Ideazione e regia Valentina Padovan
Direzione video ed audio Igor Piumetti
Con Collettivo Occasionale Promiscuo
Valentina Padovan vive a Bogotà ed è attrice, danzatrice, autrice, regista e formatrice teatrale; collabora con numerose compagnie nazionali ed internazionali e dal 2018 ha dato vita al Collettivo Occasionale Promiscuo, un gruppo di artisti italiani e colombiani con cui collabora, in questa fase di pandemia, a uno spettacolo curato secondo un nuovo linguaggio performativo, in grado di portare in scena, rigorosamente dal vivo, attori in collegamento diretto da casa, attraverso le piattaforme Zoom e Facebook.
Questa interessante sperimentazione avrà replica Domenica 24 Maggio 2020, alle 21:30, ora italiana.
Noi vi concediamo un breve estratto di questo progetto sperimentale (https://youtu.be/adQ4JmSkcco), decisamente all’avanguardia in questo momento della storia, e abbiamo intervistato per voi la sua ideatrice.
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Valentina Padovan, per la messa in scena di “Antigone se ne fotte”, in un momento di estrema complessità per l’arte e lo spettacolo, ha progettato un’esperienza performativa capace di vincere le distanze e rinnovare la forza espressiva dello spettacolo teatrale, insieme al Collettivo Occasionale Promiscuo. Come avete portato avanti il lavoro laboratoriale, tramite le piattaforme Zoom e Facebook?
Prima di tutto, cara Ines, desidero ringraziarti per il tempo e la cura. Abbiamo scritto ed inviato materiale a numerosi colleghe e colleghi per raccontare questa nuova esperienza performativa e, come spesso accade in ambito artistico, l’attenzione e le risposte fanno fatica ad arrivare. In più, voglio ringraziare e abbracciare Saba Anglana e le persone che lavorano e resistono al mio fianco, Igor Piumetti, Patrizia Dante, Paola Bertello e tutt* le e gli artist*, italian* e colombian*, del Collettivo Occasionale Promiscuo.
Ci è stato offerto un periodo storico che avremmo sicuramente fatto fatica a immaginare, così come avrei fatto fatica a immaginare un modo di fare teatro che prevedesse la non relazione tra corpi ma è proprio su questo terreno che ora, a mio avviso, l’arte gioca la sua partita più urgente: esserci, esserci senza mai rinunciare ai mezzi e ai temi messi a disposizione dalla contemporaneità, esserci per raccontare, per restituire e soprattutto per far esperire.
Da questa urgenza e dall’urgenza di non perdersi nelle distanze e nell’isolamento, abbiamo cominciato, a inizio aprile, tra Italia e Colombia – io vivo a Bogotà – a darci appuntamento, a sette ore di distanza, sulla piattaforma Zoom, per riprendere in mano uno spettacolo che era chiaramente da ricalibrare. La regia è stata completamente rivista e il lavoro di formazione attorale intensificato: è stato necessario “incontrarsi” con frequenza dal momento che ci trovavamo di fronte a un paradigma completamente nuovo che non era cinema, non era televisione, non era video making e, forse, non era neanche più teatro, nel senso comunemente condiviso.
Tutti gli esercizi di stile a cui abbiamo assistito in questo periodo sono stati meravigliosamente registrati e montati: questo no. Durante “Antigone se ne fotte”, le e i performers sono a tutti gli effetti in scena, “dal vivo”, in diretta, e così anche il pubblico, ma ognun* da casa propria, di fronte a una webcam e a uno schermo, in piena pandemia, con connessioni, strumenti e peculiarità differenti. Le prove effettuate su Zoom vengono trasmesse in diretta Facebook tramite un programma dedicato, all’interno di un gruppo privato, affinché si possano ripercorrere e studiare: i movimenti, le entrate e le uscite, l’attivazione o la disattivazione della modalità ‘mute’, l’utilizzo dello schermo e degli oggetti di scena (come, per esempio, la terra), tutte le battute, hanno un senso preciso, un ritmo puntuale, un’intenzione voluta, una partitura immaginata, come una danza.
Attraverso lo stesso meccanismo virtuale, il 25 Aprile 2020, data scelta non a caso, abbiamo debuttato in diretta sulla pagina Facebook ufficiale del Collettivo Occasionale Promiscuo e la performance ha visto la partecipazione di circa duemila persone.
Tutto questo è stato ed è possibile anche grazie al sapiente lavoro di direzione video, audio e social media di Igor Piumetti, al supporto formativo di Paola Bertello e al lavoro organizzativo e di comunicazione di Patrizia Dante, il quale e le quali mi affiancano e mi accompagnano in questo e altri numerosi progetti artistici.
Il tema centrale dell’opera, da lei eletto, è quello della resistenza attiva alle avversità. Ci racconta il movente di questa scelta e le correlazioni che ha rintracciato tra mito e realtà attuale?
La venuta al mondo di “Antigone se ne fotte”, in termini di senso, deriva da un mio prepotente desiderio di riunire pubblico e performers, attraverso il teatro inteso ancora come rito, anche in questa nuova forma, attorno ad alcuni temi, antichi e urgenti: resistenza, leggi e giustizia, bellezza, buona disobbedienza e libertà, libertà di reagire, ribellandosi, a ogni forma di violenza, discriminazione, bruttura e, aggiungo, a ciò che e a chi ci vuole prevedibili, spaventabili e infelici, anche e soprattutto in questo momento.
