Sul ponte di una nave due giovani tentano maldestramente di risolvere i loro problemi esistenziali in modo disperato, non riuscendo più a capirsi e a perdonarsi. Inizia il flash back degli eventi che li hanno condotti a quel momento.
Nella Palermo degli anni cinquanta Maria, timida e impacciata, incontra Tonino cantastorie dalle grandi aspirazioni che, accertate le qualità canore la incita a unirsi a lui per creare un duo canterino che percorra la penisola, come “eroina di tutte le femmine musicali”, poiché “l’artista è colui che intraprende la sua scalata verso il successo”.
Il ragazzo è risoluto, la proposta è allettante e Maria è una sognatrice. Sottratte diecimila lire al padre, inizia la “fuitina” musicale, convinta, come sostiene il giovane “che la felicità va conquistata”.
Superato lo stretto, si apre un mondo di possibilità. Attingendo al patrimonio della tradizione popolare regionale, il duo si esibisce nelle piazze. Maria è versatile, canta e balla la taranta, la tarantella e tutti i ritmi popolari e Tonino l’accompagna suonando la chitarra e la fisarmonica.
Puglia, Calabria, Campania, Abruzzo, Lazio e via via tutte le regioni, ciascuna con il proprio repertorio dialettale e canzoni d’autore portate al successo dai cantanti melodici.
Il sodalizio musical-sentimentale, attraverso scaramucce e gelosie conduce sempre più a nord, fino alle guglie del duomo di Milano, le gondole di Venezia e le cime delle Dolomiti, mimando e sceneggiando canzoni famose, inseguendo un sogno che li innalzi … fino alle stelle!
E poi, fino a Hollywood, all’America degli emigranti che corona tutti i sogni di gloria. O no? Li ritroviamo sulla nave, a battibeccare proseguendo il viaggio alla ricerca della propria mappa interiore, scandagliando desideri e valori, passioni e sentimenti.
Agnese Fallongo e Tiziano Caputo propongono un itinerario musicale attraverso la cultura popolare, i dialetti, gli usi e le tradizioni del nostro paese con brio e creatività istintiva, senza indulgere al macchiettismo e al dejà vu.
Inframmezzando con scaramucce amorose e punzecchiature ironiche, mimano situazioni che suggeriscono il contesto e l’atmosfera con alcune invenzioni sceniche di pregevole effetto, come i sobbalzi dello sgangherato pulmino abbracciati alle valigie di cartone all’inizio della fuga o il corteggiamento dello spasimante Spartaco a Roma la cui figura è evocata con estrema efficacia con un braccio infilato nell’impermeabile appeso che la Fallongo anima con grande maestria, la serenata molisana e gli stornelli romaneschi fino alle luci e le paillettes dei vestiti di scena dei palcoscenici americani.
I due protagonisti hanno raggiunto una maturità artistica e un affiatamento personale e professionale che trova piena espressione in questo spettacolo divertente, lieve e ben calibrato, frutto di una attenta ricerca storico-musicale e una stesura dei testi genuina, lontana dagli stereotipi, tracciando un caleidoscopico affresco nazional-popolare. Recitano, suonano e cantano in totale sintonia, calibrano gestualità ed espressività nel susseguirsi dei canti popolari dialettali, ritagliandosi uno spazio artistico in cui il loro talento fluisce con garbo e naturalezza.
La regia di Raffaele Latagliata asseconda la fluidità del racconto e la versatilità degli interpreti nel loro viaggio umano e musicale.