Da Rossini a Donizetti, da Mozart a Verdi, poi ancora Puccini e Leoncavallo, Matteo Macchioni ha calcato i palcoscenici più famosi – nazionali e internazionali – affermandosi come un ottimo interprete del repertorio del Belcanto e non solo. A proposito del suo Don Ramiro de “La Cenerentola” di Rossini – e in occasione del debutto del cantante presso la Welsh National Opera (Cardiff, 2018) – Colin Davidson di fatto afferma “Macchioni has a sweet, light tone, reminiscent of Juan Diego Florez, [that] in act to flies aerobatically through the difficult three-part recitative and aria to those frequent high Cs.”. La maggior parte delle critiche esalta la dolcezza e tenerezza del timbro di questo giovane artista, che si bilancia a un’interpretazione attoriale sicura, convincente, nonché autoritaria; ulteriore dimostrazione del fatto che al suo sano e puro divertimento sul palcoscenico si accompagna una studiata e immancabile immedesimazione nel personaggio.
Per restare al passo con i prossimi impegni e conoscere meglio “i dietro le quinte” della carriera di un artista lirico, abbiamo fatto a Matteo qualche domanda sulla sua formazione, sulle esperienze in teatro, dunque sulle sue collaborazioni con i grandi registi italiani e non.
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1. Iniziamo dal tuo percorso di formazione: nel 2007 hai conseguito il diploma accademico di secondo livello in pianoforte studiando contemporaneamente canto lirico; da quando e da cosa sono nate la tua dedizione, nonché predisposizione per la musica?
La musica è iniziata come un bellissimo gioco, fin da piccolissimo, poi è diventata pian piano la mia professione. A sei anni ho iniziato a studiare pianoforte, ma già a quattro mi divertivo con una batteria che mi era stata regalata per Natale. Io mi sono sempre divertito approcciandomi con il suono, il ritmo e la musica.
2. Il tuo percorso artistico conta anche la partecipazione al talent “Amici”. Si può dire sia stata un’occasione per far conoscere alle nuove generazioni un genere, che si differenzia dall’abituale promozione di brani commerciali. Nel tuo caso qual è stato l’apporto in termini professionali del suddetto programma televisivo? E consiglieresti agli aspiranti cantanti di tentare la strada del “talent” prima di quella del teatro?
Quando ho partecipato ad “Amici”, dieci anni fa, non ero un tenore, ero un pianista fresco di studi. È stato bello perché in quei mesi ho giocato con il canto. La gavetta (riguardo al cantare naturalmente) è avvenuta dopo. “Amici”, in un momento dove io sinceramente non sapevo cosa fare, mi ha dato la possibilità di far notare il mio talento, che ancora non era supportato da una tecnica solida, agli addetti ai lavori. L’aiuto di Sergio La Stella (Maestro di spartito all’Opera di Roma e Direttore d’Orchestra) è stato molto importante, lui mi seguiva quotidianamente. Avevo le competenze per imparare tutto velocemente a livello musicale, ma approfondire la tecnica del canto lirico e scoprire quella che poi è stata la mia predisposizione per i ruoli di bel canto rossiniani e mozartiani, è un qualcosa avvenuto dopo. Si pensi che io, nel 2010, credevo che le agilità rossiniane fossero impossibili per me, invece, anni dopo, grazie all’Accademia Rossiniana di Pesaro, sono diventate il “must” e il mio miglior biglietto da visita a livello internazionale. Agli aspiranti musicisti consiglio di studiare. Io a 22 anni avevo già un diploma accademico di primo livello in pianoforte, diventato poi un titolo specialistico a 24. Studiare, studiare, studiare…le opportunità arrivano di conseguenza, quando si è pronti a coglierle. “Amici” è stata una opportunità, ma senza competenze musicali non avrei potuto trarne vantaggio.
3. Il tuo repertorio ruota attorno ai personaggi di Rossini, Donizetti, Mozart, Puccini, Verdi, etc; c’è un ruolo cui ti senti particolarmente legato?
Tutti i ruoli che interpreto mi piacciono. Almaviva, dal Barbiere di Siviglia, mi diverte sempre tantissimo.
4. Hai lavorato con grandi registi quali Davide Livermore, Damiano Michieletto e Mario Martone; cosa pensi del loro approccio alle opere e come ti sei trovato a collaborare con loro?
Sono tutti grandissimi professionisti ed è sempre un privilegio quando si può plasmare un personaggio attraverso la loro visione registica. Un arricchimento.
5. Cosa pensi possa fare la differenza per far sì che un cantante lirico si affermi oggigiorno? E, di conseguenza, hai qualche consiglio prezioso per i futuri solisti?
Non ho la bacchetta magica per dare consigli in tal senso. Lo studio, la dedizione, ma anche un po’ di sana fortuna…e quella non si può insegnare, ti deve baciare. Io sono stato tenace, ma anche fortunato.
6. Quali sono i prossimi progetti cui prenderai parte?
Il 2020 è completamente pieno, ma ha subìto una profonda riorganizzazione causa pandemia. Ora, insieme ai miei manager, siamo stati costretti a rimodulare il lavoro sulla seconda parte dell’anno. Il prossimo impegno operistico, Covid-19 permettendo, è un lungo tour in Galles (U.K.) con la prestigiosa Welsh National Opera di Cardiff. Il titolo è un mio masterpiece, cioè Almaviva dal Barbiere rossiniano, poi concerti in Russia, Italia e già si stanno delineando impegni 2021 a livello soprattutto internazionale.
Non possiamo che augurare a Matteo buona fortuna per il proseguimento della sua carriera sperando di poterlo presto rivedere nei nostri teatri; nel frattempo lo ringraziamo per l’importante contributo.
Rimanete anche voi aggiornati sugli spettacoli di questo grande artista!