Una spinta concreta alla riflessione per vedere come il mondo globalizzato che cambia ci stia facendo diventare quasi degli automi che agiscono soltanto in funzione di un “mi piace” piuttosto che affidarsi alle capacità meritorie che ciascuno di noi possiede per essere più competitivi ed efficienti e soprattutto sentirci meno soli e solitari. È la sintesi efficace dello spettacolo che Elio Germano, ha rappresentato in un autentico “dramma” dei giorni nostri e che ha tenuto a Soverato nel suggestivo Teatro del Grillo nello scorso fine settimana (sabato e domenica). Germano che è attore, coregista con Omar Rashid – e che ha scritto il testo con Chiara Lagani – ha voluto ripercorrere un viaggio nella contemporaneità nella quale in un fitto dialogo col suo pubblico ha messo nero su bianco una realtà che viviamo e che ci allontana decisamente e sempre più dal senso di comunità, che esaspera gli individualismi più sfrenati senza poi raggiungere obiettivi veri e dichiarati e che ci sta sia pur lentamente distruggendo. Lo ha fatto attraverso uno spettacolo avveniristico nel quale, gli spettatori con l’ausilio di occhiali immersivi e cuffie per una visione a 360 gradi dello spettacolo, si sono virtualmente collegati col teatro di Riccione dove Germano ha tenuto una gran bella “lezione” di vita “trasbordando” gli spettatori in un ideale “isola deserta” nella quale ciascuno si potrebbe ritrovare a finire e dove ognuno di noi cerchi comunque di metter a disposizione le proprie competenze e capacità per “sopravvivere” tutti insieme ad un’eventuale fine del mondo. Dove ognuno per un attimo si spoglia del ruolo che ricopre nella società in cui si trova per riscoprire l’umanità svanita in cui ciascuno prevalentemente pensa solo ed esclusivamente a se stesso senza curarsi di chi gli sta vicino. Un viaggio tra l’immaginario ed il reale in un crescendo da far rabbrividire con Germano che lancia il suo “Segnale d’allarme” prima che sia troppo tardi divenendo ad un tratto autoritario nel reimmergersi d’incanto nella Germania del 1925 all’epoca della stesura de “La mia battaglia” (Mein Kampf) con cui Adolf Hitler nell’esposizione del suo pensiero politico preconizzava una società diversa, profondamente xenofoba ed intollerante in cui si descriveva ciò che poi negli anni successivi si sarebbe verificato con la tristemente nota vicenda della “Shoah”. Germano lo fa nel piccolo e caratteristico teatro del Grillo di Soverato di cui è direttore artistico Claudio Rombolà che così si apre al nuovo in uno dei primi esperimenti mondiali di teatro in realtà virtuale, con Rombolà attento comunque a puntualizzare come il teatro dal vivo dovrà mantenere, anche più avanti, il suo contatto privilegiato con i suoi fruitori davanti al palcoscenico per condividerne così con il contatto diretto le emozioni più vere che soltanto attraverso una sorta di osmosi tra l’attore e lo spettatore si può creare.