Intervista a cura di Il Granchio in Frack
“Il vento è ciò che
nel furioso divenire incessante
è ora come allora
impalpabile, invisibile, inconsistente eppure sempre presente.
Il vento è la linfa della vita è la carrozza dei pensieri…“
Voglio aprirla così quest’intervista, con l’inizio di una delle tue poesie, una tra le più belle facente parte della raccolta di giovani poeti intitolata Navigare edita Pagine nel 2016. Le tue parole sono come una fresca immagine, come una pennellata su tela bianca. Un complimento sincero detto da una che non ama particolarmente questo genere letterario, anzi, diciamo che le poesie non sono mai state nelle mie corde.
A proposito di corde…parliamo delle tue, quelle vocali intendo.
Scusa, mi son distratta un attimo, ma lo sai che i tuoi occhi sono azzurri come il Mar dei Caraibi?
“Veramente? Non ci avevo mai fatto caso…”
Claudio Giovani è piacevolmente irriverente, ironico e indubbiamente elegante. Tenore lirico (anche se lui preferisce definirsi ‘cantante crossover’ ovvero un artista versatile), Giovani è in grado di affrontare repertori classici e moderni in maniera così coinvolgente che se Julia Roberts fosse una delle sue spettatrici, le si aggroviglierebbero sicuramente le budella.
Claudio, quando hai iniziato a cantare?
“Uh. Da che ho memoria. Ho dei flash back di me a 3 anni: abitavo in un condominio con una corte interna e di tanto in tanto trasformavo quello spazio vuoto nel mio palcoscenico privato. La fantasia dei bambini non ha eguali, riuscivo a fare interi concerti cantando qualsiasi cosa e ricevevo persino dei complimenti da chi, richiamato dal mio canto, si affacciava a quelle finestre”
Come ha fatto la musica a diventare la tua preziosa compagna di vita?
“Alla fine della terza media erano già due anni che studiavo pianoforte e sapevo che la musica era la mia strada. Ma i miei genitori stabilirono delle regole: avrei potuto continuare a studiare al conservatorio solo se nel contempo, avessi proseguito gli studi anche in un altro istituto superiore. Fu ovviamente una scelta saggia, grazie a loro parlo fluentemente Francese, Inglese, Tedesco e Spagnolo, conoscenze che si rivelano sempre molto utili per affrontare progetti musicali all’estero.”
Quando cantare è diventato un lavoro?
“Nell’estate del 2000 un’amica di mia cugina (in ogni storia che si rispetti c’è una cugina), musicista anche lei, era in cerca di un cantante. Venni così ingaggiato per far parte di un trio. Feci tutte le date inserite nella scaletta di un programma musicale che aveva per teatro le più belle piazze del centro storico fiorentino. Dopo l’ultima esibizione decisi che avrei dovuto continuare la mia formazione di canto perché quella era senza ombra di dubbio la mia strada.”
Come si sceglie il genere di canto più adatto a te cioè, come fai a capire che è quello che ti appartiene?
“Ognuno ha il proprio dono. Ci tengo però che tu capisca che non è il canto che mi appartiene ma sono io che appartengo a lui. Il canto senza di me esisterebbe lo stesso ma io senza no. Sarei una persona mutilata. Studiare canto lirico è stata una mia scelta e all’inizio non avrei mai pensato di averne le capacità, è stata una piacevole avventura, una scoperta. Resta il fatto che il cantare è la cosa migliore di me, quella che mi porto dietro da tutta una vita; sono quasi certo di ricordare che la seconda parola dopo ‘mamma’ sia stata ‘Sanremo’. Mentre tutti andavano in giro con le magliette con su scritto ‘Sposerò Simon Le Bon‘, io giravo con ‘Io andrò a Sanremo‘ stampato sul petto. E detto tra noi Daniela, non ho ancora perso quella speranza. Ahahah.”
Qual è la tua opera preferita e che personaggi hai interpretato?
“Il mio ruolo preferito è Alfredo nella Traviata ed è anche quello che rappresento più spesso. Sono altresì molto legato a ruoli di comprimariato quali Don Basilio in Nozze di Figaro di Mozart, Spoletta in Tosca, Arlecchino in Pagliacci. Ad Aprile 2020 debutterò in Svizzera col ruolo del Remendado, uno dei briganti in Carmen. Sarà un banco di prova importante. Ho interpretato qualche anno fa il ruolo protagonista di Don Josè in una versione Recital di Carmen e fu un’esperienza radicante e terrena. Non sono esattamente il timbro migliore per quel personaggio ma mi dette una fortissima carica ed energia.
Ho vestito i panni di Phebo in una produzione di Notre Dame de Paris e il Duca di Monroth nel Moulin Rouge entrambi produzioni della Compagnia della Luna di Firenze. Questi ultimi in particolare, li ricordo per la loro profonda e radicale differenza: Phebo ha tematiche musicali che hanno valorizzato la mia tessitura e il mio fraseggio permettendomi di valorizzare l’espressività in scena. Il Duca di Monroth invece è un caratterista, un personaggio completo, attore, cantante, ballerino e, durante quelle esibizioni, mi sono sentito come un performer di Broadway.”
