Valter Malosti interpreta l’autore di “Se questo è un uomo”, il libro pubblicato da Primo Levi per raccontare e testimoniare il lager di sterminio di Auschwitz, dove era sopravvissuto grazie al fatto che i tedeschi lo avevano reclutato come chimico per avviare la produzione della gomma sintetica.
Malosti accoglie il pubblico occupando il centro del palcoscenico con una valigia in mano, in una posa che forzatamente rifiuta il movimento delle gambe, ma che riesce a concentrare una potente energia. Lo stile è quello del monologo drammatico, in cui ricorrono vari elementi: la centralità della voce narrante, luci (Cesare Accetta) ed effetti sonori in sincrono, una scenografia essenziale (Margherita Palli) e l’ausilio sapiente dell’amplificazione (G.U.P Alcaro), che conferiscono alla voce del narratore un effetto teatrale in senso pieno.
I suoni rutilanti e le brevi apparizioni di due bravi performer che, a tratti, escono dal buio come suggestive ombre di prigionieri, ricostruiscono tutta l’atmosfera del campo come una babele polifonica dove s’intrecciano lingue, minacce, ordini: il suono di una fanfara che accompagna ogni mattina i forzati al lavoro, la quotidiana lotta per vivere; il sonno irrequieto che fa sognare nella notte “sogni feroci e violenti”, l’orrore monotono del fango, l’esecuzione di chi, in quell’inferno di rassegnazione e d’annientamento, trova ancora il coraggio di cospirare e di resistere.
Una realtà che Valter Malosti, anche regista e autore insieme a Domenico Scarpa, descrive con una recitazione asciutta, pochissimo “teatrale” a sottolineare, nelle intenzioni degli autori, una dimensione “acustica” del testo, accentuata dal coro nei tre madrigali originali creati dal compositore Carlo Boccadoro, tratti dalle poesie che Levi scrive dopo il ritorno dal campo di annientamento, negli anni 1945-46.
L’ascolto collettivo di Levi in forma teatrale rispecchia la scrittura piana e vibrante dell’Autore, priva di morbosità, quindi ancora più efficace, che non si concede nessun cedimento neppure di fronte alla necessità di descrivere la terribile demolizione di un uomo. E proprio di fronte a questa difficoltà vengono in soccorso le parole di Dante Alighieri che aiutano a decifrare un luogo che appare come un mostruoso esperimento antropologico, e che rivela nel suo travaglio cosa sia connaturato e cosa sia invece acquisito nell’animo umano.