UNA PRODUZIONE FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA
ATTO UNICO DI MICHELE SANTERAMO
REGIA E SPAZIO SCENICO ROBERTO BACCI
CON ELISA CUPPINI, MAURIZIO DONADONI, FRANCESCO PULEO
costumi Elena Bianchini musiche Ares Tavolazzi
realizzazione costumi Laboratorio d’Arte del teatro della Pergola
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Da martedì 3 marzo fino a domenica 8, al Teatro Era (Pontedera) va in scena in prima nazionale lo spettacolo scritto da Michele Santeramo e diretto da Roberto Bacci “Svegliami”. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana con protagonisti Maurizio Donadoni, Elisa Cuppini e Francesco Puleo. Una riflessione su un mestiere prezioso come quello del teatro, che mai come in questo momento offre l’occasione di sembrare vivi, e poi di provare ad esserlo davvero. Spiega il regista Roberto Bacci: “Oggi il Teatro sembra sempre più ritirarsi dietro la “quarta parete” per trasformarsi in Spettacolo piuttosto che proseguire con i propri strumenti alla ricerca delle domande sull’Uomo. “Svegliami” vuole essere un richiamo artistico e filosofico alla tradizione dei Maestri del ‘900, una forma di resistenza nei confronti di coloro che chiedono all’arte teatrale di uniformarsi allo spirito dei tempi. La lezione dei grandi Maestri del secolo scorso, che avevano aperto nuove prospettive per il lavoro dell’attore e per la relazione con lo spettatore è pressoché dimenticata. È come se la storia delle grandi rivoluzioni culturali e teatrali del secolo scorso si stia trasformando in Restaurazione: cioè in un sistema dello Spettacolo utile a produrre consenso. Dallo “spettatore” come interlocutore privilegiato di un dialogo con l’attore, siamo tornati all’ applauso di un pubblico indifferenziato sul modello televisivo. “Svegliami” indaga, oltre che il confronto tra Teatro e Spettacolo, anche le scelte che lo spettatore, in quanto individuo, è chiamato a fare ogni giorno nella propria vita tra la cosiddetta realtà, così come ci appare, ed una possibile “verità” da ricercare dietro le apparenze. “Svegliami” ci interroga sul “ruolo” che ognuno di noi accetta di rappresentare nella vita, il “personaggio” con cui ci si identifica e la “persona” (l’io sono) che dobbiamo conquistare per poter Essere. Nel Teatro, in cui i “ruoli”, i “personaggi” e le “persone” prendono vita professionalmente sulla scena, è possibile costruire lo specchio più adatto per osservare noi stessi, distratti nella vita quotidiana, con la necessaria crudeltà. Così in un Teatro alla ricerca di domande, l’attore e lo spettatore possono togliersi per qualche momento la maschera e rivolgersi reciprocamente la preghiera: Svegliami!”.
Ad arricchire lo spettacolo, i costumi realizzati da Elena Bianchini e dal Laboratorio d’Arte del teatro della Pergola e le musiche di Ares Tavolazzi.
“Questa è la storia di una famiglia sottolinea Michele Santeramo -. Moglie, marito, suo fratello, ciascuno nel suo ruolo da dover interpretare, difendere, recitare. Il ruolo di cui bisogna essere all’altezza. Una famiglia affogata nei rancori e nella ripetizione. I cui rapporti interni sono fatti di odio ben piantato, profondo. Di sopportazione, di violenza portata alla necessità dell’omicidio. Le presenze sono troppo ingombranti e quando diventa impossibile vivere bene, quando le persone che vedi ogni giorno sono quelle che sei costretto a vedere ogni giorno, allora le reazioni possono essere estreme. Questi tre non sono soltanto costretti a stare insieme dai legami di sangue. Lo sono anche perché con-dividono lo stesso lavoro. Si sopportano ogni giorno e ogni notte, al lavoro e nelle pause. Sono teatranti: una compagnia di giro sotto le direttive di uno di loro, convinto che il teatro sia ancora il posto nel quale, a cercar bene, si possa trovare qualcosa di vero. Finché ci sarà ruolo ci sarà ripetizione, finché ci sarà abitudine non ci sarà sorpresa, e le giornate continueranno ad apparire come nuvole di sogno, nelle quali affogare dormendo. “Svegliami” è un urlo col quale si tenta di prendere vita”.
“Se ciascuno di noi guardasse con un minimo di obiettività lo svolgimento della propria esistenza, innanzitutto – sottolinea lo scrittore e intellettuale Augusto Timperanza – e poi quella di tutti coloro che lo attorniano quotidianamente, dovrebbe arrivare alla penosa conclusione che, nella vita, interpretiamo un ruolo, come attori di teatro, ma, in più, senza la coscienza di recitare. Pensando che ciò di cui ci preoccupiamo, in cui crediamo, le cose che facciamo, siano davvero importanti e degne di ogni considerazione. Ce la prendiamo persino col tempo metereologico che ci vuole rovinare il nostro week-end; con le altre persone che ci occupano l’autostrada davanti a noi, obbligandoci a insopportabili code e facendoci arri-vare in ritardo al lavoro o a un appuntamento molto importante (solo per noi). In quale realtà continuiamo a credere di vivere? Qualcosa che ci attraversa inconsapevolmente, mentre continuiamo a ripetere per anni gli stessi atti, a esprimere gli stessi giudizi, reputando per vero ciò che non lo è; giustificando pienamente la frase evangelica: lasciate che i morti seppelliscano i morti. E, di fronte al fenomeno chiamato morte siamo talmente impreparati, dopo migliaia di anni che lo si constata, da piangere sopra qualcosa che non è più l’uomo di prima, ma soltanto un cadavere senza vita, personalità, carattere individuale: una specie di manichino di carne e ossa. La catena di montaggio alla quale siamo ammanettati non era soltanto quella industriale: è una catena psichica che ci lega a comportamenti stereotipati, al pensiero unico, alla morale, all’illusione, al sogno di una vita che si dissolverà, un giorno, come le nuvole nel cielo. Mentre il sole di una vita reale continuerà a risplendere invano, e la sua forza ad essere utilizzata solo da piante e animali. Ma per nostra fortuna, c’è nel nostro organismo un meccanismo psichico che ci impedisce di vedere chiaramente le cose come stanno realmente, costringendoci solo ad immaginarle come vorremmo che fossero. Un’illusione che ci impedisce, con la sua portata, di cadere nella disperazione più completa e, con la forza che sospinge le maree, ci costringe a credere di vivere la realtà dell’esistenza. Osservarsi spietatamente sarebbe svegliarsi dalla ripetizione, dalla recita, dall’inutile, ma purtroppo avremmo bisogno di una seconda forza esterna che però, anche quando interviene per farlo, non riconosciamo mai”.
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Biglietti 12 euro, ridotti 10. Tutti i dettagli sul sito www.teatroera.it.
BIGLIETTI TEATRO ERA
Via Indipendenza, s.n.c. – Pontedera (Pisa)
Mail: teatroera@teatrodellatoscana.it – Telefono: 0587.213988
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