Nei miei viaggi mi è capitato di riuscire ad assistere a qualche spettacolo teatrale. È una cosa che mi piacerebbe fare più spesso, purtroppo devo rinunciare il più delle volte a causa delle tappe forzate, delle sveglie prima dell’alba o dai periodi di chiusura della stagione teatrale. Per te suppongo sia il contrario, probabilmente ti sarà capitato di stare più in teatro che nella città che ti ospita. Sono curiosa, qual è il teatro più bello e particolare all’interno del quale ti sei esibito?
“Devo dirti che non è facile scegliere tra tutti quelli che ho in memoria, ne ho visti di magnifici, di particolari e di fastosi ma, se vuoi una risposta secca per non deluderti ti risponderò: il Teatro dell’Opera di Muscat in Oman.”
Da persona profondamente stonata e incapace ad acchiappare la nota giusta (probabilmente avrei più successo con le farfalle anche se le inseguissi con un retino stretto di diametro e con le maglie larghe), potresti spiegarmi che cos’è il canto?
“È il canale di sfogo per le emozioni, un linguaggio e, inoltre, pensaci bene, è l’unica situazione in cui si possono sovrapporre più persone contemporaneamente senza creare confusione e permettendo ad ognuno di loro di rimanere unico, inconfondibile e decifrabile. Il canto è una forma d’arte e io lo considero come un elemento del mio patrimonio genetico.”
Claudio, dimmi la verità, questo fatto che tutti potrebbero saper cantare, e per tutti intendo anche persone come me proprietarie di corde vocali scordate, è un’affermazione plausibile?
“Mi stai chiedendo se è nato prima l’uovo o la gallina? È indubbio che vi devono essere doti artistiche. In antichità ogni arte aveva la sua Musa ispiratrice e creatrice. Le Muse non dispensavano i doni a tutti (e per fortuna aggiungerei io). Poi si è iniziato a pensare che si potesse regalare un sogno a chiunque e sono iniziati i problemi. Insegno canto e ti assicuro che non tutti possono cantare, mi dispiace infrangere i tuoi sogni Daniela ma, è altrettanto vero che tutti possono invece essere educati. Il canto, a differenza di qualsiasi altro strumento, nasce dentro di noi; siamo noi lo strumento. Educare al canto significa abbattere la vergogna e sconfiggere quelle debolezze, superficiali o profonde che siano, e lasciarsi andare con coraggio ad un’espressione personale e pura di noi stessi.”
Tutti gli artisti hanno qualcuno a cui ispirarsi, qualcuno con il quale si ha avuto l’onore e il piacere di farlo e qualcuno con il quale vorrebbero lavorare. Puoi snocciolarmi tre nomi a bruciapelo?
“Va indubbiamente fatta una distinzione fra il mondo della Lirica e la musica leggera. Il mio punto di riferimento sarà sempre Big Luciano. Qualche anno fa ho avuto l’immenso piacere, di poter lavorare con la divina Mariella Devia, soprano eccezionale. Ero corista nella sua Maria Stuarda del 2010 e the last but not least, è Massimo Ranieri. Se penso ad un’artista fuori dal panorama lirico con il quale mi piacerebbe cantare mi viene in mente lui perché per me è continua fonte d’ispirazione.”
So che questo lavoro ti porta a viaggiare parecchio ed hai tutta la mia invidia per questo, svelami il luogo più lontano e il posto più particolare nel quale hai cantato?
“Se per particolare intendi fuori dal consueto, ti direi nei teatri a bordo delle navi da crociera così fomento la tua invidia perché, se ci pensi bene, ero in continuo movimento e viaggiavo anche mentre lavoravo. (touché) Il posto più insolito è senza dubbio: una nicchia a 10 metri da terra in un palazzo storico, nicchia nella quale ho dovuto esibirmi per un intervento a sorpresa durante una serata di Gala. Il posto più lontano, geograficamente parlando, è stato in Sud Africa.”
Hai un sogno nel cassetto?
“Vorrei esibirmi al Teatro Majestic di Broadway a New York nel ruolo del fantasma nel Phantom of the Opera di Andrew Lloyd Webber.”
Claudio, visto che l’arte e i viaggi nel tuo mondo vanno a braccetto, vorrei farti un’ultima domanda. Potresti dirmi cos’è il viaggio secondo te?
“Il viaggio è l’opportunità di partire in qualsiasi momento permettendoti di tornare se e quando vuoi tu. Il viaggio è una parentesi per non cadere vittima della monotonia, dell’appiattimento e dell’involuzione. Il viaggio porta cultura e accrescimento personale. È un modo per relazionarsi con una Natura che ci ospita e della quale non abbiamo molto rispetto purtroppo; è un modo per relazionarsi con altre persone abbattendo ogni forma di discriminazione o pregiudizio. Il viaggio unisce due punti: te e il mondo che ti circonda. Il viaggio allontana ma non separa. Per me il viaggio è anche un’opportunità per riflettere, per distaccarmi da un problema quando appesantisce l’esistenza. Il viaggio è puro coraggio, quel coraggio che s’impiega per raggiungere il nostro personale obbiettivo che sia fisico o interiore non importa.”
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