In questa poesia, Giovanni Luca Valea fa luce su un terribile episodio di cronaca avvenuto nel 2015. Il riferimento è alla morte del giovanissimo Aylan, il profugo siriano di soli 3 anni trovato senza vita su una spiaggia turca dopo una lunga, vana traversata.
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Aylan
Non cercate il nome di Aylan
dove si spegne l’eco che lo segue dal balcone,
nelle serenate senza tempo del padre
che naviga le strade
con corde di chitarra al collo:
Aylan desidera dormire di un sonno
senza musica, Aylan dorme
il sonno degli spiriti stipati a prua.
Non cercate il nome di Aylan
nel tintinnio mal dorato degli accattoni
che smerciano fanciulli e vergini,
né nella pace di rabbia e liquore
degli zingari:
Aylan desidera dormire di un sonno
senza maldicenze: un intero sonno
senza parole, così come viaggio e vita.
E io desiderio dormire con Aylan
il suo sonno pallido di coleroso scacciato,
perché fui con lui in alto mare
e nello stupore della traversata
e nel silenzio tra un istante e l’altro.
Fui con lui, ma sappia la gente
che io sono l’ombra in rivolta di Aylan,
sappia la gente che dormo
lo stesso sonno di Aylan
e maledico l’acqua colpevole,
il cielo colpevole,
la terra lontana
e ogni uomo.