Un incontro diverso rispetto a quelli avuti negli anni con Corrado d’Elia (Milano 1967): tramite telefono come di prassi in tempo di Covid 19 e non de visu come necessario e a mio avviso fondamentale se si colloquia con un uomo di teatro avvezzo a vedere, sentire e percepire gli sguardi, le menti e i cuori volti a raccogliere e fare proprio quanto trasmette anelante di penetrare nell’io di ciascuno, creando così un flusso di caldi sensi. Emergono tuttavia il piacere e la gioia di ritrovare una persona conosciuta che, pur vista, stimata e intervistata negli anni, ti appare nuova, fresca e vitale, quasi familiare come se, pur non incontrandosi sovente, si fossero frequentate senza saperlo le stesse località che con il loro genius loci ci avessero forgiati e arricchiti fornendo input comuni.
Personaggio eclettico e profondamente duttile tanto che è riduttivo descriverlo in toto attraverso poche parole: attore, regista, drammaturgo, direttore di teatri, ideatore e organizzatore di rassegne ed eventi culturali, ha alle spalle una solida formazione che considera giustamente sempre in fieri e ha vissuto molte esperienze teatrali che gli hanno fatto meritare numerosi riconoscimenti e premi: una creatività e una professionalità che ne fanno una delle figure più interessanti e complete del nostro panorama teatrale.
Questa terribile temperie sanitaria mondiale – che si auspica volga presto al termine nonostante molti ‘untori’ del XXI secolo facciano di tutto per favorirne la ripresa non osservando le elementari regole di prudenza previste – con il suo possente carico di paure, ansie, false notizie e vere subito contraddette da nuove e contrarie e soprattutto tanto isolamento e conseguente solitudine ha creato problemi a tutti e in particolare al fragile mondo del teatro.
Ne parliamo con Corrado d’Elia per farci raccontare sensazioni e progetti di questi nefasti mesi di danni alla salute nonché economici e culturali.
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Corrado, come hai affrontato il ‘fermo vita’ imposto a causa del Covid 19 così restio e lento ad abbandonarci?
In effetti sono stato bloccato dalla pandemia mentre ero in scena a Milano con Io, Moby Dick (riadattamento teatrale del noto romanzo di Hermann Melville): sicuramente una situazione singolare. Così insieme a Sergio Maifredi, regista genovese fondatore del Teatro Pubblico Ligure, e con la collaborazione di Lucia Lombardo abbiamo creato su web Racconti in tempo di peste per non dimenticare il teatro e la passione che lo connota andando comunque in scena.
In effetti si è trattato di un periodo di ‘solitudine forzata’ che è sì una dimensione propria di chi studia e crea, anche se in tempi normali precede l’essenziale atto dell’incontrarsi.
Pensi che da questa situazione di isolamento obbligato possa nascere anche qualcosa di positivo?
Sono fondamentalmente piuttosto ottimista e conseguentemente sereno per cui penso con Sant’Agostino che ex malo bonum: sono convinto che dal male possa scaturire il bene. Questa situazione di per sé negativa ci ha indotti a riflettere e meditare su parecchi aspetti del nostro esistere a livello sia personale, sia professionale. Per esempio prima producevamo troppo, ora niente per cui potrebbe trattarsi di un’ottima occasione per riorganizzare le produzioni e creare una vita più a misura d’uomo.
Cos’è e come si articola questa vostra creazione che vede Lombardia e Liguria unite attraverso due persone che respirano il teatro quotidianamente?
Si tratta di un progetto che ricorda il noto Decamerone (100 novelle in ‘dieci giorni’ scritte da Boccaccio in occasione della peste del 1348 a Firenze per ‘ricreare’ l’umanità attraverso la cultura con un titolo che si rifà all’Exameron in cui S. Ambrogio racconta in versi la narrazione biblica della Genesi: ndr) chiamando in causa personaggi di alto calibro quali scrittori, musicisti, attori, registi, intellettuali, critici, professori… Una stagione teatrale on line iniziata il 9 marzo 2020 con il lochdown e comprendente 100 protagonisti che recitando un pezzo – ogni giorno alle 12 in punto – fanno un regalo al pubblico oltreché a se stessi trasmettendo il teatro in casa degli Italiani e rilanciando in tale modo il ruolo anche terapeutico dell’arte in un momento in cui è tutto chiuso compresi i teatri.
