Il Teatro della Pergola si trasforma: lo spazio scenico avanza fino alla platea, il pubblico è incuriosito e disorientato, sembra più di stare in un tendone di un circo rispetto che nello splendido edificio che Ferdinando Tacca eresse nel Seicento.
In scena La commedia della vanità, un testo di Elias Canetti, premio Nobel per la Letteratura; una scelta registica non consueta ma molto interessante e coraggiosa, basti pensare che il testo originale durava circa sette ore, ma in questo caso è stato ridotto a poco più di tre (considerando il livello di concentrazione dell’uomo moderno una scelta davvero audace). La regia di Claudio Longhi ha mantenuto gli aspetti originali del testo senza alcun tentativo di attualizzazione delle tematiche in esso contenute, ma La commedia della vanità è comunque un testo attualissimo e con forti trasposizioni nel nostro presente. Canetti, nato agli inizi del Novecento in una famiglia ebrea nel nord della Bulgaria, affronta la tematica del totalitarismo in relazione alla vanità immaginando un mondo distopico nel quale sono banditi gli specchi e qualsiasi forma di riproduzione del proprio volto e della propria immagine, pena la morte. Sicuramente il testo presenta delle vicinanze con ciò che aveva vissuto in prima persona lo scrittore e per quanto riguarda la dittatura degli anni Trenta in Europa; il falò delle fotografie sembra una trasposizione del rogo dei libri che la dittatura nazista mise in atto nel ’33. Eppure le tematiche affrontate sono ancora oggi attualissime, ricche di analogie con il nostro presente, basti pensare al concetto di perdita di identità in relazione all’incapacità di riconoscere ognuno di noi come soggetti “unici”, in questo caso a causa della metaforica incapacità di vedere se stessi riflessi in uno specchio e basti riflettere sul concetto di società di massa; con molta facilità quest’ultima riesce a farsi persuadere a regalare un pezzettino della propria libertà, un po’ per volta.
Per questo in una società come quella di oggi in cui l’immagine è governata da selfie e da proposte di un sé alterato ma conforme alle tendenze e alle mode del momento, questo spettacolo sembra andare in tutt’altra direzione, eppure di questo si parla.
La messa in scena è costituita da tre atti; il primo frizzante e vivace, gli altri due cupi e tetri; questo è il momento in cui la società si smembra e diventa individuo fragile e pentito. Sul palco quasi trenta attori, tutti bravissimi e molto virtuosi, riescono a dare vivacità allo spettacolo anche in quei momenti in cui il pubblico si trova un po’ affaticato. Efficace la scelta di far suonare dal vivo due musicisti che ci riporta indietro nel tempo proprio a quegli anni in cui sembra svolgersi la vicenda.
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di Elias Canetti
traduzione Bianca Zagari
con Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Aglaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi
e con Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
violino Renata Lackó
cimbalom Sándor Radics
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Vincenzo Bonaffini
video Riccardo Frati
drammaturgo assistente Matteo Salimbeni
assistente alla regia Elia Dal Maso
assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo
preparazione al canto Cristina Renzetti
trucco e acconciature Nicole Tomaini
regia Claudio Longhi
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana, LAC Lugano Arte e Cultura
nell’ambito del progetto “Elias Canetti. Il secolo preso alla gola”