Un romanzo cittadino, mille storie che coinvolgono i personaggi di una pittoresca Firenze che cambia dove ogni lettore può immedesimarsi e ritrovare i suoi compagni di giochi, le donne, la famiglia, i capi e capetti.
Parlare di romanzo autobiografico sarebbe troppo riduttivo: Lorenzo si tuffa in una narrazione in prima persona ma prendendo qua e là le sembianze di molti personaggi fino a dare forma a una storia intergenerazionale che fa ridere, sorridere … riflettere. Spaccati di vita che ognuno ha assaporato nel proprio quartiere e nelle proprie storie raccontati amabilmente e con grande ironia da una penna arguta e ricca di enfasi che guida il lettore ad attraversare tutto d’un fiato quasi un secolo di storia di Firenze.
Chi di gallina nasce convien che razzoli, una vecchia saggezza popolare dalla quale molti di noi hanno provato ad allontanarsi per cercare altrove la propria strada e la propria soddisfazione e realizzazione personale, salvo accorgersi una volta trovata , dell’irresistibile bisogno di ripercorrere a ritroso la strada ed andare a ritrovare quelle case, quelle mura amiche e quelle piazze teatro di giochi e giovinezza. Constatando che nulla è rimasto come prima e le botteghe hanno lasciato spazio ai ristoranti per turisti e le case ai bed&breakfast rimane l’amaro in bocca di un secolo pieno di potenzialità passato troppo velocemente dal “bubbolare dal freddo” allo spreco di cibo e di acqua fino al riscaldamento globale. Rimane il rimpianto per ciò che non c’è più e la paura che l’aver provato a lasciare ai nostri figli qualcosa di meglio non abbia sortito gli effetti sperati. E chi nascerà gallina…..converrà che razzoli?
Lo stile di questo libro è scorrevole, con ricche e accurate descrizioni che lo rendono piacevole e riescono ad appassionarci dalla prima all’ultima pagina con accelerazioni e rallentamenti improvvisi, cambi di scena e di personaggi.
L’autore ha scritto un libro in cui si parla di realtà quotidiana, di evoluzione personale e che fornisce moltissimi spunti di riflessione, un libro che si legge con immediatezza e facilità. C’è tanta filosofia spicciola in questo libro che l’autore vuole condividere con il lettore. C’è tanta crudezza, ma anche poesia nelle riflessioni di Pagni che vaga dentro di sé, nella sua anima e nella sua mente per cercare ciò che ha valore ma senza voler far prevalere la propria idea, senza provare a convincere nessuno delle proprie idee, ma coinvolgendo pienamente il lettore in questo passaggio temporale lungo un secolo condito da tanta, tanta ironia tipicamente fiorentina.
Lorenzo Pagni è uno scrittore più che per passione direi per “disperazione”. La disperazione di imprimere i propri dubbi e le proprie sensazioni su qualcosa di pù sicuro del “cassetto della memoria” dove tutto inesorabilmente sbiadisce con il passare del tempo, la disperazione nel porsi domande alle quali è impossibile darsi risposte se non facendosi scudo con i vecchi detti popolari.
Subito dopo questa prima esperienza letteraria ha iniziato a prendere vita un romanzo sui ricordi della sua esperienza in Africa nella cooperazione e sviluppo che fin da subito ha dato la sensazione di un libro ben realizzato.
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