Questa intervista con Caterina è stata fatta, la prima volta, agli inizi del 2019. In quella occasione si sono aggiunti altri incontri dove, sia seguendo direttamente il suo lavoro “Off Ballad” (creazione nata dal progetto Boarding Pass Plus sostenuto dal MIBACT nelle fasi di selezione), sia vedendo e recensendo altri spettacoli, e allo stesso “Off Ballad” avevo accumulato molto materiale per questa mitica stesura. Per una serie di motivi è sempre stato spostato il momento di chiudere questo lavoro, fino a circa un mese fa. In quella occasione abbiamo deciso, di comune accordo, che era arrivato il momento di rendere pubblico il mio interesse per il suo lavoro, questa sua capacità di creare un gruppo affiatato e di come da ogni elemento sappia cogliere il meglio sia esso attrice/attore, musicista, danzatore, circense o anche il tecnico audio luci, sempre parti integranti del suo lavoro di creazione. Insomma è una regista che sa dipanare matasse complicate, come il coniugare la danza con il teatro, con l’arte circense, la poesia, la musica e le sonorità. Ogni suo spettacolo mi ha sempre convinto, qualcuno di più, altri un po’ meno, ma l’originalità e la ricerca continua non passano mai inosservate. Si è deciso per un’ultima chiacchierata/telefonata e le ho chiesto cosa, secondo lei, dovevamo mettere in primo piano essendo così cambiato il panorama teatrale, e non solo per la pandemia.
“Ciao Francesco, sono pronta per questa chiacchierata, vivo questi giorni con molti pensieri, idee, riflessioni e meditando molto sulla vita e sul mio lavoro. Abbiamo presentato, una decina di giorni fa, insieme a Paolo (Paolo Stratta, il marito nda) con una conferenza sulla nuova Piattaforma (Nice Platform) anche un mio progetto Solo in Teatro, unica prospettiva al momento individuata per sostenere la Stagione. So che ne avevi già accennato su Teatrionline e presto faremo una conferenza nello specifico su questo progetto, che vuole dare spazio e luce ad artisti e tecnici in teatro e per il teatro, in questo momento in cui stiamo tutti galleggiando in un disequilibrio particolare, e dove tutti stanno chiedendo di tornare a lavorare e di avere un sostegno concreto. Io mi sono detta «Che cosa più ci manca? Il teatro. Cosa hai la fortuna di avere? Un teatro» da qui è partito tutto. Ci mancano i riflettori, la polvere, i camerini e il palco del teatro. Non posso non pensare ai miei artisti e a tutto il nostro lavoro recente che ben si collega, come avevo già accennato in un articolo sulla Stampa di qualche giorno fa, a tematiche di questo tempo: la Trilogia del Limite e spettacoli come Off Ballad che tu conosci, indagano questo stato perenne del «fuori luogo» ma, anche della stasi e dell´instabilità. Adesso siamo lontani dai nostri elementi naturali come la sala prove ed il teatro e ci sentiamo come pesci fuor d’acqua, fuori contesto e fuori tempo in questa attesa. Occorre ricordare e voglio ricordarmi chi sono e da dove vengo, il percorso da me fatto, forse in questo momento di riflessione bisogna anche porre l’accento sulla propria identità, per decidere che cosa si desidera fare nel presente per il futuro, iniziando dal proprio cammino. Mettere il focus sul mio lavoro e sul lavoro della compagnia, e poi sulla danza e nuove prospettive, per raccontare come oggi siamo in questa stasi, parlando dei progetti tra il teatro che dirigo (forse unica realtà a Torino con una conduzione al femminile e di una coreografa) e sugli spettacoli in divenire o da ripresentare. Molti lo sai stavano prendendo ora il volo, tra Vertigine di Giulietta e Gelsomina Dreams. Come hai già avuto modo di scrivere le mie radici sono la danza e lo studio del movimento e il teatro: ho studiato con Susanna Egri a Torino, poi alla Paolo Grassi di Milano, mi sono diplomata come insegnante Feldenkrais con Paul Rubin, e molte altre esperienze davvero fondamentali, anche come danzatrice ma soprattutto come autrice, che mi hanno portata ad essere ciò che oggi sono. Prendere coscienza illuminata di un percorso articolato sempre al confine, fluido, con interferenze del teatro e della musica dal vivo, e per lungo tempo alla ricerca di nuovi spazi nella città, questo perché appena avuto il primo figlio, ho capito che non mi sarei più spostata per lunghi viaggi o nuove mete, e che avrei dovuto agire e trasformarmi in essa e con essa.
Ho avuto molti spazi prove e performativi prima del Müller con blucinQue, e tutti in qualche modo hanno contribuito a questa presa di coscienza, ripenso a Villa5 a Collegno, al Superbudda di Torino, o allo Chalet Allemande di Grugliasco ad esempio. Ma è stato soprattutto l’incontro con il circo contemporaneo decisivo per me anche per ritrovare una dimensione mia. Ho iniziato a scoprire un nuovo mondo e a concepire il mio lavoro di teatro-danza in nuovi spazi, con dei nuovi corpi e con nuove prospettive di ricerca (pensando anche solo alla dimensione aerea e all’utilizzo di attrezzi e movimenti acrobatici) e facendo un nuovo passaggio, o meglio ripercorrendo la strada con nuovi compagni di viaggio, che sono stati fondamentali e linfa vitale per la creazione, penso a Paolo e a molti artisti con cui ho collaborato negli ultimi anni.
Essere una realtà che oggi può prendersi un momento di meditazione e ricognizione, per capire quale sia la direzione da prendere, pensando oggi anche ai giovani e talentuosi artisti che lavorano al mio fianco, circensi, danzatori, attori e musicisti e senza dimenticare i fondamentali collaboratori tecnici, videomekers e fotografi che contribuiscono da sempre al mio progetto. Il lavoro di una compagnia è articolato e la responsabilità che sento in questo momento è ancor più forte e sentita.
Per il Müller, teatro che frequenti e che ormai conosci bene, sai che è un progetto appena nato, davvero da poco tempo, non sono tre anni, ma è con grande amore e dall’amore che è nato! E sempre e da subito anche come luogo dedicato al mio « primo grande amore » che è la danza, infatti il nome Cafè Müller non è ovviamente casuale e oltre all’omaggio (al teatro-danza), la vera sfida è far crescere un luogo che riguardi insieme due forze come la Fondazione Cirko Vertigo e il lavoro della compagnia blucinQue con il suo percorso vivo di ricerca teatrale”.
La telefonata è avvenuta giovedì 7 Maggio alle 18 e, a mio avviso, ciò che è emerso rispetto a tutto ciò che di lei avevo intuito è la passione e la voglia di tornare a lavorare con il suo gruppo di artisti ed il desiderio che ognuno di loro, dal primo all’ultimo, sia tutelato. L’ultima cosa che le ho chiesto è immaginare dove si vedeva fra un anno e la sua risposta lapidaria è stata:
“Al lavoro con la compagnia e spero vivamente in teatro!! Molti i progetti, le idee, le lezioni, la scrittura e lo studio da casa. Ma l’idea è di continuare a creare e ripresentare prestissimo sulla scena, con la determinazione forte di una direzione che mai come in questo momento, nella mia testa e per i miei artisti e collaboratori, è stata così chiara, forse proprio dati gli ostacoli di questa lunga fase”.