Avete assegnato a ciascuno un tempo o un argomento?
No, ciascuno va a ruota libera e partecipandovi personaggi delle diverse sfaccettature dell’intellettualità ne risulta un caleidoscopio affascinante e vivace per la molteplicità dei temi teatralizzati spesso poco considerati o reputati inutili nell’abituale rapido fluire del quotidiano: una ‘stagione’ web dinamica nata dalla voglia di creare nonostante la crisi esorcizzando la paura attraverso nuovi percorsi e spazi: un Decamerone dell’oggi.
In questo momento di crisi, la natura stessa dell’atto teatrale e del nostro essere uomini di teatro ci spinge a trovare soluzioni e percorsi innovativi che non ci facciano arrendere, anzi ci spronino a reagire creando nuove forme di incontro, luoghi e momenti nuovi per mantenere vivi anima, psiche e cuore.
Un Ecatomerone per coniare un termine nuovo…
Siamo molto soddisfatti di avere avuto fiuto e preveggenza al riguardo perché il centesimo giorno coincide con la data di riapertura dei teatri, almeno sulla carta perché per molti privati sarà arduo realizzarla.
Impegnarti in tale attività ti ha richiesto molto lavoro e fatica?
Dall’incipit questo progetto ha richiesto un’attività quotidiana condivisa con bravi collaboratori quali, oltre a Lucia Lombardi, Eliana Quattrini, Letizia Schiavello… Contattare gli artisti è un lavoro più arduo di quanto possa sembrare a prima vista e poi il nostro progetto comprende anche Dialoghi in tempo di peste.
Puoi illustrare in modo più dettagliato cosa sono i Dialoghi in tempo di peste?
La chiusura forzata ha fatto sì che i ‘teatranti’ rimanessero isolati visto che anche in tempi normali difficilmente si incontrano. Ebbene attraverso i Dialoghi (con frequenza non stabilita e alle ore 18 o 19) abbiamo fatto incontrare, confrontare e riflettere insieme su argomenti e interessi comuni le grandi personalità del teatro italiano per capire se il periodo vissuto servirà a rifondare il teatro oppure se si è trattato solamente di una tragica parentesi.
Anche il pubblico ha partecipato agli incontri: come?
In effetti al 50° e al 75° giorno abbiamo aperto al pubblico presentandone racconti selezionati con interventi anche in diretta, il 90° da noi definito “Intervallo” ha come tema il racconto da parte degli spettatori delle città vuote.
Il teatro, comunque, non si può fare solo attraverso i video, lo si può riprendere con dentro la vita data da teatranti e spettatori insieme i quali creano una comunità inscindibile che si riconosce negli interessi comuni.
Abbiamo parlato di un lungo presente connotato da staticità, impossibilità di muoversi, ansia, paure… come hai vissuto questo lungo momento in cui sei stato molto impegnato per organizzare il vostro coinvolgente progetto?
Vivo di teatro e di cultura e credo profondamente nella scienza, ovviamente sono consapevole che l’ambiente influenza la persona, ma debbo riconoscere di avere tendenzialmente maturato un forte sangue freddo anche nelle disgrazie e di considerare la calma come un valore ineludibile.
Sono per inclinazione un solitario per cui non ho particolarmente sentito l’isolamento e neanche la paura… d’altra parte ho avuto anche molto da fare…
Ma non ti trovavi a Milano in questi mesi?
No, sono in una località molto più tranquilla che favorisce concentrazione intellettuale, quiete e distensione.
Ecco perché non hai percepito i flussi di angoscia che a Milano s’insinuavano anche dalle finestre chiuse, complici le continue sirene delle ambulanze: sembrava suonassero gli allarmi dei bombardamenti, questa volta non dall’esterno ma dall’interno…
Parliamo di futuro: cosa farai?
Siamo in un tempo dell’incertezza e mi sento come una nave nella tempesta e avvolta dalla nebbia o meglio relativamente alle idee come se fossi in un campo fiorito e devo per forza mantenere il controllo per scegliere la giusta rotta.
Resta la certezza che Corrado d’Elia saprà sempre viaggiare sulla cresta delle onde e troverà in ogni momento la forza di arrivare a un isolotto su cui ricostruire il suo nido di meditazione.
In bocca al lupo a lui e a tutto lo splendido mondo del teatro: il sogno del vivere, il ricordo di ieri e la speranza del domani.