Commozione, emozione, rimpianto. Un coacervo di sentimenti si raggruma man mano che le parole evocano quello che avrebbe potuto essere. Vite di bambini che diventano adulti, di giovani madri che vedono crescere i figli, di ragazzi che si aprono ai sogni sul futuro, di amori sbocciati furtivamente.
Un diario gioioso e realistico di speranze agguantate, di sorrisi elargiti, di tremori vissuti, di palpiti sospirati.
Col sorriso aperto Valeria Ferri legge momenti intensi e festosi, insieme a Edoardo Oliva, intrecciando dieci storie che sembrano vere, alternati a struggenti brani musicali originali di Giuliano Di Giuseppe.
Alla fine il sorriso si spegne. Il sole non ha illuminato quelle esistenze, quegli amori non sono sbocciati, quei sogni non sono stati vissuti. Cala il buio su quei passi di vita che abbiamo seguito con gli occhi dell’immaginazione. Buio perenne nella notte del 25 febbraio 1992 su quelle e altre esistenze di civili azeri massacrati dall’esercito armeno con un reggimento russo. Il 26 febbraio a Khojaly, cittadina della Repubblica dell’Azerbaigian, il sole non si levò per 613 persone, di cui 106 donne, 70 anziani e 63 bambini che non si affacciarono alla vita, altri 25 bambini persero entrambi i genitori e 130 un genitore, 8 famiglie restarono totalmente sterminate, 487 persone furono rese invalide e 1275 prese in ostaggio.
Le fredde cifre del genocidio vengono enucleate dalla cronaca di una notte in cui le forze militari armene col sostegno del 336° reggimento ex sovietico occupano la città, isolata dopo una serie di atti di pulizia etnica che avevano costretto un milione di rifugiati e profughi ad abbandonare la propria terra, radendola al suolo con un intenso bombardamento di artiglieria pesante. I civili in fuga verso le foreste e le montagne cadono in imboscate e restano vittime di ogni genere di sevizie, con i corpi mutilati esibiti come trofei.
Dopo la fuoriuscita nel 1991 dell’Azerbaigian dall’Unione Sovietica, la secessione della piccola enclave del Nagorno Karabakh a sud-ovest dà vita a un’entità autonoma che causa il conflitto tra la maggioranza etnica armena sostenuta dalla Repubblica Armena e la Repubblica dell’Azerbaigian che rivendica l’integrità territoriale. Ancora oggi l’Armenia occupa militarmente il 20% del territorio azerbaigiano riconosciuto internazionalmente.
Lo spettacolo è stato organizzato dall’Ambasciata dell’Azerbaigian e dalla Fondazione Heydar Aliyev in collaborazione con l’Associazione Espressione d’Arte, con la direzione artistica del violoncellista di fama internazionale Pierluigi Ruggiero, con musiche originali e adattamenti musicali del maestro Giuliano Di Giuseppe, insieme ai quali si sono esibiti il violinista ungherese Zoltan Banfalvi e il chitarrista Luca Trabucchi. Le storie recitate dalle voci narranti di Edoardo Oliva e Valeria Ferri, mentre venivano proiettate immagini del conflitto e disegni della guerra vista dai bambini, sono tratte dal libro “Khojaly, 20 anni. 10 storie che potevano essere vere…..” da un’idea di Leyla Aliyeva, vice presidente della Fondazione Heydar Aliyev, per la campagna internazionale “Giustizia per Khojaly!”.
La suggestiva commemorazione è stata introdotta dai saluti dell’ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia S.E. Mammad Ahmadzada che ha sottolineato come ricordare aiuta a non dimenticare, e “quella notte ha prevalso l’odio ma bisogna fare il possibile affinché non vinca, poiché solo l’amore può salvare il mondo”.
L’evento, già ospitato nella capitale nel 2017, avvia la lunga serie di iniziative che caratterizzeranno il 2020 quale anno della Cultura dell’Azerbaigian in Italia.