Questa poesia è la storia di una vita incerta, difficile. È una ricerca dell’onore, del riconoscimento, che passa attraverso l’amore, forse la Bibbia, i maestri che portano luce: il poeta, tuttavia, non rinuncia al tentativo di lasciare una traccia del suo passaggio, come recitano i versi iniziali “Lavoro con umiltà per le stelle / ma non guardo il cielo”, che ripropongono il tema dell’eternità dell’arte.
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Lavoro con umiltà per le stelle
Lavoro con umiltà per le stelle
ma non guardo il cielo,
ho fatto ordine nel mio cuore
con tre vecchie fotografie
e una Bibbia,
ma credo che nessuno possa conoscere
cosa succede adesso.
C’è una memoria lucida
che si oscura,
qualche donna
che raccoglie le mie confidenze
come perle.
La notte mi insegna ogni cosa che so:
il Talento, la Legge, il Paradiso;
chiedete a loro se pensano di capire
cosa succede adesso.
Avevo un famoso cappotto d’oro
e un coltello nella tasca
risparmiavo i miei nemici
per splendere;
certi amori, i maestri:
le uniche ombre che potevo accettare.
Credete che loro abbiano idea
di cosa succede adesso?
Ho studiato in riva al fiume
dal mendicante di incenso,
mi disse appena
“Stai in guardia” e mi ferì.
La lezione era finita, c’era fumo:
forse non seppi recitare la Grazia
ma fui riconoscente nel sangue.
Lavoro con umiltà per le stelle
ma non guardo il cielo
e no – non mi piace questa parte,
ma siamo allo scoperto.
Sono in guerra
per la vittoria – finalmente –
non per alzare la mano
e chiedere di parlare.
Giovanni Luca Valea