il testo omonimo firmato da Anna D’Elia e hanno preso ispirazione dallo scritto “Discorsi”, di Carla Lonzi. Sullo sfondo c’è una Roma mai così centrale, esempio per l’arte in fermento e per la contemporaneità che andava formandosi. Una città-centro artistico ricco e vitale, descritto nei ricordi di chi l’ha vissuta, come un periodo fatto di vorticosi cambiamenti in cui passato e futuro si guardavano uno di fronte all’altro, sfiorandosi e sfidandosi.
È lui, l’uomo che cammina nudo, colui che impiega tutta la sua energia per creare il mondo adatto a sé. Mauro Racanati, attore protagonista, interpreta Pino Pascali e gli altri personaggi della storia: il Padre, la Madre, gli Artisti (Mambor, Kounellis, Giosetta Fioroni…), i galleristi e il produttore, Sargentini e Lodolo, gli amici d’infanzia e i diversi interlocutori: attrici, amici e nemici, i motociclisti rom e gli intellettuali di un’epoca d’oro che incrociò nel corso della sua pur breve vita. Nell’affrontare le testimonianze e i testi scelti per l’adattamento teatrale i registi Clarita Di Giovanni e Francesco Suriano, costruiscono otto quadri che prendono il via a partire dal 30 agosto 1968, giorno in cui il corpo di Pascali (1935-1968) giace in coma al Pronto Soccorso dell’ospedale San Giovanni di Roma. Poche ore prima ha subito un fatale incidente in moto finendo contro una parete nel tunnel del Muro Torto, appena due mesi dopo l’accoglienza alla travagliata Biennale veneziana sessantottina che lo aveva indicato come tra i più interessanti artisti della sua epoca. Nei dieci giorni del suo coma vigile Pascali ascolta il mondo che gli ruota attorno: dall’assistenza medica ai tanti amici e i familiari che affollano la corsia per avere notizie. Gli incontri, e a distanza le voci che affiorano, innescano un flusso di memoria in cui l’artista si confronta con gli interlocutori e se stesso nell’ultima settimana di vita.
A 50 anni dalla sua morte gli autori, nell’elaborare la drammaturgia di un artista così eclettico e divenuto con la sua morte prematura presto incline alla leggenda, si sono concentrati esclusivamente su quelle parti di testi e testimonianze che, rinviando all’opera, ne convalidassero l’essenza epistemologica rigorosa. Emerge quanto Pino Pascali fu artista esuberante nel superare i suoi stessi modelli, non collocabile nelle correnti dell’arte contemporanea solo come scultore, pittore o performer. Incomodo in quelle classificazioni in cui era costretto, ancora dure a morire in un’epoca da cui straripava, l’artista, quasi a capovolgere l’ironia che ne pervase l’opera, fu il più severo e rigoroso analista del suo stesso percorso.