Questa poesia di Emanuele Martinuzzi è una trasposizione letteraria del famoso dipinto di Vincent Van Gogh, intitolato appunto “Notte stellata”. La natura in questo caso viene trasfigurata dalla sensibilità dell’artista come fosse lo specchio delle proprie emozioni più profonde. Non esiste un’idea assoluta o realista della natura che può essere descritta in maniera univoca, ogni colore o linea del paesaggio viene modellato dalla mano dell’uomo per esprimere il suo personale sentire e così vale per il linguaggio delle parole. Come in questo dipinto o nella poesia la natura e allo stesso modo l’animo umano possono essere un vortice di innocente crudeltà oppure una sagoma ombrosa di placida bellezza.
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Notte stellata
Dopo il tramonto
occhi socchiusi
assorti nelle grevi nubi,
abitano con i riflessi di luna
la pianura confinata dai rivoli
blu profondo e grigio cenere,
cangianti nel firmamento
aspro di beatitudine,
e adagiati sui morbidi tetti
con le ventate in quiete.
Traboccano bagliori di stelle
in cerchi nell’oscurità,
gettati e fioriti sulla scia della brezza
dall’anima che non dorme,
estasiata com’è di bellezza
e di quotidiane semplicità.
Prima dell’alba
unghie ornate di terra e colore
possono graffiare lo specchio di Venere.
D’incanto in terrore,
usci sbarrati e finestre lontane
richiamano le tiepide lucerne delle sere,
il vago calore dei focolari.
La gelida solitudine di un cuore,
catturato da ombre infuocate
che non ascoltano la pace dei cipressi.