È inserito nella stagione teatrale del Café Müller 2019-2020 MaMé – Tentativi vergini di stare al mondo, e questo è il primo spettacolo che riesco a vedere. Il Café è uno spazio che amo, mi piace fare la scala che porta dapprima in una sala anfiteatro, usata soprattutto per le conferenze. Questa volta la sala ha il compito di raccogliere gli spettatori, a cui viene offerto un caffè da due giovanissime ragazze straniere. Immagino frequentino la scuola di circo a Grugliasco, e la loro gentilezza accompagnata al loro quasi timido sorriso, fanno già clima.
Il pubblico è abbastanza numeroso, riempirà completamente lo spazio, eccitato da ciò che l’aspetta ma in modo calmo, tranquillo, non rumoroso. Ci sono tutte le fasce di età, ma sono in particolar modo donne. Quando è arrivato il momento, siamo invitati a scendere nella sala grande. Ancora pochi gradini ed accediamo in uno spazio che ha, secondo me, la grande peculiarità di adattarsi a qualsiasi tipo di spettacolo venga proposto, a parte (forse) le grandi produzioni che richiedono complesse scenografie. Le sedie sono mobili e senza numero, significa che ognuno può scegliersi il posto che desidera compatibilmente con il momento di arrivo. Comunque la visuale e l’acustica sono ottime anche per gli ultimi arrivati. Questo aspetto è importante perché alcuni spettacoli – e quello di stasera ne è un esempio – richiedono una certa intimità fra pubblico ed artisti, e qui si riesce immediatamente ad instaurare una complicità fra chi guarda e chi propone.
Di questo spettacolo e di queste attrici non sapevo praticamente nulla, e sono rimasto piacevolmente sorpreso di scoprirmi elemento attivo nel finale, ad applaudire convinto le due interpreti e a farle tornare più volte in scena.
Scenografia essenziale, due-tre sedie ed un porta chitarra, costumi favolosi: indossavano due abiti lunghi e bianchi, tipo quelli da sposa e li ho trovati giusti e geniali. Musica fatta in casa, nel senso che suonavano e cantavano canzoni loro, chitarra e fisarmonica che diventavano altro in una recitazione divertente ma mai banale. Le due attrici fisicamente sono simili, anche se in realtà molto diverse. Mé (Ivana Messina) – la cantante che suona la chitarra – ha una voce potente che ricorda Gabriella Ferri ed un grande presenza scenica, appare insicura ed alla ricerca di risposte. Ma (Martina Spalvieri) – la fisarmonicista – ha anche lei una bella voce e riveste il ruolo di madre-amica che consiglia in modo saggio e premuroso. Insieme raggiungono una complementarietà davvero interessante. Insomma hanno trovato un buon modo per esprimersi in tutte le loro potenzialità. E sono molte.
MaMé – tentativi vergini di stare al mondo è un condensato di umorismo e riflessioni amare sulla vita che mi fanno pensare a Giorgio Gaber e alla Ferri di “Dove ‘stà Zazà”, ai Café Chantant del secolo passato e all’attacco di una poesia di Giovanni Pascoli: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”.
Ed è nuova questa complicità divertita di due ragazze, non più giovanissime, che fanno i conti con una realtà comunque diversa di come la si sognava, con ciò che si aspetta da te, da ciò che tu ti aspetti dagli altri. È una sorta di dialogo a due, dove i personaggi cambiano a seconda delle situazioni, e per fare ciò non è necessario cambiarsi d’abito, truccarsi o altro. Basta il gioco, voglia di stare insieme e scoprire che le domande che ci facciamo sulla vita non sono poi così nuove. Tutti viviamo le stesse contraddizioni.
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MaMé – tentativi vergini di stare al mondo – “è un gioioso gioco di specchio riflesso dal quale emerge la fatica di adattarsi al sistema, conformarsi alle sue regole, forzare compromessi indigesti. Una secchiellata di sottile anarchia, ironia e passione perché “ che sia in parola o in canto non potrò mai rinunciare fino in fondo al mio sogno di essere completamente me. Anzi MaMé.
Trattasi del battesimo teatrale di una collaborazione nata intorno ad una serie di brani originali di Ivana Messina impreziositi dagli arrangiamenti e dalla fisarmonica di Martina Spalvieri e presentati nell’ultimo anno in diversi locali del territorio torinese e non.
Man mano che procedevamo nella presentazione dei nostri concerti – scrivono le autrici ed interpreti – l’elemento teatrale del nostro stile si accentuava sempre di più e pian piano ci siamo rese conto che ci sarebbe piaciuto andare verso uno spettacolo che stesse in bilico tra la performance teatrale e il concerto”: ed è cosi che i brani recitati da Ivana Messina si incontrano a metà strada con le partiture musicali di Martina Sparvieri per un unicum di parole e note dal quale emerge la fatica di adattarsi al sistema, di conformarsi alle sue regole, di forzare compromessi indigesti. Il tutto arrivando a sposare la causa di una sottile anarchia, condita da ironia e passione, ineludibile condizione per affermare l’esigenza di non poter mai rinunciare al sogno di essere completamente se stessi. «accentuava sempre di più e pian piano ci siamo rese conto che ci sarebbe piaciuto (come già accaduto in Padrenostro) andare verso uno spettacolo che stesse in bilico tra la performance teatrale e il concerto“.
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di e con Ivana Messina e Martina Spalvieri
produzione Associazione Kulturscio’k
Ivana Messina recitato, chitarra e voce
Martina Spalvieri recitato, fisarmonica e cori