Tristemente calano i sipari in molti teatri un’Italia spaventata dalla crescente diffusione del Coronavirus COVID-19 che sta mettendo a dura prova il Bel Paese.
Come molti altri giovani anche io non sono potuta ripartire e sono rimasta a casa nella mia regione d’origine. Ieri sera mi sono ritrovata insieme a mia madre in una sala totalmente deserta, dove per quasi tre ore ho potuto dimenticare del virus e goduto invece della magia che solo l’arte, e nello specifico la danza sa regalare, in diretta dal Royal Opera House di Londra. In oltre 26 paesi del mondo infatti il Royal Ballet è stato trasmesso con un programma a dir poco poetico e toccante: The Cellist/Dances at a Gathering.
The Cellist, è il primo lavoro integrale che la rinomata coreografa Cathy Marston realizza per il Covent Garden, abbinato a Dances at a Gathering famoso lavoro di repertorio del coreografo americano Jerome Robbins.
Sul palco 10 tra i eccelsi solisti e primi ballerini del Royal Ballet, si sono messi alla prova con il lavoro di Robbins accompagnati dal concerto per pianoforte di Chopin, eseguito da solista Robert Clark. Dances at a Gathering, portato in scena per la prima volta nel 1969 dal New York City Ball, è ispirato alla musica per pianoforte di Chopin. Jerome Robbins, iniziando rapidamente il processo coreografico, se consiglio di Balanchine, estese i primi 25 minuti arrivando a realizzare uno dei suoi più frizzanti lavori di repertorio eseguito ancora oggi da molte delle compagnie di balletto più famose al mondo.
Nessun set, nessun oggetto di scena, abiti morbidi color pastello; i dieci artisti si alternano sul palcoscenico tra soli, passi a due e pezzi di ensemble. Jerome Robbins caratterizza i suoi lavori da una mancata trama apparente, lasciando che la personalità di ciascun danzatore emerga da ciascun ‘ruolo’ che resta aperto all’interpretazione dello spettatore. Le mazurche, i valzer e gli studi di Chopin, innovativi al momento della loro composizione, affondano le loro radici nel carattere slavo della sua patria polacca, ma trasmettono tuttavia l’eleganza di Parigi, dove sono stati creati.
The Cellist, cambia i toni della serata dai vivaci salti e le ammiccanti pose del primo balletto, si passa ad un lavoro basato sulla straordinaria e drammatica vita della grande violoncellista Jacqueline du Pré. Il balletto di 65 minuti è la prima opera di Cathy Marston per il grande palcoscenico del Covent Garden e racconta la carriera della Du Pré, il suo matrimonio con il pianista e direttore d’orchestra Daniel Barenboim (che nella vita reale ha dato la sua benedizione a questa produzione), e la sua battaglia contro la sclerosi multipla, la malattia che alla fine la ucciderà a soli 42 anni. Il compositore Philip Feeney intreccia estratti storici del repertorio della du Pré con partiture classiche, eseguite dal violoncello solista di Hetty Snell. Ma il balletto in realtà è soprattutto una storia d’amore di una musicista per il suo strumento, della passione che nasce dall’esecuzione fino al dolore quando non si è più in grado di poter eseguire nemmeno una singola nota.
Cathy Marston è una delle coreografe più interessanti della Gran Bretagna, si è avvicinata alla condizione della du Pré con sensibilità, coinvolgendo la nostra emotività senza cadere nella frivolezza. La sua decisione di fare del violoncello un personaggio reale è affascinante, i molteplici pas de trois tra Barenboim (Matthew Ball), du Pré (Lauren Cuthbertson) e lo strumento (Marcelino Sambé) sono tra i migliori della serata.
Marcelino Sambé conferisce al ruolo dello strumento un’energia tumultuosa, che travolge letteralmente Lauren Cuthbertson che invece è espressività allo stato puro. Sambé è meraviglioso, fluido, con una vita e un’identità propria, anche quando è manovrato da insegnanti, genitori, Barenboim (elegante e forte Matthew Ball) e dalla stessa Jackie. È un personaggio ultraterreno, ma anche stranamente umano, le sue espressioni facciali trasmettono una moltitudine di emozioni, dall’estasi di essere suonato, allo sconforto per la malattia che la deruba della sua talentuosa compagna.
La giovane Jackie, Emma Lucano, è deliziosa, sfacciata e vivace. Quando entra Lauren Cuthbertson, con lo stesso vestito blu e lo stesso cardigan a maglia anni settanta, trasmette la stessa energia; annoiata a scuola, è veramente felice solo quando suona il suo violoncello. Sotto lo sguardo vigile dei suoi compagni di classe, esegue il suo concerto di debutto: Le Romanze senza parole di Felix Mendelssohn.