“Ecco, senza la piccola Antigone, è vero, sarebbero stati tutti più tranquilli. Ma adesso è finita. Sono comunque tranquilli. Antigone si è calmata. Per adesso. Perché non c’è niente da fare: dovunque ci sia una minoranza di umanità oppressa a levare la sua voce, a reclamare giustizia, dovunque ci siano discriminazioni, violenza e bruttura, Antigone torna, Antigone se ne fotte e torna, torna per assumere sempre e nuovamente il suo ruolo, a parte soia: celebrare lo splendore della buona disobbedienza. È pericoloso, è vero, ma forse è più pericoloso non farlo mai.”
In più, andando a fondo nello spettacolo e nella storia, evidenti riferimenti con gli avvenimenti che ci vedono involontariamente protagonist* sono facilmente rintracciabili. I corpi, le immagini e le parole che si incontrano durante la diretta raccontano della maledizione e della peste che gravano su Tebe e la sua stirpe, dell’inevitabile isolamento, di comunità, relazioni familiari ed incomunicabilità, dell’impossibilità di dar sepoltura e della naturale predisposizione umana non all’obbedienza bensì alla libertà, che non è un diritto ma un dovere.
Quale il rapporto possibile tra artisti e pubblico di spettatori, in questa particolare occasione sperimentale?
La ritualità degli appuntamenti, delle prove e delle repliche ha permesso, ad artist* e pubblico, di sopportare una condizione chiaramente innaturale, di fare, per un’ora, un’esperienza artistica autentica, in termini di presenza, partecipazione e condivisione, e di distogliere, seppur per un momento, l’attenzione da ciò che si stava consumando al di là e al di qua delle pareti di casa. Le numerose restituzioni che abbiamo ricevuto dal pubblico mi consentono di ribadire quanto il teatro, inteso come atto, spazio e tempo presente intorno al quale si riunisce una o più comunità, risulti fondamentale per sentirsi ancora insieme e le presenze, durante le dirette, non hanno fatto che confermarlo. Per questo motivo, dopo qualche ora, abbiamo deciso di rimuovere la registrazione della performance perché per esperire “Antigone se ne fotte” è indispensabile essere insieme.
Una forma di teatro resiliente, potremmo dire, che ha coinvolto, in una proficua collaborazione, un gruppo di artisti in collegamento intercontinentale. Ma come è nato e si è sviluppato il Collettivo Occasionale Promiscuo?
Il Collettivo Occasionale Promiscuo nasce dalla volontà di dare visibilità, attraverso l’arte performativa, a soggetti, a modi di sentire, a corpi e a relazioni troppo spesso ai margini dello sguardo collettivo. Si tratta di un progetto che si richiama alle sopravvivenze di un complesso sistema simbolico derivato dalle culture, dalle pratiche e dalle ritualità popolari, che, come ho già detto, non rinuncia ai mezzi e ai temi messi a disposizione dalla contemporaneità. Il patrimonio da cui attingiamo diviene oggetto di attenzione e di sintesi artistica nella creazione di performance e di eventi dal forte impatto fisico ed emotivo, realizzati mediante l’attivazione di antiche memorie e saperi, l’esercizio sostanziale del corpo e dell’immaginario ed il coinvolgimento attivo del pubblico, in completa controtendenza rispetto a qualsivoglia deriva spettacolare e voyeuristica.
Il Collettivo, come compagnia artistica, prende vita il 25 Aprile 2018, data che ritorna, in occasione della 33° edizione del Lovers Film Festival di Torino, a cui partecipammo con la performance “Zoé, alla vita indistruttibile”, durante la serata di chiusura. Da quando mi sono trasferita in Colombia, ogni mio progetto artistico si sviluppa tra Europa e Sud America così come è accaduto per “Antigone se ne fotte” che infatti vede la partecipazione di performers italian* e colombian*, d’eredità pasoliniana, dai 19 ai 75 anni, che liberamente hanno deciso, investendo tempo, corpo e coraggio, di prender parte a questa esperienza.
Quali sono i vostri progetti in cantiere per il futuro?
Ora ci stiamo avvicinando, anche noi, permettimi il riferimento, al termine della fase uno del progetto “Antigone se ne fotte” tramite le piattaforme Zoom e Facebook: Domenica 24 Maggio 2020, alle 21:30, ora italiana, alle 14:30 pm, ora colombiana, andrà in scena, in diretta, sulla pagina Facebook del Collettivo Occasionale Promiscuo, la terza e ultima replica dello spettacolo. Stiamo iniziando a immaginare nuove forme e nuovi linguaggi per affrontare la fase due che presto ci troveremo professionalmente ad affrontare, sicuramente più equipaggiat* date le nuove competenze conquistate, augurandoci che la fase tre rappresenti un nuovo tempo per tutt*, fatto di rinnovata libertà, maggiore responsabilità e nuova bellezza, sia come artist* che come cittadin* ed esseri umani degn* di questo nome.
Grazie.
Ines Arsì