L’inaugurazione della stagione 2020 del Teatro Comunale di Bologna è stata dirompente. Rappresentato in Italia per la prima volta proprio al Teatro Comunale di Bologna nel 1888, Tristan und Isolde (Tristano e Isotta) di Richard Wagner torna in scena nella Sala Bibiena con un nuovo e originale allestimento accolto con grande entusiasmo dal pubblico, accorso numeroso in tutte le repliche. Un pubblico che ha scelto di assistere a una pièce di cinque ore (inclusi gli intervalli) facendosi catturare dal tappeto di note, continuo e incessante, sulle quali viene rappresentata, in tedesco, la storia di due amanti trascinati nel vortice della passione a causa di una pozione d’amore.
Pozione d’amore che rappresenta il deus ex machina di tutti gli eventi che si scatenano, infatti, una volta bevuto il filtro nulla è più come prima, tutto improvvisamente cambia, a partire dalla musica che con la sua potenza e vigore sottolinea come la sostanza estranea si insinui nei corpi dei protagonisti, prendendone possesso e stravolgendoli. Il mondo che circonda i protagonisti, Tristan und Isolde, improvvisamente diviene incantato. Un cambiamento interiore che si ripercuote sull’ambiente esterno, rendendo il filtro un elemento centrale dell’Opera, nonché un simbolo e anche una sorta di sotterfugio per giustificare una passione travolgente.
Ralf Pleger e Alexander Polzin mettono in scena un allestimento pregno della magica metamorfosi dei personaggi e in perfetta sintonia con la musica di Wagner che raggiunge in Tristan und Isolde l’estasi nel suo punto più alto. L’opera d’arte diviene in questa messa in scena centrale: nei tre atti si susseguono tre scenografie distinte, tre affreschi di arte contemporanea creati dal regista che si animano ed evocano fantasmi che emergono dall’oscurità della notte e dalle ombre di un contorto albero, presentato nel secondo atto, che tanto assomiglia a un aggroviglio della mente umana.
Oltre alla trascinante musica ciò che colpisce di questa messa in scena è proprio il forte impatto visivo che cattura il pubblico con idee originali e con tre quadri che sembrano dei veri e propri allestimenti di arte contemporanea, grazie a installazioni, pareti mobili e l’intricata foresta del secondo atto che sembra inerme ma improvvisamente prende vita animandosi con cautela e leggiadria grazie ai corpi dei danzatori che, mimetizzati nella struttura a un certo punto iniziano a muoversi ponendo l’accento sui sentimenti dei protagonisti. «Tristan è un lavoro incredibilmente moderno – spiega Ralf Pleger – Per me e Alexander l’idea di partenza è stata l’amore per quest’opera: abbiamo voluto presentarla come qualcosa al di fuori del tempo e di qualsiasi realtà». Continua Alexander Polzin: «Abbiamo insistito sulla proiezione di immagini e forme: è uno spettacolo giocato sul piano visuale, perché ritenevamo che la storia fosse già ben nota a tutti».
Se la regia lascia tutti senza fiato anche la performance sul podio non è da meno. Juraj Valčuha, maestro slovacco, cattura con la sua direzione d’orchestra altamente comunicativa e di grande impatto emotivo. Oltre a tenere ben salde le redini dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che come sempre se la cava egregiamente, accattivante è anche la sintonia con gli interpreti sul palco che non vengono mai abbandonati dal direttore, che presta loro molta attenzione.