In questo primo violoncellista-violoncello pas de deux, vediamo per la prima volta la “posizione del violoncello” della Marston, sua creazione originale. Sambé si inginocchia su una gamba mentre l’altra resta tesa. Un braccio si appoggia al fianco, l’altro si solleva per formare il ‘collo’ del violoncello e la sua mano flessuosa abbraccia la sua musicista. Cuthbertson lo cinge da dietro tenendo una mano sul braccio-collo con la mano sinistra che simula un vibrato mentre con la destra stinge un archetto immaginario. Mentre la musica incalza, lo spirito del violoncello prende il volo, Sambé la fa roteare, con i piedi ancora in posizione da violoncellista, sfregando il pavimento. La Cuthbertson finalmente abbandona il mimo e la gestualità e la coreografia finalmente diventa più ricca, complessa ed astratta. Anche l’alchimia tra Matthew Ball e Lauren Cuthbertson è palpabile, ognuno ha occhi solo che per l’altro.
Ma al di fuori del trio, la scenografia e il corpo di ballo arricchiscono il tutto. Come in altri suoi balletti, Marston fa un uso intelligente del ensemble come una sorta di coro greco; i danzatori sono personaggi, parti del mobilio, parti dell’orchestra e gli stessi sintomi della sclerosi, in un mescolarsi di reale ed allegorico perfetto. “L’orchestra-corpo di ballo” è ipnotizzante, ogni “sezione” si muove in un intelligente scambio con i loro corrispettivi nella buca d’orchestra. Il suggestivo set di Hildegard Bechtler, ricorda le forme e colori dello strumento, permette di spostare le curve pareti e di alternare rapidamente le scene in sale da concerto a stanze d’ospedale.
Non c’è che dire, applausi a non finire per una serata che intreccia l’estro coreografico del maestro americano Jerome Robbins e, allo stesso tempo, quello della emergente coreografa Cathy Marston insieme agli strepitosi interpreti del Royal Ballet di Londra in un connubio di tecnica e poeticità.
Un appello e un pensiero ai vari teatri d’Italia che, colpiti dal Coronavirus, hanno dovuto sospendere tutte le loro attività, a tutti gli operatori e artisti che si trovano a dover fronteggiare questo duro momento per tutta la comunità artistica.
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THE ROYAL BALLET
DIRECTOR KEVIN O’HARE
PIANOFORTE SOLISTA ROBERT CLARK (DANCES AT A GATHERING)
DIRIGE ANDREA MOLINO (THE CELLIST) ORCHESTRA OF THE ROYAL OPERA HOUSE
REGIA VIDEO ROSS MACGIBBON
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DANCES AT A GATHERING
COREOGRAFIA JEROME ROBBINS ESEGUITA SU CONCESSIONE DI THE ROBBINS RIGHTS TRUST
MUSICA FRYDERYK CHOPIN
COSTUMI JOE EULA
LUCI JENNIFER TIPTON
ALLESTIMENTO BEN HUYS
PINK MARIANELA NUÑEZ
MAUVE FRANCESCA HAYWARD
APRICOT YASMINE NAGHDI
GREEN LAURA MORERA
BLUE FUMI KANEKO
BROWN ALEXANDER CAMPBELL
PURPLE FEDERICO BONELLI
GREEN WILLIAM BRACEWELL
BRICK LUCA ACRI
BLUE VALENTINO ZUCCHETTI
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THE CELLIST
COREOGRAFIA CATHY MARSTON
CANOVACCIO CATHY MARSTON ED EDWARD KEMP
MUSICA PHILIP FEENEY
SCENE HILDEGARD BECHTLER
COSTUMI BREGJE VAN BALEN
LUCI JON CLARK
DRAMMATURGIA EDWARD KEMP
COLLABORATRICE COREOGRAFICA JENNY TATTERSALL
LA VIOLONCELLISTA LAUREN CUTHBERTSON
LO STRUMENTO MARCELINO SAMBÉ
IL DIRETTORE D’ORCHESTRA MATTHEW BALL
LA VIOLONCELLISTA (DA BAMBINA) EMMA LUCANO
SUA SORELLA (DA BAMBINA) LAUREN GODFREY
SUA MADRE KRISTEN MCNALLY
SUO PADRE THOMAS WHITEHEAD
SUA SORELLA ANNA ROSE O’SULLIVAN
I SUOI INSEGNANTI DI VIOLONCELLO GARY AVIS, NICOL EDMONDS, BENJAMIN ELLA
I SUOI AMICI MUSICISTI LUCA ACRI, PAUL KAY, JOSEPH SISSENS
UN CORO DI NARRATORI ARTISTI DEL ROYAL BALLET
VIOLONCELLO SOLISTA HETTY SNELL