Lunedì 13 gennaio, Teatro alla Scala
D. Mitropoulos | Tafì
G. Mahler | Rückert-Lieder
G. Mahler | Blumine
D. Sostakovich | Sinfonia n.9, op.70
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Direttore | Constantinos Carydis
Soprano | Magdalena Kožená
Filarmonica della Scala
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Buon anno e buona musica.
Forse puntando sulla voglia di novità che contraddistingue ogni inizio anno, la Filarmonica della Scala ha piazzato un giusto “colpo di stato” alla programmazione sinfonica del 2020.
Lasciati nel 2019 i brani sinfonici di tradizione ha presentato al suo pubblico di affezionati un programma a prima vista “sconvolgente”.
In mezzo al valore dei compositori in programma, il protagonista di serata si è dimostrato essere il direttore Constantinos Carydis, all’esordio sul palco milanese ma meritevole della fama che lo precede e si spera apprezzato abbastanza per futuri concerti.
Ad iniziare la serata un brano del direttore greco Mitropoulos dalle scarna e giovanile produzione compositiva, a commemorazione della sua scomparsa, sessant’anni fa, proprio sul podio scaligero.
Tafi (trad. sepoltura) è un brano di ispirazione biblica che meriterebbe maggiore diffusione per una atmosfera sacrale creata con pochissimo materiale che sboccia gradualmente in un fuoco spirituale.
Grazie anche alle sonorità quasi impercettibili, il direttore ha orchestrato un crescendo che ha avvolto gradualmente, giocando con la scarsa conoscenza del brano, il pubblico che si è ritrovato così intrappolato nel flusso orchestrale senza che se ne accorgesse.
In un gioco di collegamenti, la mutua nazionalità di Carydis e Mitropoulos e il compositore che Mitripoulos stava eseguendo prima di morire (era in programma la terza sinfonia di Mahler), i successivi Ruckert-Lieder, dal nome dell’autore dei testi da cui Mahler trasse ispirazione, sono sembrati quanto mai un collegamento prezioso ed azzeccato.
Lasciate le grandi sonorità sinfoniche, qui Mahler segue più la tradizione tedesca dei Lied cameristici, particolare ben sottolineato dall’interpretazione di Magdalena Kožená a suo agio nella scrittura mahleriana, data anche la recente collaborazione discografica con i Berliner Philharmoniker proprio su questi brani.
Pur con qualche mancanza dinamica che non ha completato il disegno musicale, i cinque Lieder si sono contraddistinti per una buona resa sonora.
Sfumature invece ben presenti nel successivo Blumine che hanno così permesso di enfatizzare maggiormente la conclusione di serata, in quello che è sembrato un programma a climax, la nona sinfonia di Sostakovich.
Esecuzione brillante e virtuosa dell’orchestra e del direttore stesso che ha dato mostra di poter variare adeguatamente nei vari generi espressi dai brani in programma sapendo cambiare anche il suo gesto e le sue richieste orchestrali.
Applausi meno convinti di quanto sarebbe stato auspicabile, malinconica dimostrazione che il pubblico tenda a voler sentire ciò che già conosce. Motivo per cui questi concerti, questi “colpi di stato” ancora più di altri ritenuti più appetibili, sono sempre più necessari per non impigrire il pubblico.
Prossimo appuntamento il 3 febbraio con la direzione di Ottavio Dantone in un programma che comprende Schubert e Haydn.