“Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno,
che qualcuno ha nel sangue e nessun altro li sa”.
Cesare Pavese
Sono in treno in questo momento, i paesaggi d’intorno si rincorrono vicendevolmente allo sguardo mentre i colori si sovrappongono ai colori, e lo scrivere viene da sé.
Ieri sera mi trovavo per la prima volta tra le mura di ÀP, l’Accademia Popolare dell’Antimafia e dei Diritti, un seme di cultura e di risveglio piantato nella Roma sud-est di uno spazio periferico quasi assente nelle coordinate del Comune di Roma. È strano come alle volte lo splendore più genuino nasca dalla solidarietà, da una presa di posizione netta nei confronti di una realtà che può essere differente.
In questo spazio d’amore nato tra le braccia di una scuola, la IIS Enzo Ferrari di Cinecittà-Don Bosco, si sono susseguite dal 2016 ad oggi reading, concerti, spettacoli teatrali, laboratori per ragazzi ed altro ancora, a dimostrare che lì dove c’è la volontà c’è la conoscenza, la diffusione dei saperi, una rete più forte nel raccogliere al volo quelle menti giovani che per germogliare hanno bisogno di terreno vivo, canto e sogni da risvegliare.
In questo contesto fiorisce la stagione teatrale 2020: III Atto / Resistenza. Un fermarsi d’opposizione, un rimanere indietro rispetto ad una realtà mafiosa, indigesta, ingiusta che avanza ma non solo. Qui vi è l’idea di portare sulla scena realtà che parlano di coloro che in qualche modo resistono, che in qualche modo sopravvivono alla vita con dignità, attraverso scelte più o meno coraggiose, con verità. Non si tratta solo di coloro che riconosciamo prontamente come eroi, ma anche di tutti quei piccoli e grandi uomini che scelgono la strada meno facile, accogliendo la vita anche nella sua marginalità e durezza, tra questi Davide Iodice, un regista, un trovatore, di quella bellezza residuale presente nei reconditi del sociale. Ad accoglierci le sue parole durante l’ora dell’aperitivo, e le immagini e le musiche con cui va a raccontarci l’esperienza con persone senza fissa dimora, con donne e uomini la cui sensibilità è troppo spesso soprassieduta dalla società da bene che rischia di non rendersi conto di quale mondo e quali alture possano essere presenti in chi riconosciamo troppo spesso come ultimo tra gli ultimi al di sotto delle nostre scarpe. Ma l’ora dell’aperitivo è finita. Così, mettiamoci in ascolto, e prendendo posto iniziamo ad osservare quella che si rivelerà essere una grandissima esplosione stellare.
Supernova, della Compagnia I Pesci, narra la storia di una famiglia, una madre e tre figli, la cui esistenza si disgrega dopo la morte del padre. Alle volte è strano come tutto sembri andare per il meglio e poi… un’esplosione come mai incontrate prima cambia gli equilibri in gioco, spostando i pesi e le misure, le emozioni e le strutture della mente. La vita usuale diviene qualcosa di lontano, e tutta la bellezza e i litigi tra fratelli scompaiono in quel buco nero dell’esistenza aperto da una morte improvvisa.
La vita alle volte è fragile ma di una fragilità che non si conosce fino a quando qualcosa non la spezza. Accade che qualcosa sia per noi indigesto. Accade un dolore che non sappiamo tollerare. Accade l’orgoglio e senza sapere perché accade il ritrovarsi a centinaia di kilometri dalla propria famiglia d’origine, dal luogo a cui si appartiene, a chiedersi perché tra gli avallamenti di una tasca continuino ancora a persistere le chiavi di quello stesso luogo d’origine da cui si è fuggiti senza poter dimenticare mai.
E così si torna a casa, si sceglie di affrontare ciò che un altro fratello ha vissuto forse per entrambi, si sceglie di riconoscere la carne simile alla carne, e di vedere ciò che nel dolore crea la trasformazione, il ricongiungimento, la trasmissione.
Supernova riesce a descrivere realisticamente la vita che cambia, i destini che divergono per poi rintrecciarsi, riesce a condurci lì dove l’esplosione diviene abisso, e la frammentazione, la scissione, il sopravvivere, il difendersi un’opzione della vita.
La capacità di Alessandro Gioia, Lia Gusein-Zadé, Fiorenzo Madonna e Luca Sangiovanni di immergersi nella realtà dei personaggi è palpabile, la loro interpretazione trasmette quelle emozioni sottili che alle volte le parole vorrebbero nascondere, e il movimento nello spazio, le opposizioni, e gli angoli di ricalco mostrano il tipo di relazionalità che cambia, che si incontra e scontra per ricongiungersi nello sfumare del tempo. Grazie.
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Crediti
drammaturgia e regia Mario De Masi
con Alessandro Gioia, Lia Gusein-Zadé, Fiorenzo Madonna, Luca Sangiovanni
aiuto regia Serena Lauro
produzione I pesci in collaborazione con A.Artisti Associati Gorizia – ARTEFICI Residenze Creative FVG, Scuola Elementare del Teatro – Conservatorio Popolare per le Arti della Scena – L’Asilo