Da circa un anno questo esilarante spettacolo, prodotto nel 2019 da Marioletta Bideri per Bis Tremila, gira l’Italia e finalmente è arrivato anche al Teatro Rossini di Pesaro, pieno fino al soffitto la sera della prima.
Tre donne e un giovanotto hanno incatenato il pubblico, che non poteva perdere neanche una battuta, per quasi due ore, strappando risate e applausi a scena aperta.
Non ci si poteva distrarre e non ci si voleva distrarre, perché battute argute e pungenti si susseguivano a raffica, tic e fobie si manifestavano all’improvviso, gag ed espressioni dialettali gonfiavano la tensione e i differenti caratteri si incrociavano e si sovrapponevano senza mai confondersi tra loro.
Il plot è leggero, ma il testo è scritto con sapiente ironia e calca la mano sulla caratterizzazione dei personaggi: Elvira è la segretaria tuttofare del sindaco, Vicky la moglie svampita del sindaco, Antonia la professoressa supplente affetta da sindrome di Tourette, che sta aiutando il figlio del politico a laurearsi, e un giovane attore bello e squattrinato che le tre donne ingaggiano come avversario politico del sindaco.
Maria Grazia Cucinotta, in minigonna o con lunghi abiti di paillettes oro brillante o con vestaglie sontuose bordate di piume, è Vittoria, ma si fa chiamare Vicky, la bella, ricca e vistosa moglie del sindaco, amante del gossip in tv e dello shopping, consapevole del suo ruolo di prima donna finché non scopre di essere stata più volte tradita dal marito, perciò vuole vendicarsi; Vittoria Belvedere con occhiali da vista, capelli corti, abiti modesti, aria spaesata, sacrifica il suo bell’aspetto per interpretare Antonia, la nevrotica insegnante ligia al dovere e alle regole che deve gioco forza trasgredire per non perdere il posto e non ce la fa più; Michela Andreozzi è perfetta nel ruolo di Elvira che tutto sa, tutto vede e tutto risolve, ma che è stanca di fare senza nulla avere. Tre donne che dipendono in modi diversi dallo stesso uomo, l’unico ad avere visibilità e importanza presso la gente, ma che in palcoscenico non compare mai.
Vi lascio immaginare cosa succede quando tre donne arrabbiate si mettono insieme con l’intento di demolire l’oggetto del loro malessere e della loro rabbia.
Non danno in escandescenze, ma tramano, ahimé.
Ingaggiano un giovane attore, interpretato dal bel Marco Zingaro, e lo manipolano, lo scrostano, lo ripuliscono, lo raffinano, lo manovrano, lo plagiano, lo istruiscono, lo sistemano, lo preparano, lo forgiano, fino a farlo diventare sindaco sbaragliando l’altro, ma alla fine lui si innamora della prof e non vuole fare il sindaco; per lui era stato solo un gioco, per cui si toglie la fascia e la fa indossare a Elvira, l’unica tra tutti in grado di occupare un ruolo di comando.
Se dietro un grande uomo c’è bisogno di una grande donna, la grande donna può benissimo occupare il posto del grande uomo senza aver bisogno di qualcuno dietro.
E le tre donne formano un partito chiamato “Figlie di EVA”, che è l’acronimo dei loro nomi: Elvira, Vittoria, Antonia.
La più determinata e la più attiva delle tre è Elvira, interpretata da una incontenibile Michela Andreozzi con una comicità seriosa, tipo Franca Valeri al telefono e Geppi Cucciari in qualche battuta, ma in realtà l’attrice ha una sua linea recitativa che non ammette pause o esitazioni, entra con naturalezza nel fiume di parole e di energia del suo personaggio, che è anche frutto della sua penna essendo coautrice del testo insieme a Vincenzo Alfieri e Grazia Giardiello, scatenando più volte risate e applausi a scena aperta.
Maria Grazia Cucinotta fa bene la parte della svampita alla Minni Minoprio e dell’ingenua alla Sandra Milo, pavoneggiandosi nei sontuosi abiti di Renato Balestra.
Vittoria Belvedere delinea perfettamente il carattere della docente problematica, piena di paure e desiderosa d’amore.
Ben dotato fisicamente e scenicamente, Marco Zingaro si presta a questo gioco delle parti con recitazione spontanea e versatilità d’azione.
Naturalmente non mancano sferzate alla politica in riferimento alla situazione attuale.
Ad aumentare la comicità sono i tic delle tre donne: la segretaria ripete spesso “Elvira sa, Elvira vede, Elvira risolve, o Elvira non risolve”, Vittoria ogni tanto cade in catalessi, Antonia impreca e inveisce in calabrese in stile Antonio Albanese (e questo non mi è piaciuto).
Originale la divisione del palcoscenico in tre ambienti senza divisioni concrete, ma con tre porte d’accesso una diversa dall’altra e con un solo elemento caratterizzante: una scrivania per la segretaria, una cattedra per la professoressa, un divano al centro per la signora. Originale anche l’dea di far scendere dall’alto cartelli luminosi indicanti l’ubicazione della scena. Scene di Mauro Paradisi.
I costumi di Laura Di Marco rispecchiano le professioni: rigorosi per la segretaria, casual per l’insegnante, scintillanti e provocanti per la madama.
Il regista Massimiliano Vado è riuscito ad imbastire uno spettacolo estremamente divertente, azione frenetica, ritmo serrato e brillante, grazie anche a degli ottimi attori in grado di entrare nel meccanismo comico con grande serietà.
Ci siamo divertiti moltissimo. Grazie.