Scrittrice, regista teatrale e interprete, Maria Inversi ha all’attivo una vasta produzione di racconti, poesie, saggi e una drammaturgia che indaga l’universo femminile in monologhi introspettivi e testi che focalizzano tematiche in cui le donne sono eroine e vittime di disagio sociale, emarginazione, faide, guerre.
Autrice e regista di questa messinscena in prima assoluta, traccia la figura di Francesca Morvillo, moglie del giudice Falcone, intelligente, colta, sensibile, riservata, capace di vivere in equilibrio tra impegno professionale e relazioni affettive.
Sul palcoscenico buio un ammasso di piume colorate è sospeso su un’altalena, mentre una donna illuminata di spalle sussurra riflessioni sulla solitudine ricordando i tanti che l’amarono. Fantasmi che sfumano tra impossibilità e rimpianti lasciando una scia di odori, stagioni felici e colori autunnali che si stempera in domande senza risposta.
Avanzando verso il proscenio evoca i sentimenti per la famiglia e il legame con Giovanni, con cui vive intensamente ogni momento, spostando avanti la vita ogni giorno, facendo progetti per il futuro lontano da Palermo, liberi e felici.
L’esplosione, le macerie. In quell’attimo Francesca rivive l’intera esistenza, il padre patriarca severo e giudice integerrimo, il fratello che l’ha supportata, le amiche complici di momenti spensierati e colleghe al Tribunale dei minori, il matrimonio celebrato in una notte stellata di maggio, quando fioriscono i mandorli e le rose.
È stata dolce la vita di Francesca che amava il buon vino, il teatro e la musica, le fughe al mare delle Eolie e della Grecia, in una pulsione di vita che sospendeva il tempo.
Le si rivolge un uomo, instaurando un colloquio da cui scaturiscono varie tematiche: etica professionale, relazioni familiari, svaghi. Francesca risponde, sviscera, contrattacca e spiega. Emerge il profilo di una donna scevra da compromessi, borghese, innamorata di un uomo affascinante con cui condivide la visione del mondo e della responsabilità. Il ritratto intimista di un essere forte e fragile che affronta una vita complessa e meravigliosa in quella sua Palermo, città normanna dove i nomi delle vie erano scritti in greco, latino e arabo, dove nel 1848 nacque il primo Parlamento, dove viveva una cospicua comunità semita, città ospitale e fiorente di arti e commerci.
La scrittura di Maria Inversi è un getto di sensazioni, un affresco di emozioni che sgorgano impetuose nell’eterno presente in cui tutto si compie. Un gorgo di parole che suonano poetiche nell’esternazione di un’intimità protetta in un’esistenza blindata. Alle sue parole risolute e dolenti, fanno da contrappunto quelle idilliache della fanciulla piumata che creano ariose cesure.
Aglaia Mora, attrice palermitana di teatro, cinema e televisione, incarna con dolcezza e forza espressiva la figura intrisa di responsabilità umana e sociale di Francesca Morvillo. Vittorio Ciardo e Caterina Rossi sono gli altri interpreti.
“Nell’immaginare i personaggi femminili, non mi riesce di collocarli in spazi chiusi e claustrofobici come stanzucce, anche quando si tratta di monologhi – annota l’autrice -. La voce delle donne costretta per millenni a restare dentro case e cortili (ripensate anche a Almodovar, Garcia Lorca, Pirandello e tanti altri), necessita di un uno spazio-voce che, idealmente, ricostruisca la possibilità di raggiungere chiunque per quanto lontano possa trovarsi. Occupandomi spesso anche di figure femminili esistite e sconosciute, le ho a volte immaginate agire in no-land, luogo della memoria poetica per eccellenza. Riflettere sulla novità che gli anni sessanta hanno consacrato al teatro contemporaneo mi ha portata all’esigenza di immaginare un teatro sempre più povero di scenografie e sempre più ricco di energia umana”.
Presso il botteghino si può acquistare il testo edito da La Mongolfiera Editrice.