Questa poesia di Emanuele Martinuzzi intende raccontare in poche righe il famoso paradosso del filosofo dell’antica Grecia Zenone su Achille e la tartaruga. In questo paradosso, che voleva dimostrare come il movimento fosse un’illusione, si dice che Achille, l’inseguitore veloce, non raggiungerà mai la tartaruga, il lento fuggitore, perché per farlo dovrebbe percorrere gli spazi, sempre ulteriormente divisibili all’infinito, che colmano la distanza tra questi due concorrenti. Nella poesia in questione si arriva a un ulteriore paradosso nel dire che nessun essere, per quanto veloce, potrà mai raggiungere in questo caso una tartaruga, rivoltata sul suo guscio ed immersa nella contemplazione delle stelle, ossia un essere assorbito nella infinita bellezza del cosmo. Il significato sottinteso di questo componimento è che solo con l’ispirazione che dona la poesia si possono colmare certe infinite distanze. Inoltre si tratta di un omaggio a quel simpatico e lungimirante animale che è la tartaruga.
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La tartaruga
Nessun piè veloce
potrà raggiungere
il suo guscio rivoltato
per essere casa delle stelle
sbirciandone la corsa.