Paola Berselli e Stefano Pasquini: moglie e marito, attrice e attore, contadina e contadino, in una parola le Ariette. Nel 1989 i due emiliani fondano la compagnia in un piccolo podere nelle coline a sud-ovest di Bologna, legando indissolubilmente l’arte teatrale all’arte contadina. Lavorando la terra e coltivando il grano danno forma a spettacoli unici nel loro genere, creando un’atmosfera conviviale con gli spettatori, facendoli entrare nel cuore della loro casa e della loro vita in un modo molto particolare.
Dopo uno spettacolo a Ravenna e una tournée in Francia, le Ariette replicano a Bologna Trent’anni di grano. Una veglia immaginata per Matera 2019. Lo spettacolo si inserisce nella programmazione LabOratorio curata da Mismaonda e va in scena nella suggestiva location dell’Oratorio San Filippo Neri. All’entrata veniamo invitati a lasciare cappotti e sciarpe per accomodarci meglio sulle sedute davanti le quali una bassa tavolata a ferro di cavallo è accuratamente apparecchiata per ognuno degli spettatori. Le candele che avvolgono la tavolata conferiscono ancora più magia alla scenografia naturale dell’Oratorio, creando già l’atmosfera distesa e rassicurante entro la quale si inserisce come una carezza la voce vellutata di Paola Berselli, che legge il diario scritto con il marito dal 18 giugno, giorno del loro trentesimo anniversario di matrimonio, al 21 settembre. Mentre in sottofondo corre una versione strumentale dell’intramontabile Summertime, Stefano Pasquini prende una pagnotta dopo l’altra, la stende accuratamente con il mattarello e con un apposito stampo crea le tigelle, cucinate subito dopo nel fornetto dallo storico collaboratore della compagnia, Maurizio Ferraresi.
Voce e corpo, parola e azione: Paola e Stefano sono l’una lo specchio dell’altro, in questa fedele e accurata narrazione che unisce la preparazione delle tigelle a racconti di vita vissuta. Il grano è il focus intorno al quale la Berelli racconta il matrimonio, creando suggestive immagini e poetiche allusioni, mentre il profumo inconfondibile di tigelle appena cotte inizia a diffondersi tutto intorno. «In mezzo ai campi selvatici delle Ariette siamo stati costretti a rinascere nuovi, diversi, più veri di fronte a un cielo indifferente ai nostri destini, più piccoli, molto più piccoli di prima, granelli di polvere nei campi d’estate. La gioia è sbocciata come un regalo improvviso in mezzo alla fatica, al sudore e alla bellezza di una valle selvatica che è diventata il nostro mondo».
Si percepiscono tutte queste sensazioni, tutti questi ricordi, nei racconti di Paola e Stefano, narrati agli spettatori come ai propri cari, insegnando loro come far uscire i chicchi di grano dalla spiga in un donarsi che si percepisce ancor di più quando i tre si distendono sul pavimento ricoperto d’orzo, in una metaforica contemplazione di quel cielo che costituisce l’inizio e la fine di tutte le cose. Naturalmente poi si raccolgono i frutti, che in questo caso vuol dire assaporare insieme, come una piccola e intima comunità casuale, le calde tigelle accompagnate da salumi, formaggi e sottoli innaffiati da un buon vino rosso mentre si conversa amabilmente. Il Teatro delle Ariette arriva al cuore passando per la mente e anche dallo stomaco, chiudendo per un attimo fuori il tempo, regalando una tenera coccola che riscalda e rigenera.