Difficile, difficilissimo per il 34enne Louis tornare a casa dopo 12 anni di assenza per informare la sua famiglia di essere malato e di essere vicino alla morte. Ma l’incomunicabilità, nonostante le parole si susseguano l’una dopo l’altra, incessantemente, è sovrana e Louis non riuscirà nel suo intento. Se ne andrà alla fine della giornata illudendo la sua famiglia sul suo prossimo ritorno, ma senza essere riuscito a rivelare nulla.
Esemplare dramma sull’incomunicabilità moderna, ma eterna all’interno della famiglia borghese, Giusto la fine del mondo, testo cult di Jean-Luc Lagarce, ancora il secondo autore più rappresentato in Francia dopo Molière, che non è mai riuscito a vedere in scene nessuna delle sue opere, intreccia la vicenda autobiografica dell’autore (scomparso prematuramente per AIDS a 38 anni) e l’invenzione letteraria scavando sulla necessità dei rapporti interpersonali.
Il testo diretto da Francesco Frangipane in scena al Piccolo Eliseo di Roma (repliche fino al 1 marzo) pone lo spettatore all’interno di un interno borghese nelle scene di Francesco Ghisu che diventano la prigione emotiva e reale di ogni personaggio, spesso isolato nei propri monologhi rispetto agli altri rivolgendosi direttamente alla platea grazie alle luci di Giuseppe Filipponio. Louis, interpretato da uno spaesato Alessandro Tedeschi, non si trova mai a suo agio e viene travolto dalle parole dei membri della sua famiglia che non conosce affatto. O che forse non ha mai conosciuto.
La sorella adolescente Suzanne, la logorroica Angela Curri, è esaltata dall’idea di riabbracciarlo fantasticando sulla sua presenza, anche di fatto non lo conosce affatto. L’incontro con il fratello maggiore, l’iroso Vincenzo De Michele, è quasi devastante perché Antoine mostra tutta la sua invidia attraverso il suo malessere e gli scatti d’ira.
Solo la cognata Catherine, la dimessa Barbara Ronchi, sembra essere più gentile e realmente disponibile nei confronti di Louis costretta però a gestire il marito.
La madre di Louis, l’ottima Anna Bonaiuto, si illude di avere ritrovato il figlio, cercando di appigliarsi ai ricordi del passato.
Nessuno però si sente conto che ciascuno è trincerato dietro lunghi monologhi di parole, parole, parole che non riescano a ritrovare il contatto con Louis che ormai rassegnato capisce di non poter parlare con la sua famiglia.
Ogni personaggio in realtà non riesce a relazionarsi concretamente con Louis perché di fatto è insoddisfatto della propria vita, frustrato dalla propria condizione.
Tragica parabola sull’impossibilità di comunicare realmente con le persone, anche e soprattutto con i membri della loro famiglia, Giusto la fine del mondo scatena inevitabilmente il confronto con la versione cinematografica del testo, il toccante È solo la fine del mondo nel 2016 scritto e diretto da Xavier Dolan: nella versione teatrale tutto appare più asciutto e totalmente giocato sul senso delle parole che delineano ogni personaggio e che cercano tristemente di colmare un vuoto, impossibile da colmare. Il ritmo dello spettacolo si adegua alla velocità delle parole che lasciano trapelare la tragica verità che appare sotto gli occhi di tutti costringendo ogni spettatore a fare i conti con sé stesso e con la qualità dei rapporti interpersonali che riesce ad instaurare. Info e biglietti su www.teatroeliseo.com