Ci sono canzoni di cui non ci ricordiamo neanche il titolo ma che, se sentiamo passare alla radio, canticchiamo o fischiettiamo dall’inizio alla fine.
Canzoni e motivetti che si piantano nella testa più velocemente della tabellina del due, più facilmente dei nomi dei sette re di Roma, e che si insinuano nel nostro corpo più rapidamente di una sana dose quotidiana di mercurio.
Brani di cui spesso, oltre al titolo, ignoriamo anche gli interpreti e che definiamo con “quella canzone lì, dai, di quello lì, come si chiama?“.
La nostra testa (o almeno la mia che, lo so, avrebbe bisogno di un tagliando) è piena di tutto questo agglomerato di motivetti accattivanti e ipnotici e, a volte, mi sembrerebbe giusto provare a dargli un ordine o, almeno, una ripassatina generale.
Ecco quindi una piccola lista di one-hit wonders (in italiano si potrebbe tradurre con “meteore”), ossia cantanti o gruppi musicali noti al grande pubblico per un solo singolo, dal successo esagerato, che tutti abbiamo cantato, ballato e odiato… Artisti dunque che, dopo questo unico trionfo di vendite, sono spariti tristemente nel dimenticatoio – perlomeno in Italia – trasformandosi in “quello che cantava quella canzone lì“…
1) Mmmbop – Hanson (1997)
Erano tre fratellini biondi, con i capelli lunghi, che ci hanno trapanato le orecchie per tutta l’estate del 1997.
Dopo questa e forse un’altra canzone, non avevo più sentito parlare di loro ma pare che, nel 2017, abbiano festeggiato il 25esimo anno di attività e che in Oklahoma, il 6 giugno, si celebri l’Hanson day in onore dell’uscita del loro primo album, Middle of nowhere.
Hanno procreato – un totale di 13 figli – e hanno realizzato un loro marchio di birra, la Hanson Brothers Beer Company, che produce la birra artigianale Mmmhops.
What else?
2) Nobody’s wife – Anouk (1997)
Lei era un’olandesona bionda, anche piuttosto incazzata, che, in un video in bianco e nero, gridava a squarciagola “I’ll never be nobody’s wiiiiife!!!”
Dopo questo successo da noi in Italia non si è più sentita anche se ha pubblicato 11 album e, in patria, ha vinto numerosi dischi d’oro.
Non ha mantenuto la promessa e si è sposata, divorziando però alcuni anni dopo. Ha sei figli ed è sempre tosta.
3) Strange world – Ké (1995)
Nel 1995 Ké – un cantante piccolo, muscoloso e con un viso inquietante – spopola con Strange world vendendo circa 6 milioni di copie nella sola Europa. Nel video della canzone si penzola tipo vampiro in un gabinetto pubblico cantando di quanto questo mondo sia parecchio, ma parecchio strano.
Il mondo non è cambiato dal 1995 ma di Ké abbiamo perso le notizie. Dopo qualche collaborazione con artisti del calibro di Björk e Macy Gray, si è trasferito in Florida e fa il cantante per un gruppo di musica elettronica, i Polaris.
4) Bitch – Meredith Brooks (1997)
Io, piccola adolescente degli anni ’90, ho visto l’esplosione di vere e proprie frontwomen grintose, con il rock e il femminismo nel sangue.
Tra queste ce n’era una che, col sorriso sulle labbra e un viso rassicurante, cantava “I’m a bitch, I’m a lover, I’m a child, I’m a mother“, facendo un riassunto di tutto quello che una donna è, senza stereotipi né etichette.
Dopo quel singolo e una serie di insuccessi non sappiamo che fine abbia fatto anche se, a vedere dal suo profilo Instagram, non ha perso la sua attitudine rock.
5) ’74-’75 – The Connells (1993)
Questa canzone mi ha sempre messo una malinconia esagerata, complice anche il video: in mezzo a foto che mostrano un annuario scolastico del 1974-’75, si mescolano le impietose immagini degli ex giovani collegiali ormai 40enni, invecchiati e sciupati.
Dopo il successo e vari riconoscimenti, soprattutto in Europa, del gruppo statunitense si sono perse le tracce.
6) Tubthumping – Chumbawamba (1997)
Una canzone da bosco e da riviera, da discoteca e da rockoteca. Quando partiva il coro “I get knocked down, but I get up again. You are never gonna keep me down” il pogo era assicurato.
A cantare questo coro da stadio un gruppo rock anarchico inglese, i Chumbawamba, che, dopo questo successo, hanno proseguito a fare concerti fino al 2012 continuando a prendere di mira Margaret Thatcher, per cui provavano – e provano tuttora – un odio profondo.
7) Moi… Lolita – Alizée (2000)
Le meteore arrivano anche dalla Francia, anzi dalla Corsica. E questo è il caso di Alizée che, nel 2000, all’età di 15 anni, spopolò con un video e una canzone in cui si atteggiava da adolescente ammiccante. Dopo questo fugace successo, in Italia non l’abbiamo più vista, ma la Lolita di Ajaccio ha prodotto altri album, ha vinto Ballando con le stelle francese, ha aperto una scuola di ballo con l’attuale compagno e si è tatuata, sul braccio destro, Sailor Moon, Biancaneve e uno Snorky.
8) Kiss the rain – Billie Myers (1997)
Questa canzone, usata per lo spot tv del Badedas nel 1998, mi riporta alla mente una scena strappalacrime di Dawson’s Creek in cui Dawson e Joey si incontrano e si abbracciano sotto una pioggia a catinelle.
Dopo il successo di questo singolo e di Tell me (di cui Irene Grandi farà una cover con il brano Sconvolto così), Billie ha prodotto qualche sparuto album ma poco più.
9) Eins, zwei, polizei – Mo-Do (1994)
Le tre parole che conosco in tedesco le conosco grazie a questa canzone.
Un tormentone che si ispira alla base musicale di Der Kommissar di Falco e Da da da dei Trio, e che riprende il testo di una filastrocca per bambini. Al grido di “Uno, due, polizia; tre, quattro, granatiere; cinque, sei, vecchia strega; sette, otto, buona notte” abbiamo tutti ballato nell’estate del 1994.
Mo-Do, all’anagrafe Fabio Frittelli, non è più riuscito a raggiungere il successo. Purtroppo nel 2013 è stato ritrovato senza vita nella sua casa a Udine.
10) Lemon tree – Fool’s Garden (1995)
A tutte le ore, in tutte le radio, in tutti i laghi e in tutti i luoghi, nell’estate del 1995 passava in loop quel motivetto che fa “I wonder how, I wonder why, yesterday you told me ‘bout the blue blue sky…“.
Una canzone che la Limoncè ha usato, per anni, come jingle delle sue pubblicità televisive, e che ci ricorderemo, volenti o nolenti, per sempre.
Nel video il frontman dei Fool’s Garden si trova all’interno di un container, sballottato e trasportato in qua e in là, chiuso come se fosse in gabbia. Il suo look è opinabile e unisce tutto il peggio degli anni ’80 e ’90.
Il gruppo pop tedesco continua a realizzare album e macinare successi in patria ma, in Italia, la loro casa mobile non è più tornata.