Era il 2003 e sugli schermi dei cinema di tutto il mondo arrivava una pellicola destinata a un successo strabiliante. School of rock, diretta da Richard Linklater con un fantasmagorico mai sopra le righe Jack Black, è una commedia divertente e “rockettara”. Niente poco di meno che Andrew Lloyd Webber decide di farne una versione musical che, al pari del film, incassa grandissimo successo di pubblico e critica sia a Broadway che nel West End.
La versione italiana arriva sui palcoscenici lo scorso inverno adattata e diretta da Massimo Romeo Piparo. Per interpretare il goffo, comico chitarrista e cantante rock che si finge un supplente per sbarcare il lunario viene scelto Lillo, Pasquale Petrolo, fisicamente e artisticamente affine a Jack Black. Sul palco con lui oltre trenta perfomer, quattordici dei quali ragazzi dagli 11 ai 14 anni direttamente provenienti dall’Accademia il Sistina, diretta dallo stesso Piparo. Musicisti straordinariamente capaci, i ragazzi che formano la band improvvisata che il supplente Dewey Finn mette insieme in una prestigiosa scuola fingendosi il suo amico e coinquilino Ned Schneebly dimostrano grandi capacità vocali e attoriali, conquistando il pubblico in sala a suon di rock. Musicalmente più ricco rispetto al film, il musical coinvolge e diverte alternando momenti di ilarità e siparietti esilaranti a scene emotivamente forti come la canzone Se solo mi ascoltassi, preghiera da parte dei bambini di essere ascoltati dai genitori nel difficile cammino dell’adolescenza.
In School of rock, forse per la prima volta sono i bambini ad insegnare qualcosa agli adulti, troppo impegnati a farsi la guerra o a conquistare il lavoro dei sogni per fermarsi ad ascoltare e comprendere i sentimenti dei propri figli. Tra mille peripezie e sotterfugi il finto supplente riuscirà a portare i piccoli allievi alla famigerata gara delle band, riscuotendo grande successo. Rispetto all’istrionica interpretazione di Jack Black, sul quale fra l’altro era stato disegnato a pennello il ruolo di Dewey, quella di Lillo sembra un po’ troppo stereotipata, costretta, forse per indicazioni registiche. Un plauso particolare merita senz’altro Vera Dragone, interprete della solo apparentemente ingessata preside Mullins che passa dalla Regina della Notte de Il flauto magico di Mozart a Che fine ho fatto?, una delle canzoni più riuscite del musical.
School of rock è nel complesso un musical di forte impatto scenico, godibile soprattutto per la giovane età di metà dei suoi interpreti, coinvolgente e “rockettaro” al punto giusto.