Sarà vero o sarà falso? Il quadro di Jackson Pollock divide i due protagonisti assoluti de “Le verità di Bakersfield” di Stephen Sachs per la regia di Veronica Cruciani; e divide pure gli spettatori nel dialogo fitto che i due bravi protagonisti: Maude (Marina Massironi) e Lionel (Roberto Citran) intrattengono in poco più di un’ora di spettacolo relativamente appunto all’autenticità di tale opera. Si tratta di due mondi diversi, Lionel proviene da una città che conta come New York, immerso in un lavoro professionalmente incentivante che lo contraddistingue nella società da cui arriva; Maude, invece, vive miseramente in una roulotte da campo sgangherata nella periferia di Bakesfield in California col poco che si ritrova di una vita fatta prevalentemente di stenti e con una famiglia distrutta per via di un figlio suicida e un marito manesco dal quale ha preferito allontanarsi. Tutto ruota intorno ad un quadro ritrovato casualmente da Maude sul quale investe tutto il suo tempo per poterlo valorizzare e per poterne conseguentemente “ricavare” un guadagno che le consenta di risollevarsi da quella spiacevole situazione di degrado in cui si trova. Ma, lei, che a prima acchito sembrerebbe sprovveduta, dimostra col senno di poi di essere una conoscitrice del variegato mondo dell’arte. Chiede allora aiuto all’“esperto” Lionel che arriva a Bakersfield prima possibile per visionare quest’opera. Quest’ultimo giunto sul posto, tra non poche difficoltà, da un’attenta osservazione ritiene, però, che si tratti di un falso. Da qui una serie ininterrotta di situazioni che finiscono col far disvelare vicende personali di ciascuno con una Maude attenta e preparata a tal punto da conoscere finanche la vita personale del professionista non tutta “rosa e fiori” come vorrebbe farle credere, nel tentativo di “screditarlo” difronte al fatto compiuto di ritenere quell’opera un falso. In un gioco ad incastri e nel ribaltamento dei ruoli con Maude tenace nell’essere convinta che quello ritrovato sia un quadro autentico di Pollock cerca di smontare la tesi del suo detrattore, senza riuscirci ma rimanendo egualmente ferma della sua convinzione originaria. Maude finirà così col cacciare nel modo peggiore da “casa sua” quel signor Lionel con l’augurio spregevole di ritornarsene da dove era venuto perché non assolutamente in grado di valutare quel quadro dal valore inestimabile e per il quale un indiano sarebbe stato disponibile a pagare una cifra enorme ad occhi chiusi. Maude si riemmerge così, estasiata, nella visione di quel quadro al quale, adesso, continua ad esser appesa interamente la sua vita contenta, nonostante tutto, di aver “imposto” il suo punto di vista a chi, inizialmente, non l’avrebbe neppure ascoltata per un attimo e che comunque qualche dubbio è stata in grado di fargli sorgere…